http://www.mariedargent.com

Forse poteva suonare meglio “webfobia” ma c’ho messo la “o” per farlo meglio assonare con “omofobia”. Giusto per capirci.

Posta generato da un ulteriore stimolo in rete (via Facebook, Cristina Galizia) che segnala un recente post di Giorgio Israel.

Che dice il nostro da meritare le mie attenzioni? Tante, ne dice. Una vera miniera. Ma andiamo con ordine

Il signor Israel  nel post “Un appello per abolire Dante con surreale dibattito allegato” prende di mira l’iniziativa di tale Dino Cofrancesco, sedicente segretario dell’ ARRE “associazione per il rispetto di tutte le religioni e la convivenza pacifica delle etinie culturali” reo di aver diffuso un appello per la cancellazione dello studio di Dante a scuola in quanto, attraverso la Divina Commedia offenderebbe le religioni non cristiane. Tale appello sarebbe collegato ad una petizione fatta dall’ illustre presidente (prof. Franco Romano) e dall’altrettanto illustre presidente onorario (Sergio Cardini) del ARRE al ministro Gelmini

Credo che al signor Isral di Dante non gliene importi tanto (almeno nel post in questione) in quanto il vero tema è la creduloneria di tante associazioni religiose,di insegnanti, di liberi cittadini che hanno rilanciato l’appello senza sincerarsi se quell’appello fosse vero prendendo per buono quanto letto in internet.  In realtà non esiste alcuna ARRE come non esistono ne Franco Romano ne Sergio Cardini (lo dice Isral, io non ho controllato).

La questione che io sollevo rigurada la morale che il signor Israel trae da questo fattaccio (evidenziazione mia):

Lo so che un simile atteggiamento credulone era implicito nel fatto di discutere sul serio i contenuti della petizione. Ma mi chiedo: a quale livello siamo scesi, a quale forma di “wikipedizzazione” che spinge a bere qualsiasi cosa circoli in rete? C’è da stupirsi allora se i nostri giovani stanno cadendo in una condizione di abbrutimento culturale crescente?

Quello che emerge da questa chiosa è la demonizzazione della rete; una rete che uccide il senso critico delle persone: La “wikipedizzazione” del pensiero causata ad internet, il suo impoverimento, il suo appiattimento; il suo abbruttimento.

Ancor più spaventoso l’uso dell’argomentazione che tutto questo (la rete)  sta portando nientepoppò di meno che all’abbruttimento culturale (in crescita)  dei nostri giovani. Equazione: “frequentazione della rete = abbruttimento culturale”

Con questa affermazioni del signor Israel (ascoltato consulente della Gelmini e ispiratore “culturale” delle sue riforme) assistamo al solito pensiero piatto, al solito pensiero debole, al solito pensiero vuoto, al solito pensiero superficiale, al solito pensiero fazioso delle belle menti pensanti che oggi vanno per la maggiore.

La rete è molto di più  di una bufala continua; la rete è molto di più di piccoli giochi di personaggi dementi. Ma non occore ripeterlo.

I giovani usano la rete molto meglio di quanto certi personaggi vogliono far credere e non stanno certamente portando all’ammasso i loro cervelli wikipedizzandosi. Ma non occore ripeterlo.

Se il signor Israel e compagnia cantante avessero davvero a cuore la sorte della “cultura” che viene offerta ai giovani dovrebbero denunciare l’intero sistema che sta, e per davvero, uccidendo il pensiero, la critica. Dovrebbero denunciare chi controlla i mezzi di comunicazione di massa oggi in Italia, chi fa, così, passare le informazioni che vuole; chi deforma a proprio intresse la realtà dei fatti. Dovrebbe denunciare, lui stesso in primis, chi sta uccidendo la scuola italiana, chi sta lavorando per una scuola che insegna a ubbidire e a non pensare.

Ho quasi la sensazione che questo sparare a zero contro la rete sia un ulteriore manovra ben orchestrata per demonizzare (prima) e ridurre al silenzio (poi) l’unico media attraverso cui si può ancora assicurare la libera circolazione delle informazioni, delle idee, del pensiero.

E per depotenziare il potere della rete, si usano le solite armi dello stereotipo, della reazione non riflessiva, del pensiero primitivo. Per promuovere stereotipi, ubbidienza, paure.

——–

L’astio viscerale del Nostro verso la cultura giovanile (tutti zombie) e verso gli insegnanti (tutti ignoranti, salvo quelli che studiano i suoi libri ed adottano i suoi metodi) lo rivela con il post successivo il cui irride al linguaggio del cellulare e fa poco affidamento sulla capacità degli insegnanti di matematica di trattare la matematica, complici libri di testo altrettanto scemi. Come dire, la riforma della scuola nelle mani della persona giusta. Auguri scuola, auguri insegnanti ….

——–

Nel merito del Dante si o Dante no, un dibattito serio si sta sviluppando in rete, anche su Facebook e su “La scuola che funziona”   e riguarda l’opportunità di insegnare ancora  i “grandi classici” o se non sia opportuno dedicare il tempo scuola ad altri contenuti più utili, forse, per attrezzare meglio i giovani alla realtà che già vivono e che vivranno quando saranno adulti

Qui lo scontro, al calor bianco, è tra “passatisti” e “futuristi”. E, spesso, lo scontro è anch’esso poco riflessivo e tanto umorale.

Ma è un discorso che, a mio avviso, varrebbe la pena fare per intero.


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143 pensiero su “Webofobia & Dante”
  1. Egr. sig. Marconato,
    mi chiamo Alessandro Marinelli e, per la prima volta, mi sono permesso di postare un commento al suo articolo. Frequentando talvolta il blog del prof. Giorgio Israel, mi piacerebbe dire la mia sulla faccenda di Dante e della“wikipedizzazione” del pensiero. Il mio parere è che lei non abbia compreso affatto sufficientemente le opinioni del prof. Israel in materia di internet e di impoverimento culturale. Ho perso ormai il conto degli articoli sulla scuola e sulla cultura nella società odierna che ho avuto modo di leggere e apprezzare sul blog del prof. Israel, nonché dei relativi commenti di altri bogger e delle discussioni spesso accese, ma non ho mai visto sostenuta da qualcuno la tesi secondo cui “frequentazione della rete = abbruttimento culturale”, per dirla con lei. In realtà questa equazione è del tutto errata (come la totalità delle equazioni tra “enti” non matematici). In realtà, sul blog molti (me compreso) si sono trovati d’ accordo sul fatto che la rete sia uno strumento estremamente utile e comodo per reperire materiale e informazioni, per organizzarle, per trasmetterle agli altri, ecc. Tuttavia si è anche convenuto che, come per tutti gli strumenti, ognuno di noi debba anche apprendere ad usarlo correttamente e convenientemente, prima di tutto e sopratutto per utilità personale. Su internet, va detto, la probabilità di imbattersi in una corbelleria è di gran lunga superiore a quella di reperire informazioni veritiere da fonti autorevoli e attendibili. Pertanto, sarebbe quantomeno sconsiderato lasciare uno studente di scuola secondaria, per esempio, alla mercè di un vortice incontrollabile di informazioni, magari completamente diverse tra loro, nella totale impossibilità di poter discernere i contenuti autentici dalle cialtronerie. In altre parole, Internet è una benedizione per chi lo sappia usare e un “aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto”, per dirla con Galileo, per chi non abbia ancora questa capacità (e praticamente la totalità degli studenti pre-universitari rientra in questa seconda categoria). Molti sul blog hanno convenuto con il Prof. Israel sul fatto che sia tuttora insostituibile il libro “cartaceo” come primo strumento di conoscenza e di approccio ad un ampiamento del proprio sapere. Evidentemente lei non si trova d’ accordo, ma ho l’ impressione che sia un pò eccessivo parlare di pensiero “piatto”, “debole”, “vuoto”, “superficiale”, “fazioso”. L’ articolo del prof. Israel tocca una tematica molto ampia e complessa per poche righe, ma se avesse dato un occhiata ai tanti articoli precedentemente postati dal prof. Israel (o magari l’ interessantissimo libro da lui scritto) sul tema, confido che ne avrebbe ricavato un’ impressione molto diversa. Comunque sia, entrando nel merito, neanche io sono molto d’ accordo con quanto scritto da lei. Magari è vero che “i giovani usano la rete molto meglio di quanto certi personaggi vogliono far credere e non stanno certamente portando all’ammasso i loro cervelli wikipedizzandosi”, ma allora perché i professori universitari si lamentano sempre di più dei ragli delle loro matricole? O meglio, cyber-matricole, visto che passano on-line spesso molte ore della propria giornata? Sono d’ accordo che occorrerebbe contrastare chi sta “uccidendo il pensiero, la critica”, ma di chi si tratta? Chi è? Forse è “chi controlla i mezzi di comunicazione di massa oggi in Italia”, come dice lei? Ma vorrei farle presente che informazione, intrattenimento mediatico e cultura sono cose molto diverse tra loro, e che i ragazzi passano le loro mattinate nelle aule di scuola, sprovviste (che io sappia) di televisione. Lei dice che occorrerebbe “denunciare chi sta uccidendo la scuola italiana, chi sta lavorando per una scuola che insegna a ubbidire e a non pensare”, ma di che scuola sta parlando? Credo quella di David Copperfield! Tutto si può dire della scuola italiana (e di fatto si dice), ma sostenere che sia repressiva è davvero ridicolo. Molti studenti, in realtà, semplicemente non obbediscono a nessuno e sono in balìa della loro ignoranza e irriverenza per il rispetto delle regole e degli insegnanti. Il crollo della disciplina nelle scuole è ormai fuori discussione e va denunciato e combattuto con impegno e determinazione; altro che “scuola che insegna a ubbidire”! Inoltre è francamente assurdo parlare di “astio verso la cultura giovanile”, visto che non si capisce bene in cosa consista quest’ ultima e perché debba fregiarsi del titolo di “cultura”. Ancora, sulla base di tutto quanto abbia letto finora di scritto dal prof. Israel, non ho mai rilevato qualcosa che abbia potuto anche vagamente assomigliare a posizioni banalmente qualunquiste come quelle secondo cui i giovani sono “tutti zombie” e gli insegnanti “tutti ignoranti, salvo quelli che studiano i suoi libri ed adottano i suoi metodi”. Infine, riguardo alla riforma della scuola, vorrei chiederle di suggerire qualcosa e di avanzare qualche proposta invece di limitarsi semplicemente a criticare l’ altrui operato. Mi scuso per essere stato un pò prolisso.

  2. Il prof. Israel non è nuovo ad uscite reazionarie di questo tipo.
    Non occorre qui neppure confermare quello che sostiene Gianni Marconato, perchè è sotto gli occhi di tutti la realtà dei fatti.
    Basta invece leggere il commento qui sopra per capire che l’ondata reazionaria che sta colpendo il nostro Paese è arrivata a livelli intollerabili per chiunque abbia a cuore il futuro dei nostri ragazzi.
    Sentir parlare di “disciplina”, di “cultura”, di “rispetto delle regole” in questo modo fa capire chi sono realmente i fans di Israel. Sono i nemici dei giovani, i nemici della libertà, i nemici dell’umanità.
    Il mondo sta andando in una direzione per fortuna opposta a quella che costoro difendono, e questo anche grazie ad internet.
    Chi ha il potere culturale in mano lo vuole difendere appellandosi alla “disciplina”, alla “cultura”, al “rispetto delle regole”.
    Per fortuna gli adorabili selvaggi digitali faranno piazza pulita di questa retorica per nulla autorevole e soltanto autoritaria.

    Per fortuna IO le “regole” invito a criticarle e, quando necessario, a contrastarle.
    Per fortuna IO non impongono la “disciplina”.
    Per fortuna IO non mi atteggio a depositario della “cultura”.

    Per fortuna IO non sono un fan di Israel.

  3. Della rete si possono dire molte cose, ma certo non possiamo imporre a chi ci legge di sviluppare un’esegesi completa dell’autore di un post.
    Chi scrive ed esprime una opinione non pretende che si legga e si conosca tutto il suo ampio (o non) pensiero. Tra i pregi richiesti alla scrittura su Web, infatti, vi sono primariamente il dono della sintesi, della chiarezza e dell’univocità dell’intenzione.
    Dicendo questo rivendico, per quanto mi riguarda, il diritto di chi legge un post di qualunque autore di replicare su quello e non sull’opera omnia. L’argomento: “si legga il libro” equivale, a mio modesto avviso, alla meno nobile interpretazione possibile del vecchio “lei non sa chi sono io”.
    Riguardo poi alla sostanza delle obiezioni al post di Gianni Marconato rilevo, signor Marinelli, che lei da molto credito al giudizio del professori universitari; bontà sua. Ma non sempre l’Università (e la stessa Gelmini ha rilevato qualcosa del genere sfoltendo alquanto cattedre e corsi) si avvale di insegnamenti ed insegnanti tanto eccellenti da risultare comunque attendibili.
    Il fatto stesso, inoltre, che si usi un lessico classista come “ragli” e “somari” la dice lunga sulla vocazione didattica e formativa dei professori universitari. Molti di loro non si peritano di continuare a far lezione esclusivamente sugli stessi argomenti da 30 0 40 anni; nel frattempo il mondo della cultura, della scienza e della tecnica è andato altrove. E molti giovani anche.
    Ci sarebbero molte altre contestazioni possibili al suo lungo intervento, ma credo sarebbe tempo perso proporre argomenti ragionevoli a chi, come lei fa signor Marinelli, si esprime con tanto esteso pregiudizio nei confronti delle culture giovanili e degli stessi insegnanti. Affermando infatti che i giovani non obbediscono a nessuno e sono “ in balìa della loro ignoranza e irriverenza per il rispetto delle regole e degli insegnanti” ella accusa indiscriminatamente la generalità degli studenti e degli insegnanti. A questo punto ella potrebbe forse anche accusare chi le ha insegnato la lingua italiana di non averle trasmesso l’uso corretto dell’apocope e dell’accento. Ella scrive “po’ ” in luogo di “ po’ “. Ad esempio.
    Sarà da preoccuparsene? Ma no, non badiamo a queste sottigliezze! Accusiamo invece di somaraggine tutti gli altri.
    E’ tanto più semplice.

  4. Egr. sig. Saccoccio,
    non credo che basti un post per poter legittimamente parlare di “ondata”, ma mi amareggia non poco sentirmi chiamare “reazionario”. Possiamo lasciare questo e altri infelici termini oramai vetusti e anacronistici fuori dalla nostra discussione? Invece che sentirmi chiamare nemico dei giovani, della libertà, ecc. mi piacerebbe che mi rispondesse nel merito di quanto ho scritto, anche perché non sono sicuro di aver inteso correttamente quanto dice. Forse pensa che io voglia radicalizzare o estremizzare chissà quanto i termini “disciplina” e “rispetto delle regole”, ma non è così. Non parlavo di “disciplina” intendendo chissà cosa, ma semplicemente quello che è: autocritica, capacità di autocontrollo e di rispetto del prossimo. A mio avviso (e non solo mio) qualità oggi più rare che in passato tra gli studenti delle scuole medie e superiori.A scuola, in quanto luogo in cui i ragazzi si trovano a stretto contatto gli uni con gli altri, dovrebbe essere osservata correttamente ed equilibratamente, ma osservata. Non crede che la scuola di oggi potrebbe e dovrebbe maggiormente insistere su questo aspetto, specie di fronte a clamorosi casi di bullismo e degrado? Per quanto ne so, comunque, non mi pare che il resto del mondo stia andando in direzione opposta a quello che dico; a Singapore, in Cina e in India, per esempio, si studia grosso modo come da noi trenta anni fa, e i risultati si vedono. Sarebbe interessante discutere con lei su chi abbia oggi il “potere culturale (?) in mano”, così come mi piacerebbe che lei mi spiegasse come mai, se “la realtà dei fatti è sotto gli occhi di tutti”, ci sono tante persone che non la pensano come lei o come il sig. Marconato. Possibile che l’ Italia si divida così nettamente (e banalmente) in accorti e ingenui? In realtà tutta questa “evidenza” non c’ è, quindi la cosa migliore è spiegare più dettagliatamente il proprio parere.

    P.S.: sa, le “regole” secondo me andrebbero ogni tanto anche rispettate, perché chi ci rimette di più è colui che le trasgredisce senza criterio, ma ci rimettono anche gli altri. Poi neanche io, certamente, mi atteggio a depositario della cultura, ma in società ci sono persone più colte e meno colte e su alcune questioni il parere delle prime non è paragonabile a quello delle seconde.

  5. Gentile Mariaserena Peterlin,

    a mio dire, le critiche del sig. Marconato all’ articolo del prof. Israel sono state un pò troppo accese, ma concordo ovviamente sul fatto che non si possa imporre “l’ esegesi completa ecc.”. Intendevo soltanto dire, ma con tono per nulla polemico, quello che ho già scritto: se si leggesse più ampiamente quanto scritto dal prof. Israel ci si renderebbe conto che si tratta di posizioni più complesse, con delle sfumature e certamente non così nette e (a mio dire) banali come quelle espresse dal sig. Marconato. Le garantisco che non avevo alcuna intenzione di tirare fuori il “lei non sa chi sono io”, anche se, come ho già detto, in certi settori ci sono persone più esperte e meno esperte, per cui sarebbe poco saggio considerare della stessa “consistenza” le opinioni degli uni e degli altri.

    Vorrei però permettermi di entrare un attimo nel merito di quello che mi ha scritto. Non vedo proprio come abbia potuto rilevare che io dia molto credito al giudizio dei professori universitari, visto che nel post a cui si riferisce ho citato solo il prof. Israel, con il quale spesso non dissento, è vero. So bene che i professori universitari variano dalle “capre” ai “luminari”. Riguardo al mio lessico “classista”, devo convenire con lei. “Somari” e “ragli” sono termini che appartengono ad un registro linguistico ormai antiquato e fuori moda (così come “reazionario”, non le pare?), ma (del tutto personalmente) ritengo che il nome di una cosa sia meno importante della cosa stessa. Per intenderci, so che molti studenti italiani (non tutti, ci mancherebbe!) sono parecchio carenti nel loro rendimento scolastico, ma la loro cultura non si accrescerà di un ette usando per la loro impreparazione termini più moderni. Inoltre, lei ha perfettamente ragione a dubitare della vocazione didattica dei professori universitari (e non solo universitari), ma non crede che se un ragazzo ha cattivi voti a scuola la colpa potrebbe essere anche sua?

    Mi creda, non ho assolutamente simpatia per i professori universitari in generale, ma alcune sue obiezioni mi lasciano alquanto perplesso: che significa “Molti di loro non si peritano di continuare a far lezione esclusivamente sugli stessi argomenti da 30 0 40 anni”? Secondo lei cosa dovrebbero insegnare al primo anno di Matematica, o di Biologia, o di Medicina, o di Lettere? Siamo d’ accordo che la cultura non debba essere solo accumulata passivamente, va creata e innovata, ma in moltissime discipline bisogna partire da dove gli altri sono arrivati, anche se questo vuol dire insegnare le stesse cose per 30 o 40 anni. Come dice lei, “il mondo della cultura, della scienza e della tecnica è andato altrove”, ma dove? Infine, la prego di scusarmi, ma non riesco a capire quando avrei espresso “un tanto esteso pregiudizio nei confronti delle culture giovanili”? Ho semplicemente detto che molti studenti vivono oggi la scuola un pò come il paese dei balocchi, ma non intendevo assolutamente dire “tutti”. Inoltre, ho fatto una domanda: cosa si intende per “cultura giovanile”? Che io sappia, le domande sono agli antipodi dei pregiudizi.

  6. Egregio Signor Martinelli, prima di tutto la voglio ringraziare per il tempo che mi ha dedicato leggendo, prima, la mia modesta riflessione e scrivendo, poi, un suo commento articolato, complesso argomentato, lungo. Non immaginavo che i miei scritti meritassero tanto tempo e tanta attenzione. Ne sono felice, al di là di contenuti di questa interazione.
    Prima di entrare nel merito vorrei fare una precisazione per me fondamentale. Di fronte a temi complessi quali qualli trattati da me e dal signor Israel non credo possa valere un pensiero duale finalizzato, sostanzialmente, a stabilire chi abbia ragione e chi torto, dove stia il bene e dove il male. Io spero di essere capace di pensiero complesso, il solo che consente di capire e non di giudicare. In questa prospettiva esistono solo dei punti di vista, più o meno argomentati, più o meno articolati, più o meno riflettuti. Non esistono punti di vista più autorevoli di altri.
    Veniamo ora alle sue obiezioni al mio scritto.
    1) Nessuno, a suo dire, nel post da me preso in considerazione avrebbe esposto l’equazione “frequentazione della rete = abbruttimento culturale”. Questa affermazione l’ha fatta proprio il signor Israel quando scrive testualmente “a quale livello siamo scesi, a quale forma di “wikipedizzazione” che spinge a bere qualsiasi cosa circoli in rete? C’è da stupirsi allora se i nostri giovani stanno cadendo in una condizione di abbrutimento culturale crescente?”. Cos’altro è questa affermazione se non la citata equazione?
    2)Lei ritiene che sia eccessivo parlare come ho fatto, a proposito della persona da lei difesa, di pensiero piatto, debole, vuoto, superficiale, (per il “fazioso” vediamo più avanti), Certo, i termini sono forti ma indicano in modo preciso il pensiero di chi liquida una tematica tanto articolata e complessa con tale approssimazione dimenticando, o ignorando, tanti studi autorevoli e rigorosi che forniscono pezze d’appoggio a tesi di segno opposto e dipingono un profilo positivo, anche in termini di “valori” dell’interazione dei giovani (e non solo di loro) in rete. Ho usato quei termini perchè descrivono un pensiero che si limita all’apparenza delle cose, a come possono apparire all’uomo della strada, alla persona che non si è soffermata un attimo a riflettere sulle mille implicazioni di un fenomeno tanto complesso. Non è, quello, il pensiero di uno “scienziato” come mi par di capire il signor Israel sia.
    Veniamo al “fazioso”: se quel pensiero non è “debole” ma anche se lo fosse, come credo, sostenere quelle tesi altro non significa che argomentare su un tema per sostenerne un altro. In questo caso un ulteriore attacco a tutto ciò che è attuale, moderno.
    3) parleri della scuola di David Copperfield, di una scuola repressiva. Qui proprio non ci siamo capiti, signor Martinelli. Io parlo di chi vorrebbe una scuola represivva, una scuola rivolta al passato, una scuola delle buone maniere, una scuola dell’obbedienza, una scuola dei grembiulini e del 5 in condotta, e tra questi certamente il signor Israel è in prima fila e in buona compagnia. Quindi parlo dei pericoli che corre la scuola italiana, non della scuola che c’è. Una scuola che grazie a tanti bravi insegnanti continua a educare e a formare
    4) mi chiede di suggerire e non di limitarmi a criticare. Ebbene, non vorrei rimandarla coma fa lei a leggersi tutto il mio blog e i miei scritti, ma mi creda, il mio lavoro è pieno non solo di proposte ma anche di pratiche. Proposte e pratiche che sono di segno opposto a quello che lei evoca nel suo apprezzato commento e che non possono, ovviamente, incontrare il suo favore. Distinguiamo, quindi, l’assenza di proposte dalla non condivisione delle stesse.

    Mi piacerebbe, infine, entrare nel merito di tente sue affermazioni sullo stato della scuola, sulle cause di questo, ma il tempo non me lo consente e non scambi la mia stanchezza notturna per mancanza di riguardo per le sue idee. In estrema sintesi posso solo dire che i nostri punti di vista sono di segno opposto. Lo prova il fatto che lei difende il signor Israel, io lo “combatto” (con poche e sputate armi e dal basso della mia posizione nella scala del potere). Spero che mi venga riconosciuto il diritto di pensiero divergente e non mi si voglia tarpare i neuroni solo perchè io sono quello che (non) sono e il signor Isral quello che è. Senza alcun sentimento di inferiorità ma, anche, senza alcuna arroganza. La ringrazio ancora per l’attenzione e per il tempo che ha dedicato a questo piccolo blog di provincia.

  7. Ieri sera la mia connessione non funzionava bene, avevo infatti tentato inutilmente di inserire una precisazione. Rispondo ora, abbreviando:
    a) A volte è inevitabile accettare il dato di fatto: non è possibile conciliare concezioni che partono da presupposti del tutto divergenti. Chi ha esperienza di scuola e riflessione didattica svolge le sue argomentazioni partendo da quelle.
    b) Mi si chiede: che significa “Molti di loro non si peritano di continuare a far lezione esclusivamente sugli stessi argomenti da 30 0 40 anni”? Secondo lei cosa dovrebbero insegnare al primo anno di Matematica, o di Biologia, o di Medicina, o di Lettere? Su questo punto è evidente un totale fraintendimento. Mi riferisco, ed ho scritto”argomenti” e non “discipline”, “materie” o “specializzazioni” o”insegnamenti”.

  8. Mi permetto di intervenire nella discussione semplicemente per evidenziare una questione, a mio parere centrale, che è emersa e che andrebbe approfondita seriamente: riguarda la domanda del sig Marinelli sulla cosiddetta “cultura giovanile”.
    Credo che possiamo ritenere, in qualche misura, l’utilizzo della rete e di Internet come un elemento caratterizzante della “cultura giovanile” (qualunque cosa essa sia). A questo proposito dobbiamo però porci alcune domande: possiamo ragionevolmente ipotizzare che l’utilizzo spontaneo, naif che i nostri giovani ne fanno non sia in genere cognitivamente rilevante? possiamo ragionevolmente ritenere che esista il problema di un approccio scarsamente consapevole e critico in quest’uso? possiamo ragionevolmente credere che i nostri ragazzi avrebbero bisogno di sviluppare abilità e competenze cognitive e metacognitive per utilizzare proficuamente la rete ed Internet? possiamo ragionevolmente ritenere che la Scuola dovrebbe affrontare anche queste questioni, che attengono alla dimensione dello sviluppo cognitivo dei nostri ragazzi?
    E così torniamo alla Scuola, alla sua riforma, al prof Israel e all’attuale politica dell’istruzione scolastica con un’ultima domanda: è possibile che non esista un altro modello di riforma della Scuola che non sia quello basato sul principio dell’autorità e di un ipocrita perbenismo classista?
    Grazie a tutti voi per le vostre stimolanti riflessioni.
    Marcello Molino

  9. Marcello, grazie per l’intervento.
    Senza esitazione alcuna, alle tue domande rispondo che
    1) l’uso naif VA SUPERATO attraverso una vera e propria “educazione” al senso e all’uso del mezzo proprio per l’uso scarsamente consapevole, scarsamente critico che mediamente viene fatto dai nostri giovinastri
    2) la scuola DEVE favorire lo sviluppo di competenzwe cognitive e metacognitive per un uso conspevole e, soprattutto, RICCO della rete.
    3) concordo TOTALMENTE con te sulla necessità che ci sia un modello di riforma della scuola che “..non sia quello basato sul principio dell’autorità e di un ipocrita perbenismo classista“. Basta che ad animarlo (il modello) ci sia una cultura diversa da quella che anima l’attuale pseudo-riforma e le proposte, checchè ne dica il signor Martinelli, ci sono. Quello che manca è il POTERE per passare dalla proposta all’azione.
    La questione è, quindi, squisitamente politica e di potere.
    Speriamo quindi, in un futuro migliore. Che per qualcuno potrebbe essere visto come peggiore. Punti di vista. E di potere. Tutto qua. Ciao Marcello

  10. Egr. sig. Marconato,
    il tema che stiamo trattando è tanto interessante quando importante, per cui vale la pena di dedicare un pò di tempo a discutere ed argomentare (e in tal senso, spero voglia scusare la mia prolissità). Comunque, dopo tutto, sono d’ accordo con lei: non è il caso di stabilire chi ha ragione e chi torto. Io mi sono limitato a esporre le mie opinioni e, sì, anche alcune critiche (spero non in tono eccessivo), ma sono più interessato a conoscere le sue posizioni nel merito delle questioni affrontate dall’ articolo, per cui se vorrà parlarmi più approfonditamente delle sue opinioni l’ ascolterò attentamente. Riguardo all’ equazione “frequentazione della rete = abbruttimento culturale”, può pure sintetizzare così il contenuto di quell’ affermazione del prof. Israel, ma (sulla base di quello che ho letto in altri articoli e libri e discusso sol suo blog) le cose non sono affatto così nette e radicali. Quello che è emerso dalle discussioni sul blog del prof. Israel, come ho accennato nel mio primo post, non è affatto una bocciatura unanime dell’ utilità dell’ uso del web da parte degli studenti delle scuole. Si tratta, invece, di ritenere che sia poco conveniente insistere troppo sull’ uso di internet, magari a scapito di altre fonti più tradizionali come i libri, per via degli inconvenienti a cui accennavo prima. Un esempio? Secondo me, enciclopedie “moderne” come Wikipedia e “stagionate” come la Britannica o la “Tre Cani” non sono paragonabili, ma questo non vuol dire che un insegnante debba proibire una ricerca su Wikipedia e imporne una sulle altre due. La cosa migliore sarebbe (secondo me) integrare lo studio su testi cartacei con un utilizzo accorto di internet (che comprenda il controllo da parte dell’ insegnante delle fonti e dei contenuti), e non il contrario. Come vede, si tratta di una posizione dopotutto abbastanza equilibrata, anche se in effetti può apparire “estremizzata” dai toni dell’ articolo del prof. Israel. E’ in quest’ ottica che ritenevo eccessivi gli attributi “piatto”, “debole”, ecc. Sia ben chiaro, comunque, che l’ articolo prendeva di mira internet come (unica o prevalente) fonte di informazione, ma non criticava l’ uso del web tout court, quindi non nego che il web rivesta anche una certa importanza nell’ “interazione dei giovani”. Dopotutto, io stesso uso il web anche per lo svago e l’ informazione (cosa ben distinta dalla cultura), anche se ritengo ciò che sia “attuale” e “moderno” non sia necessariamente e totalmente un bene (né un male). Confermo che il prof. Israel è in “prima fila” nel sostenere la scuola “rivolta al passato”, come la chiama lei, ma non come pensa lei. Non vedo minimamente perché le “buone maniere” e i “grembiulini” sarebbero incompatibili con una scuola che “continua ad educare e a formare”. Non vedo quale convenienza ci sia nel non servirsi del “5 in condotta” per studenti indisciplinati e maleducati (esistono anche loro, sa?). Non sono affatto un nostalgico né penso che una misura del genere possa risolvere automaticamente il problema, ma è sciocco (secondo me) non insegnare ad uno studente che non può fare quel che vuole e sperare di non pagarne le conseguenze. Nella vita funziona così e lo sappiamo tutti, per cui meglio che fin da ragazzi se ne abbia sentore; non vedo nulla di male, in questo caso, nell’ “obbedienza” e nell’ assunzione delle proprie responsabilità. Anche a me piacerebbe (mi creda) essere rassicurato da lei sullo stato della scuola e sulle cause.

    Gentile Mariaserena
    la ringrazio per la sua precisazione, ma temo che la mia perplessità resti: gli “argomenti” che si affrontano nei primi anni di un corso di laurea universitario sono l’ abc della disciplina in questione, la base assolutamente necessaria su cui edificare nel tempo una (auspicabilmente) sempre più approfondita conoscenza della materia, ma si tratta, appunto, di un edificio. Ora ogni edificio, in quanto tale, si costruisce dal primo piano in su, il secondo sul primo, il terzo sul secondo, ecc. Per come la vedo io, nella maggior parte dei corsi di laurea (specie in quelli di area scientifica o umanistica), modificare consistentemente gli “argomenti” dei primi anni vuol dire precludere agli studenti una buona conoscenza di quelli più avanzati. Mi sto sbagliando? Certo, non posso non ammettere che diversi professori universitari difettino molto in dialettica, didattica e disponibilità, alcuni anche tra quelli che si sono lamentati negli ultimi anni dell’ impreparazione degli studenti che escono dalle scuole superiori. Il loro parere non può e non deve essere preso per oro colato, per carità, ma non possiamo neanche scartarlo a priori e non tenerlo in alcun conto, non crede?

  11. Marinelli mi sembra che ognuno possa fare le sue verifiche sull’Università.
    E poi francamente, cui prodest?
    I professori universitari, se vogliono, possono interloquire da soli. magari non solo per sentenziare.
    Vi sono perplessità che hanno radici, e non penso si possono risolvere con una risposta da tastiera.
    La formazione dei giovani viene misurata e se ne ricavano dati.
    Il modo e gli strumenti di quelle misure sono dogmi?
    Io penso di no e quindi dissento da quello che lei scrive.

  12. Mariaserena, certamente ognuno può fare le sue valutazioni sull’ università, ma non vorrà certo ritenerle tutte uguali. Direi che dipende da chi le fa e dalle credenziali che ha, come minimo. Certamente le mie perplessità hanno radici (e motivi), dal momento che ogni opinione le ha (anche le sue), ma mi spiace che pensi che non si possano discutere via tastiera, mi creda. Riguardo al “modo” e agli “strumenti di quelle misure”, certo non sono dogmi, ma fermarsi a questo non ci avvicina di un passo ad una migliore comprensione del problema. Second lei quale è una corretta interpretazione di quei dati?

  13. Non ho detto che non si possano discutere, bensì che non si possono “risolvere”. Non è una differenza minima.
    Le credenziali, Marinelli, sono un prerequisito alla attendibilità delle opinioni discussione?
    Questo concetto sarebbe da chiarire.
    Per adesso mi atterrei al lume della ragione.
    Forse non mi sono ben spiegata sull’altro punto. E mi permetta un semplice esempio: se vado a pesca di tonni e pesco invece balene potrei considerare la balena un pesce da scartare. Ma perchè non posso prendermela con la mia barca, con la rotta seguita, con l’avvistatore, con le stelle, con l’equipaggio o con tanti altri motivi…?
    Per cui se le premesse delle verifiche della preparazione dei giovani (sulla quale non v’è dubbio che ci possano essere considerazioni molto diverse e motivate) non sono condivise allora, mi consentirà una battuta molto interlocutoria e per nulla rigida, potremmo anche non pescare né tonni né balene, ma granchi.

  14. Mariaserena, certamente non c’ è una differenza minima tra “risolvere” e “discutere”, ma ho usato di proposito il termine “discutere” perché “risolvere” mi sembrava un pò inappropriato. Penserei di dover “risolvere” le radici della mia perplessità solo se esse si dimostrassero basate su falsi presupposti, non attinenti al reale stato delle cose, in pratica false. Tuttavia non abbiamo ancora affrontato questo discorso, quindi per ora mi sembra meglio il termine “discutere”. Se penso che le credenziali siano un “prerequisito all’ attendibilità delle opinioni in discussione”? Direi che dipende dall’ argomento della discussione. Per esempio, se l’ argomento è la valutazione di uno studente in matematica, penso che il parere dell’ insegnante di matematica e di un’ altra persona meno competente in matematica (che so, altri insegnanti, genitori, preside, ecc.) non possano essere messi sullo stesso piano. Naturalmente si corrono molti rischi nel caso che il professore sia un incompetente, ma decidere a priori di dare lo stesso peso a tutti i pareri che si hanno a disposizione mi pare che porti a rischi maggiori. Lei cosa ne pensa?

  15. Se il discorso sulle credenziali “dipende dall’argomento in discussione” si può ipotizzare che anche la valutazione dei prerequisiti o dei requisiti dei giovani dipenda da ciò che coloro che valutano stanno cercando o vorrebbero riscontrare nei giovani medesimi.
    E’ vero che le competenze specifiche sono importanti, ma nella correzione di un elaborato scritto o orale si possono avere valutazioni diverse, e alcune volte ciò accade anche con le diagnosi mediche.
    Allora perché non dubitare? Perché quando si verifica si preferisce mettere in discussione l’esaminato e non vengono mai dubbi sulla saggezza di chi va ad esaminare?
    Perché il come e il cosa si insegnava “nel passato” deve prevalere come modello positivo e spesso aprioristicamente?
    Perché è il vecchio modello è davvero insostituibile o perché chi insegna (in tutti gli ordini dell’Istruzione) “quello” conosce e a “quell’esperienza” si abbarbica e ha qualche difficoltà a mettersi in discussione?
    E lei cosa ne pensa, Marinelli, dei granchi? Li possiamo mettere sullo stesso piano-bilancia di tonni e balene?

  16. Gentile Mariaserena
    penso che si possa lecitamente ipotizzare che “anche la valutazione dei prerequisiti o dei requisiti dei giovani dipenda da ciò che coloro che valutano stanno cercando o vorrebbero riscontrare nei giovani medesimi”. Il punto è che, se i valutatori cercano nei giovani nulla di più e nulla di meno di ciò che è bene essi sappiano di una determinata disciplina, direi che non sorge problema alcuno. Certo, valutazioni diverse di singoli casi sono frequenti, in effetti, ma le diagnosi mediche vengono fatte da medici, appunto. Io mi riferivo al caso in cui vi siano valutazioni diverse fornite da persone che non hanno la stessa competenza in materia; in tal caso lei come agirebbe? Comunque sia, io non credo che oggi si preferisca sempre “mettere in discussione l’esaminato e non vengono mai dubbi sulla saggezza di chi va ad esaminare”, anzi penso che si verifichi più spesso l’ esatto contrario (sto pensando al triangolo insegnante-studente-famiglia e alle proteste spesso ridicole che gli ultimi riservano ormai eccessivamente al primo). Inoltre non mi pare che chi difenda le virtù del “come” e del “cosa si insegnava nel passato” lo faccia sempre aprioristicamente. Basta leggere senza pregiudizi di sorta tanti articoli e libri di gente che vive la scuola e l’ università ogni giorno (come lei, credo) per trovare ragioni secondo me valide, sicuramente discutibili, ma non giudicabili a priori prive di serietà. Vorrei ricordarle, poi, che la scuola e l’ università di una volta, pur con i loro difetti, sono riuscite a far raggiungere all’ Italia livelli di eccellenza a livello internazionale (mi riferisco, per esempio, alle scienze o alla cultura umanistica, settori oggi, invece, abbastanza in crisi). Generazioni di studenti nel passato hanno studiato pedissequamente la produzione intellettuale e culturale dei loro predecessori, ma sono comunque riusciti a ripensare attivamente il tutto e a innovarlo, ad aggiungere il loro contributo di originalità e creatività. Ecco, io penso che, nella consapevolezza che la perfezione non esista e ogni ostinato tentativo di raggiungerla procuri guai a non finire, sarebbe preferibile cercare di sanare e migliorare di volta in volta singoli aspetti insoddisfacenti del “vecchio” ma sperimentato modello, piuttosto che soppiantarlo in toto (o quasi) solo per il fatto che ha dei difetti. Le sembra un discorso poi così insensato?

  17. se i valutatori cercano nei giovani nulla di più e nulla di meno di ciò che è bene essi sappiano di una determinata disciplina, direi che non sorge problema alcuno“. Non direi che ci siano problemi intrinseci; ma rimane in secondo piano, io credo, la possibilità di valutare anche quanta attitudine possa avere un giovane ad apprendere e aggiornarsi.
    Il patrimonio intellettuale e culturale del passato non è in discussione in sè; quello che si discute è il diffuso pregiudizio (o giudizio snobistico o comunque non positivo se preferisce) su nuove possibili modalità di apprendimento.
    In questo momento penso allo scandalo suscitato dai pittori impressionisti che creavano le loro opere “en plen air” invece che nel chiuso delle Accademie e che furono ferocemente condannati dai classicisti, agli esperimenti di Leonardo temuti come stregonerie, all’Ermetismo bollato negativamente dalla critica: e potremmo continuare, ma aggiungo solo un esempio: si disse che se Dio avesse voluto che l’uomo volasse lo avrebbe creato con le ali. Quanti altri esempi più recenti e calzanti potremmo elencare? E la mia conclusione è che la diffidenza verso il nuovo può contenere in sé la paura di perdere una forma di autorità o di potere.
    Confrontarci con intelligenza invece permette di superare il passato. Se oggi alcune tecnologie permettono di sperimentare anche nuove forme di apprendimento occorre occuparsene invece che fissare paletti. Alcune riprese attuali sono proprio paletti: lo schematismo delle valutazioni ad esempio sul quale ci sarebbe da ragionare.
    No, non coltivo giudizi di insensatezza. Espongo le mie riflessioni.

  18. Gentile Mariaserena
    i suoi esempi sono molto eloquenti e sicuramente la dicono lunga sull’ importanza dell’ innovazione e della novità, ma vorrei permettermi due considerazioni in merito. Prima: tutti gli innovatori da lei citati erano persone che conoscevano la condizione contingente e le caratteristiche della materia in cui si apprestavano a lanciarsi. Leonardo era un profondo conoscitore della cultura e della società del suo tempo, gli impressionisti conoscevano e apprezzavano le opere e gli stili dei maestri che li avevano preceduti, ecc. Il valore delle loro opere sta proprio nella rielaborazione e nel superamento di quello che era il “canone” fino a quel momento, canone da loro appreso nella sua totalità. Questo è un principio generale: la cultura e il sapere si accumulano in strati successivi l’ uno sull’ altro ad opera di persone che conoscono il “filone”, diciamo così, fin dove è toccato loro in sorte di cominciare. Stesso discorso credo che valga per gli studenti e per il rapporto tra il loro studio e le nuove tecnologie: occorre integrare, non sostituire. Seconda: riguardo a tutti questi esempi, non so fino a che punto si possa parlare di “nuove forme di apprendimento”; nuove idee, nuovi paradigmi sicuro. Nello specifico, credo che dovremmo evitare che il web e internet, da strumenti e “mezzi”, diventino “fini”.

  19. Possiamo girare intorno al problema, ma la strada si è aperta, il cammino è iniziato. Continuare a vedere web e internet con circospezione, come se fossero fuorvianti fonti di errori non porterà nessun vantaggio.

  20. Egregio Signor Marinelli, essere prolissi vuol dire parlare (e scrivere) tanto dicendo poco. Non è certamente il caso dei suoi interventi qui (dove altro posso leggerla?).
    1.
    Le interessa la mia opinione nel merito del post che ha originato questa interessantissima discussione, articolata e interessante grazie alla divergenza di posizioni rappresentate?
    Non mi sottraggo. Togliamo di mezzo la sgradevole, per me, conclusione, il tema mi pare la distorsione informativa generata da internet e dalle pratiche che lì si svolgono. Ebbene, non credo che le “distorsioni” informative o conoscitive si creino solo in internet e a sua causa. menzogne, falsità, verità mascherate, verità di comodo circolano anche in televisione, nei giornali … solo che in molti casi sono più difficilmente smascherabili vuoi perchè si tratta di “verità” costruite con maggior professionalità, vuoi perchè l’accesso a quei media e il loro controllo è molto più difficile. Distorsioni, “baggianate” qualcuno le ha definite da qualche altra parte in rete oggi, si trovano in tanti libri di testo, quelli scritti da autori autorevoli e validati. Distorsioni si trovano nella vita di tutti i giorni. Perchè, allora, prendersela solo con Internet? Io la mia risposta ce l’ho, e Lei sa qual’è.
    2.
    Mi fa piacere che lei stesso mi dia conferma che il signor Israel sia in prima fila a sostenere una scuola rivolta al passato. Grembiulini, buone maniere, 5 in condotta, gioire per l’aumento delle bocciature … potrebbero anche essere aspetti accettabili in una scuola “vendere” ( ne continuare a farlo per mesi e mesi, ripetutamente, come litanie e giaculatorie salvifiche) questi come le innovazioni della scuola o dimostra miopia (cosa che non credo) o sono segni tangibili di un orientamento culturale che mi sento di respingere con decisione

    Mi permetta una considerazione in merito ad un passaggio di un suo commento a Saccoccio. Lei indica Cina, India, Singapore come esempi di società (o di economie?) in enorme progresso grazie – secondo lei – ad una scuola impostata come era da noi 30 anni fa. La questione è molto più complessa di come lei abbia cercato di descrivere con equazione semplicistica scuola autoritaria = “progresso”. Gli scienziati che quei Paesi sfornano sono frutto di scelte e dinamiche ben più complesse e di cui lei rileva solo l’elemento che fornisce sostegno alla sua tesi. Possiamo considerare, di quei Paesi, anche la povertà diffusa, l’inquinamento,il basso tasso di libertà e di democrazia; ma anche gli investimenti in ricerca, la valorizzazione della competenza, un decente livello di etica pubblica….. Insomma, luci e ombre e un intero arcobaleno.

  21. Caro Alex,

    io mi chiedo una cosa..dopo averti/vi letto, a parte mariaserena e antonio, chi dei ragazzi che conosco (dai 7 ai 32..) vi starebbe ad ascoltare per più di 30′? nessuno

    E questo sarebbe riformare la scuola per loro?…eheheh…posso ridere? Suvvia, dai, non scherziamo….suvvia…

    Vi faccio una proposta: un anno sabbatico per tutta la scuola, per tutti, alunni, insegnanti, operatori, consiglieri, ministri e minestre…chiudere i battenti e poi si vedrà.

    Ciao Alex, saluti al prof…sperando che vi prendiate una vacanza e possiate rimembrare i cari vecchi tempi antichi come faceva mio nonno al parco di milano, con gli ex-commilitoni….si divertivano molto ma non facevano del male a nessuno…:-)

  22. Mi scui Elisa, non ho capito il senso di questo suo intervento. Vuol forse dire che si stanno dicendo cavolate? O è un invito a prenderla con leggerezza?
    Grazie per essere passata di qua

  23. Indosso per un momento pedanti panni curiali per tentare un’esegesi (noiosa e scontata, ma….) sugli ultimi interventi Eliseiani e Marconatiani.
    Partiamo da un’ipotesi pragmatica: la scuola esiste ed è fondata sul principio che sia utile e necessaria.
    A chi è utile e necessaria?
    Agli studenti ossia ai cittadini più giovani della Repubblica.
    Per essi la Costituzione garantisce il diritto allo studio.
    Tale diritto allo studio si attuava, negli ultimi secoli e fino a tempi recenti, per consolidata tradizione tramite la scuola che rappresentava (insieme alla famiglie in grado di svolgere questa funzione) una istituzione accreditata alla trasmissione di conoscenza e formazione.
    Però l’avvento dei media prima e dei nuovi media informatici adesso ha modificato la situazione. I cittadini più giovani della Repubblica sono connessi a questi sistemi verso i quali provano spesso più interesse che per la scuola e spesso cercano informazioni, conoscenze e dialogo su di loro.
    La scuola come reagisce? (cfr Marconato)
    Il dibattito sul tema si trascina secondo modalità che posso risultare pedanti e noiose (cfr Elisa)
    Perchè ne parliamo?
    Perchè la nostra formazione, di noi cittadini adulti ci porta ad affezionarci alle nostre idee (vedi Mariaserena ad es, ma anche Marinelli & altri) e perchè abbiamo interesse alla divulgazione e al confronto. (Vedi tutti)
    Però arriva Elisa che riporta l’attenzione sul nocciolo duro della questione. A chi serve la scuola? Ai giovani cittadini (ecc) ma loro si annoierebbero a morte al nostro argomentare e ci direbbero (questa è la mia traduzione): siete tutti fuori come un balcone! (Saccoccio e tutti: perdonatemi, spero non mi prendiate alla lettera, ma i giovani sono molto diretti)
    Elisa spacca il nostro schema e interpreta: forse non siete già fuori come balconi, ma potreste fare la fine dei reduci che sventolano insegne gloriose, a volte ci inteneriscono ma… sono a fine ciclo e comunque i giovani vi vedrebbero così e … se ne andranno, ancora più convinti, verso altre vie.

    Gianni ti chiedo ancora due righe di ospitalità; mi avete tutti sopportato anche troppo gentilmente, ma una cosa la vorrei aggiungere
    Nei miei anni cinquanta-sessanta chiamavamo “matusa” i nostri adulti: ma loro non erano razzisti verso di noi, semmai ci “invidiavano”: loro venivano dal ventennio e dalla guerra, noi pensavamo di andare verso il progresso.
    Oggi noi abbiamo di fronte una generazione alla quale diciamo “arrangiatevi!” e per viatico gli abbiamo servito un mix micidiale fatto di ultra-mammismo& paghette + aspirazioni frustrate & precarietà. E se loro vanno per la loro strada gli diamo appiccichiamo l’etichetta di alienati, di pc-dipendenti, di violatori di tradizioni.
    Per di più c’è chi (e non parlo dei presenti ovviamente!) li ricatta economicamente.
    E ci dovrebbero ascoltare più di 30 minuti?

  24. Egregio Dott.Marconato,

    mi esplico meglio nel mio discorrere, usando il tono che ben s’addice ai codesti contesti para-ministeriali, perchè m’avvedo, d’esser stata fraintesa alquanto nel mio dire e nel mio ardire.

    Il mio lazzo non voleva esser leggero, bensì pungente almen alla stregua del buon Dante, di cui, mio malgardo e non per mio merito, condivido i natali cittadini.

    Malaparte dicea, nel suo parlar veritiero, che non v’è peggior razza dei toscani se non i fiorentini. E io “lo nacqui” come si sorprese a dire il caro principo Totò (da non confondersi con il ben noto trattato macchiavelliano).

    Ordunque, il mio pensiero s’ardiva a dire:

    – il lessico di questa discussione ben si discosta da qualsivoglia possibilità comprensiva di chicchessia giovine della nostra attuale era, che, il povero, predilige la sintesi, e brancola in queste rindondanti cito-para-argomentazioni e i 30 non erano minuti @mariaserena..bensì, secondi! Ahimè!
    – il citare il nonnino, nato nel 1895 era il dire che, sì, è vero che la guerra del 15-18 fu molto importante per la storia d’Italia, ma se fosse stata materia primaria a scuola, saremmo già defunti, provati e distrutti dalla noia, già da molto.
    – il divertimento mio è stato ricordare ad Alex e di rimbalzo al prof I che sono fatti di carne, e peli e sangue come me, te, i ragazzi che circondano, e quindi non è tanto il caso di darsi tante arie…io son come i ragazzi..non riconosco l’autorità..è forse bene che comincino a capirlo: nessun 5,4,3,2,1,0 ferma chi non riconosce l’autorità e sapete perchè? Perchè ne ride.

    Sempre Vostra

  25. Egr. sig. Marconato
    Guardi, io credo che le “distorsioni” come le chiama lei si creino non anche ma SOPRATTUTTO in televisione e, al momento, internet rappresenta uno degli strumenti più potenti per contrastarle. Dopotutto, come ho già detto, io stesso mi informo quotidianamente su internet e ho smesso da tempo di seguire i tg. Nessuno oggi può negare l’ importanza nel web per l’ “informazione”, ma, come ho già detto, ritengo che la “cultura” e il “sapere” siano altre cose. Va benissimo, secondo me, la possibilità di procurarsi on-line testi anche autorevoli (visto che lo faccio io stesso), ma, se permette, questo è uso del web come strumento, non come modo di apprendere. Comunque sia, in fondo non è vero che il prof. Israel se la prenda solo con internet: posso citare suoi articoli e libri in cui si parla diffusamente di pessima divulgazione culturale scritta e di tanto altro.

    Il prof. Israel e tanti altri, compreso me, siamo sostenitori di una scuola con i grembiulini, buone maniere, 5 in condotta, ecc. ma, come avevo già accennato, le cose non stanno SOLO in questi termini. Sul blog si è discusso moltissimo di tanti aspetti dell’ organizzazione (e della disorganizzazione) della scuola e dell’ università, e le conclusioni a cui si è arrivati sono molto più ampie e articolate. Ma se restringiamo il nostro interesse a queste singole tematiche, allora sì: non ci sembra un male. Come ho già detto, le buone maniere (da parte di tutti naturalmente) dovrebbero essere al di là di ciò che piaccia o no e il 5 in condotta aspira a voler essere un richiamo agli studenti indisciplinati. Non sostengo che possa essere una soluzione al problema, ma anche qualche piccolo strumento costrittivo come questo, sapientemente usato, può essere utile in certi casi. Sull’ aumento delle bocciature, penso, forse “gioire” è un termine un po’ eccessivo, ma penso che siano abbastanza note le maglie larghissime degli esami e delle verifiche in Italia, con tanti (troppi) casi di ragazzi che vanno avanti impunemente portandosi dietro lacune molto gravi. Per chi disapprovi la fiera delle promozioni facili (e io sono uno di costoro), un aumento delle bocciature non è certo un segnale negativo (né necessariamente positivo; solo doveroso). Tengo a precisare che non sono un sadico e credo che tiranneggiare gli studenti non abbia la minima utilità, anzi. Semplicemente, il buonsenso mi dice che non è conveniente per nessuno (meno che mai per lo studente) promuovere chi, obiettivamente, non lo merita,. Garantisco, il buonsenso; nessun “orientamento culturale”. Se pensarla così vuol dire sostenere la “scuola rivolta al passato” (espressione che evoca, molto inopportunamente, qualcosa di anacronistico e obsoleto), allora ci vuole decisamente più scuola del passato.

    Concludo osservando che Cina, India, Singapore, ecc. sono esempi di ECONOMIE in enorme progresso, certo, ma non solo per la scuola “del passato”; sono ben consapevole che la questione è molto più complessa di quanto non abbia accennato prima, e il senso del mio discorso non è affatto “scuola autoritaria(?)= progresso”. Mi riferivo (solo) ai risultati che porta una scuola in cui la società si aspetta dagli studenti che si istruiscano il più ampiamente (e seriamente) possibile per il bene dello stato. A questi studenti, semplicemente, non viene nascosto il fatto che istruirsi ed elevare il proprio livello culturale non è un gioco, non è semplice, comodo, agevole; è un cammino difficile ed estremamente impegnativo, che comporta sacrifici e talvolta delusioni, che necessita di ore e ore di studio ogni giorno, perché nella vita nessuno regala niente e non esiste traguardo che non si raggiunga con sangue e sudore. A questo proposito, vorrei consigliare a tutti di leggere (e meditare) il discorso del presidente Obama agli studenti:

    http://studiobaroni.wordpress.com/2009/09/10/obama-discorso-studenti-2009/

    Io non ho ben capito cosa intenda lei per “scuola autoritaria” (altra espressione evocativa). Se per “autorità” lei intende lo stato di polizia nelle aule, allora unisco il mio disappunto al suo. Ma se la “scuola autoritaria” è quella appena tratteggiata da me poc’ anzi, allora, di nuovo, dirò che ci vorrebbe più scuola autoritaria, a mio avviso la sola scuola realmente funzionante. L’ “autorità” che deve stare nelle scuole è l’ “auctoritas” latina del maestro che viene riconosciuta dai discenti: “noi dobbiamo e vogliamo imparare da te”. Naturalmente, il maestro deve essere degno di questa considerazione, altrimenti…

  26. Mi inserisco per una riflessione laterale (o collaterale).
    Gianni Marconato , qui si è scatenato un massimo sistema e devo aggiungere qualcosa rivolgendomi Marinelli.
    Vede, Alessandro Marinelli, tutti noi siamo influenzati delle nostre esperienze e quindi anche delle esperienze scolastiche; il punto è se riusciamo a rielaborarle da soli oppure se continuiamo tutta la vita ad aver bisogno di mentori, istitutori o leader che ci guidino.
    Nel primo caso faremo errori (nostri) ma impariamo a camminare .
    Nel secondo caso possiamo solo sperare incontrare solo buoni mentori, buoni maestri e buoni leader.
    Il vero scopo dell’educazione, dell’istruzione e della scuola o dell’Università dovrebbe essere (ovviamente non sto proclamando un dogma come farebbe un maestro “non buono”) quello di liberare la nostra capacità di imparare, di dare strumenti e indurre a cercare se stessi. Il vero motivo per cui si dovrebbe andare a scuola non è quello di ingurgitare e memorizzare notizie, nozioni, dati ecc. ma quello di imparare a imparare per sempre.
    La persona che ci insegna cercando di sovrastarci col suo “sapere” in realtà non insegna, ma esercita un potere.
    La persona che ci “misura” e ci fa sentire inadeguati imponendoci i suoi parametri non è un intellettuale onesto (nel senso pieno del termine).
    A me questo francamente dispiace.
    Imparare si può, e molto, anche da soli purchè si abbiano gli strumenti.
    Ma solo se siamo profondamente liberi impariamo a volare.
    Il volo è andare oltre il proprio peso, oltre le proprie paure: è vincere una sfida.
    Il vecchio maestro rassicurante, Marinelli, si impossessa di noi e ce lo terremo sulla groppa per sempre e cammineremo guardando lui e non il cielo nè le stelle nè i sassi della strada.
    Una persona che discute, che ti provoca, che accetta di essere messo in discussione è, invece, un bravo maestro che non ti darà mai certezze.
    Il web, questo tanto demonizzato web è pur sempre uno strumento : ma molto più potente di tanti saperi cristallizzati. E’ interattivo e ti costringe ad interagire.
    E’ comunque preferibile a un vecchio maestro sussiegoso.
    Si fida Marinelli?
    Spero di no!
    Verifichi.

  27. Gentile Mariaserena
    se? Se? Se continuiamo tutta la vita ad aver bisogno di mentori o istitutori? Dipende! Se a un certo punto della sua vita decide di non apprendere più qualcosa da qualcuno, non c’ è problema, ma io mi stavo riferendo a studenti adolescenti: riguardo a loro, penso proprio di si. Le mie “esperienze scolastiche” mi dicono palesemente che uno studente può “rielaborare” qualcosa solo se ha, appunto, qualcosa nella zucca, perché dal vuoto può derivare solo il vuoto. Il compito della scuola non è SOLO, ma ANCHE quello di trasmettere “informazioni”, “dati”, ecc. altrimenti si finirebbe coll’ imbastire inconcludenti discorsi sulla più sterile vacuità. Ultimamente, mi pare che col pretesto di evitare un insegnamento troppo “nozionistico” che fa “ingurgitare notizie”, si siano un pò perse di vista le “notizie” e i contenuti autentici dei vari insegnamenti. Poi, devo ammettere che le espressioni “maestro che ci sovrasta col suo sapere”, che “ci misura” e addiritura “ci fa sentire inadeguati” imponendoci “i suoi parametri” mi sconcertano non poco. Lei dice che “solo se siamo profondamente liberi impariamo a volare”, ma non so se si è accorta che i giovani uccellini prendono lezioni di volo dai genitori finché non sono del tutto in grado di solcare i cieli. Comunque sia, tutto il suo discorso, secondo me, difetta esclusivamente di “pratica”. Non dico che non possa funzionare IN TEORIA, ma dico che non funziona IN PRATICA. Lei mi deve spiegare (dal momento che la scuola non è un’ astrazione) perché l’ insegnante di una VERA SPECIFICA materia, in una VERA classe, di fronte ad un VERO studente, non debba “misurare”, ossia valutare, i suoi elaborati. Mi spiega che vantaggio ricaverebbe l’ alunno dall’ assenza della minima valutazione? Forse che nel mondo del lavoro non occorra rendere? Se un mio studente scrive sul compito che 2+2=5, incorrerà senza discussioni nel mio disappunto; se ciò lo farà sentire “inadeguato” pazienza, sopravviverà e imparerà. O anche, mi spiega che vantaggio ricaverebbe dall’ essere valutato positivamente sia consegnando un elaborato elegante e ortograficamente corretto sia un pezzo di carta imbrattato e illegibile? Pensa che il datore di lavoro potrebbe non licenziarlo in tronco di fronte al suo “diversamente essere creativi”? E se chi ci “sovrasta” col suo sapere esercita un “potere” su di noi ma sa insegnare e trasmettere profiquamente la conoscenza, c’ è poco da lamentarsi; quel “potere” diventa il nostro potere. E’ (o dovrebbe essere) del tutto superfluo ricordare che per tutto il corso della storia i giovani hanno imparato “trasmisssivamente” da insegnanti più anziani, spesso molto (troppo) severi, a volte noiosi, poco inclini a veder messa in discussione la materia d’ insegnamento, insomma “cattivi” maestri come abbiamo convenuto di chiamarli. Eppure, nonostante questo, la produzione culturale dell’ umanità non ha fatto che aumentare e accelerare grazie ad innovazioni, nuove idee, spesso vere e proprie rotture con il passato, fino a livelli che al momento, mi creda, sono al di là di ogni più ottimistica previsione. Con questo non voglio dire che le cose potrebbero stare solo così e le sue idee sono completamente sballate, ma cerchiamo di non farci affascinare da un’ infida ricerca della perfezione e stiamo con i piedi per terra. Sono d’ accordo che molto si basa sul fatto di avere a che fare con “buoni” insegnanti, ma, ripeto, la scuola di una volta, pur con tutti i suoi difetti e i suoi maestri “cattivi”, ha reso molto a questo paese e alla conoscenza umana. Questi sono meriti che vanno riconosciuti, e nessuna critica doverosa può e deve offuscarli. Il suo “modello”, diciamo così, di scuola, mi pare che 1) sopprima molto più di quanto non proponga, e 2) a livello pratico, di rendimento, non mi sembra poi un granché, viste le prestazioni di molti studenti italiani (ma non solo).

  28. Vedo che a lei, Marinelli, piace giudicare, misurare, definire e valutare. Bene bene.
    Misuri, misuri quello che le pare, ma prima potrebbe dimostrare (cosa che manca completamente nel suo lungo e perentorio affermare) di avere almeno competenze adeguate per farlo e non limitarsi a riciclare tutti i vecchi discorsi che abbiamo pazientemente ascoltato.
    Quest suo intervento è una requisitoria che peraltro si avvale di un linguaggio datato. lei parla di “zucche“?
    Ma … è sicuro di quello che dice?
    Lei pensa davvero di parlare da una inesauribile fonte di saggezza dicendo “le mie “esperienze scolastiche” mi dicono palesemente che uno studente può “rielaborare” qualcosa solo se ha, appunto, qualcosa nella zucca, perché dal vuoto può derivare solo il vuoto” ?
    Lei sbarca in un blog e aggredisce; riceve risposte ragionate e allora che fa? Ribatte perentoriamente a lunghi argomentati ragionamenti che le sono stati dedicati ripetendo, i soliti slogan sulla vecchia buona scuola di una volta (della quale potremmo replicare con maggior competenza di lei dicendo tutto il male possibile) e, non contento si rivolge a me perentoriamente e proclama “Comunque sia, tutto il suo discorso, secondo me, difetta esclusivamente di “pratica””
    Ma non si sente nemmeno un po’ stravagante, ridicolo, assurdo?
    Davvero questa è una arroganza inaccettabile, è uno scimmiottamento di un vecchio e stantio modello di chi non sa confrontarsi con gli altri.
    E’ questa l’esperienza grossolana che le hanno insegnato la sua amata vecchia scuola, l’università, la vita?
    E su modalità questo lei viene rispondere?
    La scuola di una volta… Ma che significa?
    Non s’accorge che parla del … nulla?
    E di quanti anni fa parla?
    Non si accorge di quanto indefinito, generico, fumoso è questo modello?
    Come mai, perché e a quale titolo si sente autorizzato a dare addirittura un giudizio di valore e merito su quello che dicono persone, come me ad esempio, che parlano per esperienza, ricerca didattica e studio e non per dare ragione a qualcosa o qualcuno che lei, evidentemente, vuole assistere e difendere?
    Lei si permette frasi francamente poco opportune e scrive: “cerchiamo di non farci affascinare da un’ infida ricerca della perfezione e stiamo con i piedi per terra” .
    “infida ricerca”?
    “perfezione”?
    “piedi per terra”?
    E dove? Tra le sue “zucche”? O nell’orticello che le è caro?
    Ma da quale pulpito di sapienza, da quali esperienze, studi, pratiche educative viene questa sicurezza e acido sussiego?
    Dunque lei afferma che se un “mio studente scrive sul compito che 2+2=5,” quello “incorrerà senza discussioni nel mio disappunto”
    Ma dove insegna lei Marinelli?
    Ah, dimenticavo.
    Insegna alle zucche. Fortunato: ce n’è tante per il mondo!
    Perfetto dunque: e degne di lei Marinelli.
    Perché qualunque insegnante appena appena infarinato di didattica saprebbe che se uno studente scrivesse “2+2=5” l’insegnante medesimo dovrebbe interrogarsi su come ha saputo fare il suo mestiere.
    Ma già, lei giudica, non fa altro che giudicare.
    Eppure, lo sa? non le conviene!
    Ma sarò clemente, Marinelli: nel nome di quel 3 in italiano che ella anche questa volta si è ben meritato grazie alla perla ortografica che adorna anche questo suo scritto; mi consentirà che la citi:
    “E se chi ci “sovrasta” col suo sapere esercita un “potere” su di noi ma sa insegnare e trasmettere profiquamente la conoscenza, c’ è poco da lamentarsi;…”
    PROFICUAMENTE, Marinelli, proficuamente!
    Lo scriva 50 volte.
    Poi scriva anche sul quaderno dei compiti a casa, 20 frasi con l’avverbio “proficuamente”.
    Ad esempio: “devo studiare l’ortografia proficuamente” perché sennò la prof mi darà dell’asino, ma io sopravviverò, non sono una zucca io!”
    Certo… la buona scuola di una volta!
    Che dirà il suo buon maestro Giorgio Israel di questa sua performance ortografica? Anzi, sa che le dico? Gli faccia firmare il suo compito prima di ripresentarsi.
    Altrimenti non la faccio entrare in classe e andrà a parlare col preside.

  29. Mariaserena, non otterrà un granché redarguendomi sull’ ortografia. Mi scuso per gli errori, ma sono abituato a scrivere molto veloce al computer e, in un momento di disattenzione, penso possa capitare di sbagliare l’ uso di una lettera. Forse a lei non capita mai, ma io pensavo di non dover dire anche questo; si vede che mi ero sbagliato. Lei potrà anche dire che io “aggredisca”, ma l’ esposizione di opinioni molto dissimili dalle sue non è un “aggressione”, e non mi sembra di aver avuto un tono molto offensivo nei suoi confronti. Mi si dice che non so confrontarmi, ma se “confrontarsi” vuol dire sostanzialmente darle ragione a priori, allora è vero. Vorrei ricordarle che al mio “sbarco” su questo blog, sono stato definito dopo un solo commento “reazionario”, “nemico della libertà”, “nemico dei giovani”, ma non mi sono messo a sbraitare e a insultare a mia volta. Io le ho semplicemente espresso le mie opinioni e, sì, l’ ho incalzata con delle domande, ma finora non ho ricevuto molte risposte. Queste poi sono state “ragionate”, ma sono “ragionevoli”?Vede, io non dubito che lei potrebbe replicare con maggior competenza di me dicendo “tutto il male possibile della vecchia scuola”, ma volevo semplicemente farle osservare che tutti i difetti della vecchia scuola non possono offuscarne i pregi, e che questo vale per tutto. Se si cercano i difetti delle cose, stia pur certa che si troveranno, ma limitarsi a questo non è un attività che abbia molto senso, non crede? Lei si sente offesa quando le chiedo di scendede un pò più a livello di pratica? E che c’ è di offensivo? Mi accusa di parlare del “nulla”, ma nei miei interventi ho citato degli esempi e dei casi particolari, a differenza di lei (mi sembra), e potrei citarne ancora. La mia “sicurezza” (in realtà non è granitica certezza ma una modesta esperienza) viene semplicemente dall’ insegnamento della disciplina che mi compete, ossia la matematica. Se ci fa caso, io non mi sono permesso di “dare un giudizio di valore” in generale delle sue opinioni, ma soltanto di singoli aspetti e singole situazioni specifiche e “pratiche”, come l’ effettiva attuazione delle sue idee in una classe di alunni e di fronte alla necessità di valutarli. Pensavo di poter dire qualcosa anche io, su questo aspetto; speravo di poter scendere più nel dettaglio con lei. Resto in attesa delle sue risposte, ma voglio puntualizzare una cosa. Io non mi sento “stravagante”, “ridicolo”, “assurdo”, ma trovo incredibilemnte “stravagante”, “ridicolo” e “assurdo” sentirmi dare dell’ incompetente da gente che mi dà l’ impressione di vivere ancora in un passato che sarebbe ora di chiudere. Ma non sono un pò “stravaganti”, “ridicole”, “assurde” anche alcune affermazioni come il fatto che gli studenti hanno una durata di attenzione molto bassa e che occorra tenerlo presente per non cadere nella noiosità (quanto tempo dovrei impiegare per spiegare un singolo argomento?), che occorra ridere e farsi “beffe” dell’ autorità (non meglio specificata), soprattutto alla luce del fatto che siamo nel 2010 e non negli anni sessanta, e che una classe di alunni non è una comunità hippie?

  30. Chiedo scusa, forse non dovrei neanche intervenire (in fondo non sono neanche il … padrone di casa) però mi permetto di far notare (e la cosa mi spiace) che la discussione, da schietto confronto di idee ed argomentazioni sta un po’ degenerando in uno scontro personale, anche piuttosto acre.
    Nel merito della questione, cui mi piacerebbe che si tornasse, mi sento di concordare col sig Marinelli, se correttamente deduco da ciò che scrive, riguardo al ritenere un adolescente cognitivamente capace di autodirezione e controllo del proprio apprendimento. Le più recenti ricerche delle neuroscienze cognitive ci dicono che gli adolescenti non hanno sviluppato ancora un controllo endogeno dei comportamenti e necessitano di una guida esogena, esterna. L’idea del ragazzo in grado di stabilire da sé cosa è meglio imparare è, come credo converrete, sbagliata: la guida forte del docente è imprescindibile come anche la consapevolezza del discente della propria “dipendenza” da quella guida non solo come erogatore di conoscenze/contenuti e suscitatore di apprendimenti significativi ma, anche, come verificatore/validatore dei propri progressi cognitivi, dell’aver imparato ad imparare.
    Tutto questo con la consapevolezza della modestia del mio contributo in rapporto alla complessità e difficoltà del tema …

  31. @ M.Molino: Una cosa è vera, qui si discute in casa d’altri.
    Quanto al resto siamo sicuri (senza nemmeno un dubbio…) che “la discussione, da schietto confronto di idee ed argomentazioni sta un po’ degenerando in uno scontro personale, anche piuttosto acre.” ?
    Il discorso è parecchio diverso, a mio parere: … e io c’ero.
    Il mio precedente intervento, che confermo, era in pieno stile “scuola anni ‘50” non se n’è accorto nessuno?
    Eppure quello era spesso quello proprio lo stile che ora si rimpiange.
    Certo l’effetto è diverso se va ad applicarlo.
    Ci vuole tanta pazienza.
    Altrettanta pazienza è necessaria per sottolineare (pacatamente) che io non ho mai detto che un ragazzo adolescente sia “in grado di stabilire da sé cosa è meglio imparare”.
    Trovo perfino assurdo doverlo dire.
    Che scopo ha, chiedo, voler deformare quello che dice un interlocutore?
    E Marinelli? Gli faccio tanti sinceri auguri. A lui e ai suoi eventuali studenti. Forse saranno utili.

  32. @Mariaserena
    Mi spiace che la prendi così. Non intendevo deformare le tue parole o il tuo pensiero.
    L’affermazione che un adolescente non sia “in grado di stabilire da sé cosa è meglio imparare” (che, comunque, non ti ho attribuito) mi serviva solo come spunto per arrivare a concludere, in parziale accordo con il sig Marinelli, sull’importanza della valutazione del discente che ha (o può avere a certe condizioni) anch’essa una forte valenza educativa e formativa.
    Tutto qua.

  33. ringrazio mariaserena per gli auguri, che sono sempre utili e graditi. Mi permetta di ricambiarli.

  34. @ Elisa
    Nel (suo) tuo grottesco linguaggio, certamente enfatizzato nel la forma per meta-comunicare quanto grottesca sia la forma e la sostanza del nostro discorso dici una cosa importante: non hai capito che il nostro discorso non è affatto diretto ai giovani, agli studenti .. è una conversazione fatta tra di noi, non certamente ministeriali e parrucconi (non so chi/cosa sia Martinelli che ho avuto il piacere di conoscere nell’occasione di questo civile confronto). I termini sono quelli di ogni discorso che gli adulti fanno tra di loro. Sono certo che nessuno di noi si rivolgerebbe ai giovani usando i concetti, i contenuti e il linguaggio che usiamo qui. Nessuno di noi si comporterebbe da folle parlando della fame ad una persona che muore di fame. Ma ci sono contesti in cui è saggio e utile parlare della fame nel mondo e su come eliminarla.

    @ Martinelli
    Tutta la sua argomentazione sulla scuola che vorrebbe è estremamente logica ma, a mio avviso, ha il solo ma grande difetto di confondere il sintomo con la causa e lei e quelli che la pensano come lei (e hanno tutto il diritto civile di pensarlo, ci mancherebbe) si ostinano a curare con accanimento il sintomo ignorando di intervenire sull’origine. Le “cure” che proponete – tutte orientate al recupero del passato – non solo non sono inefficaci ma peggiorano lo stato del malato. Terapia sbagliata rivolta all’organo sbagliato. Ma il vostro più grande errore non sta nella terapia (comunque sbagliata) ma nel non aver capito il male per non aver capito il malato. Spero che qualcuno vi fermi (politicamente) prima che facciate danni peggiori di quelli che avete già fatto.

    Sperando di non infliggerle ulteriore sofferenza per come “maltratto” (argomentativamente, s’intende) il signor Israel ma, a supporto della mia conclusione, le segnalo qualcos’altro che ho scritto e che mi pare pertinente con l’oggetto che stiamo trattando.

    http://www.giannimarconato.it/2009/09/la-scuola-gelmini-israel-non-serve-a-nessuno/
    http://www.giannimarconato.it/2009/11/i-10-errori-delleducazione/
    http://www.giannimarconato.it/2009/09/caro-preside-ti-scrivo/
    http://www.giannimarconato.it/2009/09/il-degrado-della-scuola-italiana/

    Sul fatto di capire – e non giudicare per non condannare – la persona che abbiamo davanti (il nostro studente) le segnalo:
    http://www.giannimarconato.it/2010/01/come-apprende-un-nativo-digitale-una-testimonianza/
    http://www.scribd.com/doc/24475078/Emergenza-educativa-e-nuove-tecnologie-Stimoli-per-una-riconsiderazione-della-questione

  35. @ Marconato
    Leggerò tutto con attenzione, ma ci vorrà un pò. Spero che questi link mi aiuteranno a capire nello specifico dove come e perché sto contribuendo a peggiorare lo stato del malato. Certamente, ritengo che riprendere confidenza con alcune vecchie abitudini sia utile, ma non pensi che quello che vorrei è un’ inversione a U e un ritorno senza se e senza ma al passato (anche chi è di una certa parte politica non è necessariamente TOTALMENTE d’ accordo con le decisioni della dirigenza). Forse non si nota molto nei miei precedenti commenti, ma (personalmente) penso che, tout court, quella scuola sia ormai definitivamente improponibile. Sono cambiate troppe cose. Basta pensare al numero degli studenti, al colore della loro pelle, a internet (appunto), ecc. Senza contare, poi, che la restaurazione di quella scuola (anche se fosse possibile) comporterebbe il ritorno dei suoi pregi, certo, ma anche di tutti i suoi difetti. Tali difetti la renderebbero, però, molto problematica al giorno d’ oggi, e saremmo punto e a capo. Quello che vorrei è preservare ciò che di buono e valido essa proponeva unitamente ad un’ integrazione con le novità disponibili oggi, che non possono e non devono essere ignorate. Naturalmente, cerco anche di oppormi ad alcune iniziative e proposte attuali che mi sembrano prive di senso. Concludo chiedendole se, invece, pensa lei di avere commesso degli errori, ma mi sarebbe utile anche conoscere i motivi per cui non le piace la scuola “vecchia”, così da avere una visione migliore del suo pensiero.

  36. Gentile Martinelli, se per recupero di qualcosa della scuola del passato intende riferirsi al recupero della buona educazione, del rispetto di tutti per tutti, al saper vivere in una comunità …allora concordo con lei. Ma, purtroppo, accanto a questi ritorni al passato non vedo altro.Di positivo.
    Il partire, poi, prorio da questi aspetti – marginali – e usarli come sono stati usati (il principale contenuto della comunicazione sulla scuola, sulla “riforma” della scuola”, una comunicazione evocativa nel tentativo di rassicurare), hanno assunto la funzione di un vero e proprio messaggio, di indicazioni programmatiche, di una vera e propria visione della scuola. Quindi, o un messaggio povero o un messaggio furbo.
    Che dire, poi, degli attacchi ai pedagogisti, alle “metodologie” … a tutti i tentativoi di svecchiare la scuola con didattiche più vicine allo stato dell’arte di questi ultimi 20 anni di ricerca sui processi cognitivi e sull’apprendimento?
    Una vera e propria strategia restauratrice a 360 gradi. Altro che “ritorni al passato marginali”
    Io, contro la scuola del passato non ho nulla a patto che se ne stia nel passato. Ammesso che quella scuola fosse stata adeguata a quei tempi (non mi interessa saperlo perchè non mi occupo di dietrologia), non lo è oiù a quelli attuali e non lo sarà neppure ai tempi futuri. Ogni epoca ha le sue specificità e per ogni epoca vanno trovati “strumenti” utili per viverci. A me interessa ascoltare il presente e cercare di capire qualcosa di come potrebbe essere il futuro. Cerco di leggere il presente per quello che è (e non èp facile, glielo assicuro) non non in termini di diffrenze – semptre col segno -. con il passato assunto a modello, a pietra di paragone. Mi sforzo di capire, non di giudicare. Se non mi interssa valutare la scuoal del passato, mi interessa, eccome, valutare quella del persente. E questa scuola non mi piace per nulla. Non mi piace la sua organizzazione, non mi piace la sua didattica (che è quasi totalmente trasmissiva, nozionistica, deterministica, lineare, semplificatrice …).
    Legga il mio ultimo post e avrà modo di avere qualche informazione in più su come la penso.
    http://www.giannimarconato.it/2010/03/la-scuola-oggi-un-punto-di-vista-politico/

    Tre le seganalazioni fatte nella mia precedente replica mi ero di emticato di farle una segnalazione. Ovvio ora alla mancanza segnalandole un momento di ironia http://www.giannimarconato.it/2010/03/grembiulini-cateteri/.
    La saluto, ringraziandola ancora per la possibilità di confronto che mi ha dato con i suoi interventi qui. E’ dal confronto tra punti di vista differenti che ognuno di noi migliora im proprio pensiero.

  37. @ Marconato, sfortunatamente non sono del tutto d’accordo con lei, ma penso che possiamo ugualmente capirci.
    Sono persuasa che la scuola del passato abbia fatto anche danni e ho molto contro quella scuola.
    Naturalmente si tratta di esperienze che possono essere diverse da persona a persona, ma non posso dimenticare (e vorrei descriverli ai più giovani o a chi si fosse dimenticato) i miei compagni e compagne emarginati solo perché provenienti da ambienti famigliari che, socialmente o culturalmente, venivano considerati inferiori e inadeguati anche ad avere l’opportunità di studiare. E per loro, nei “rosei” anni cinquanta-sessanta chi perdeva la scuola perdeva tutto! Non c’era nient’altro per chi veniva da famiglie spesso ancora analfabete o appena appena alfabetizzate.
    Ma chiudo subito questo discorso, pronta a riaprirlo solo se sarà necessario.
    Volevo tornare invece su uno degli argomenti del suo post, ossia l’atteggiamento astioso e carico di pregiudizio contro i tutto ciò che è Internet e “cultura giovanile”
    Come vede ho virgolettato. Chi vuole dissenta o distingua (legittimamente se crede) tra Cultura (maiuscola) cultura giovanile (minuscola)
    Io contesto il fondo di questo ragionamento.
    A chi voglia proporsi come insegnante e formatore di giovani generazioni NON può e non deve essere consentito mai di porsi di fronte a un suo allievo con l’atteggiamento del giudice. Questo è contrario ai principi pedagogici essenziali e di base. Questo è diseducativo e violento. E uso le parole con cognizione di causa.
    Per questo ho apprezzato il tuo post, Gianni Marconato. Su questa linea non si arretra.
    Chi intende educare i giovani deve innanzitutto capire chi ha davanti.
    Altrimenti (bene che vada) applicherà solo uno schema. E male che vada provocherà reazioni gravemente negative anche per tutti noi.
    Non aggiungo altro
    Come lei sa ho scritto tanto su questo argomento, ma tanto c’è ancora da scrivere. L’importante è lasciare tracce profonde; prima o poi saranno riconosciute e i tentativi di rinnovamento di classismo finiranno. So di non essere sola in questa convinzione.

  38. ora ho capito da dove nasce il bi-post che ho letto sul ning 😉

    amici, non perdiamo tempo in discussioni superate da tempo.
    chi rema contro e si batte per un ritorno all’ordine è un nemico dell’apprendimento e un nemico dei giovani. si può discutere su tante cose ma su questo non perdiamo ulteriore tempo. almeno tra di noi che ci ribelliamo allo status quo. avanti.

  39. E’ vero, Antonio, il tempo che si dedica a queste discussioni è tanto; i fatto è che combattiamo una battaglia che ha anche bisogno di divulgazione fatta da persone competenti. Sul web passano non solo specialisti (o pseudo tali) e persone esperte ma anche persone curiose e forse anche dubbiose.
    C’è una diffusa preoccupazione, nel mondo degli adulti, e non solo dei genitori, sulle sorti dell’educazione dei ragazzi.
    Vedo che spesso argomenti suscitati da noi blogger escono dopo poco anche sui giornali.
    Tanto più certamente interessa un sito come questo dove il blogger è anche un esperto di formazione ben conosciuto, o quello creato da te.
    E ora avanti, certo.

  40. Egr. Marconato,
    ho letto gli articoli ai link che ha postato e (dopo averne esaminati anche altri) penso ora di avere una visione più ampia delle sue opinioni. Di fronte al materiale che mi ha indicato, non ho potuto fare a meno di dilungarmi un po’; al momento credo che il mio commento sia un po’ troppo lungo per postarlo sul suo blog. Se pensa che possa interessarle, lo invierò via e-mail.

  41. Egregio Marinelli,
    la prego di postare – pur se si tratta di un commento lungo – qui nel blog. La nostra è una conversazione pubblica fin dall’inizio e credo che tale debba rimanere.

  42. @ Antonio, @ Mariaserena. E’ fuiri di dubbio che si vada avanti, Ognuno con il prorio stile e con i propri contenuti.
    Da quel che si legge nella conversazione che è seguita al mio post, grazie al contributo “divergente” di Martinelli (che ringrazio ancora e per davvero)è che questa scuola non piace proprio a nessuno. Divergiamo, però, in quanto a vie d’usita. C’è che propone il recupero di approcci adottati nel passato perchè a loro dire, se hanno funzionato una volta, non si vede perchè non debbano funzionare ancora. Per questa fazione, i mali della suola d’oogi sono tutti dovuti alle “innovazioni” che si sono succedute. Altri, tra cui il sottoscritto, propongono di ricercare strade nuove perchè nuova è la realtà e nuovi dovrà anche essere la scuola. Per questa fazione i mali della scuola oggi sono dovuti ad una innovazione che è stata scarsa, poco estesa e poco coraggiosa..Per questa fazione la scuola oggi è fin troppo conservatrice; la grande massa degli insegnanti è conservatrice e arroccata ad un passato che non esiste già più; è arriccata alla difesa di una posizione che solo difesa di un ruolo personale, non è difesa di un modello, di un’idea di scuola. La critica che questa fazione muove all’attuale Governo è di sostenere questo conservatorismo, di attuare misure di pseudo-innovazione, di puntare allo smantellamemnto della scuola pubblica. Ovvio che questa posizione, accanto ad argomentazioni tecniche, sia portatice, anche di posizioni politiche (nel senso nobile del termine)

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