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Da una serie di scambi tra peones

La scuola italiana è riformabilissima nelle dotte disquisizioni di tanti cosidetti “esperti” e nelle fantasie di tanti insegnanti più o meno illuminati.

Oppure può essere riformata solo a parole, tanto oramai siamo capaci di attribuire più concretezza alle parole che ai fatti. Perché faticare a fare realmente le cose quando basta dire che lo si è fatto? Approccio tipico di tanta innovazione a scuola, non solo in Italia

Nei fatti, la scuola italiana non è riformabile. Soprattutto se al termine “riforma” vogliamo attribuire quel significato che Simone Idro Ariot definisce in un suo pregevole post

….. riforma significa assegnazione di una nuova forma, una presa d’atto che modifica in modo importante un soggetto assegnandoli una forma nuova, una nuova immagine, anche molto differente dalla precedente

da non confondersi con mere operazioni di facciata, ovvero …

… operazioni di restyling, in cui il cambiamento, la trasformazione, è risultato minimo, a volte invisibile, rispetto la dimensione totale dell’oggetto.

Con un po’ di memoria storica, posso affermare che la scuola italiana sia davvero irriformabile: troppe debolezze nei politici che dovrebbero operare scelte sensate, troppo brevi le permanenze al Ministero dei Ministri di turno (anche per nostra fortuna, visto il profilo degli ultimi titolari di viale Trastevere), troppo divergenti le idee di scuola presenti negli addetti ai lavori e, cosa più importante, nella società.

Sulla divergenza di visioni presenti nella nostra società, come ostacolo alla costruzione di una riforma davvero condivisa, un buon contributo me lo offre Silvio Barbata, uno dei tanti peones che incontro in rete e con cui discuto, non sempre amabilmente, e da cui sono separato da opposte posizioni culturali e politiche, al di là di alcune convergenze.

L’idea forte di Silvio è che non si sia giunti ad una riforma solida della scuola perché nella società italiana non vi è una condivisione etica, culturale e politica di cosa debba essere la scuola, del cosa debba servire e del come dovrebbe essere realizzata. Non esiste, in buona sostanza, un’idea condivisa di scuola e per questo nessuna riforma non è mai stata possibile e mai lo sarà. Ottimisticamente, Silvio identifica, comunque, sette questioni su cui si potrebbe tentare la costruzione di una base di riferimento comune:

Caro Gianni io lo dico da anni…allora si vede che avevo ragione (un modello di scuola condiviso) secondo me è possibile se si abbandonano i preconcetti ideologici sulla scuola, retaggio di un 68 ormai lontano nel tempo e nell’ethos…ci sono sette macro ambiti da abbattere e ricostruire:

1) i ruoli, le varie figure professionali che operano nel Sistema;

2) gli organi collegiali;

3) i cicli scolastici;

4) il tempo scuola;

5) la didattica e la valutazione (per es. compiti a casa);

6) l’impostazione metodologica e pedagogica (personalizzazione della didattica);

7) gli ambienti (architettura e arredi).

Per fare ciò non è sufficiente il solito ministro un po’ megalomane e narcisista (in fondo stupido e umanamente immaturo…aveva ragione Platone, sono i filosofi che dovrebbero governare) che vuole lasciare la sua impronta nella storia…occorre impostare una ricerca seria e pianificata nominando delle commissioni regionali di docenti (tra coloro che si candidano) insieme ai sindacati coordinati dal Ministero in modo da elaborare un Progetto scuola che stabilisca i nuovi parametri in astratto (per es. la figura dell’insegnante: riqualificazione, retribuzione ecc.) questa fase dovrebbe durare non più di due anni; la seconda fase sarebbe l’iter giuridico parlamentare per l’approvazione di un disegno di legge di riforma…il resto è in discesa…

Si, Silvio, prima tutto questo e poi la strada sarà in discesa. La questione, e l’inghippo, è proprio nel trovare punti di convergenza per evitare che ognuno osteggi e boicotti il progetto che non risponde alla propria visione.

In attesa di convergere (dice nulla Il deserto dei Tartari?) e per non rimandare all’infinito una riforma vera, che fare?

O si rinuncia, ci si adegua e ci si adagia oppure si cerca di fare qualcosa nel giorno per giorno. Piccole “riforme” nell’azione: il dirigente illuminato che riesce a creare le condizioni  per una scuola diversa, gli insegnanti che  cambiano le proprie idee e le proprie pratiche.

Facile? Non saprei …… ma le sole cose possibili.

P.S. Sto notando che sta prendendo forma un interessante movimento sul miglioramento della scuola. Non più e non solo le solite cose che arrivano, con impatti incerti dall’accademia, ma dalla scuola stessa. Ancora incerto, con tante ingenuità, ma qualcosa si muove

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Un pensiero su “Perché è impossibile riformare la scuola italiana?”

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