LA SCUOLA NON DEVE PREPARARE AL LAVORO MA ALLA VITA. IL LAVORO FA PARTE DELLA VITA, MA LA VITA È ANCHE, E SOPRATTUTTO, ALTRO

L’alternanza non è “solo” un breve periodo di esperienza del lavoro ma è una visione di scuola, una scuola il cui scopo non è di imparare ma di preparare al lavoro, una scuola sempre più professionalizzante e sempre meno per la persona

È compito della scuola preparare al lavoro? Se si, in quale senso la scuola deve preparare al lavoro?

Un paio di riferimenti ufficiali per inquadrare il discorso.

Dal sito del ministero: cos’è l’alternanza

L’alternanza scuola-lavoro … è una delle innovazioni più significative della legge 107 del 2015 (La Buona Scuola) in linea con il principio della scuola aperta

Un’esperienza formativa innovativa per unire sapere e saper fare, orientare le aspirazioni degli studenti e aprire didattica e apprendimento al mondo esterno.

Perché l’unica risposta strutturale alla disoccupazione è una scuola collegata con il mondo del lavoro. (*)

Con l’alternanza scuola-lavoro, viene introdotto in maniera universale un metodo didattico e di apprendimento sintonizzato con le esigenze del mondo esterno

Dal Decreto Legislativo 15 aprile 2005, n. 77

….. modalità di realizzazione dei corsi del secondo ciclo, sia nel sistema dei licei, sia nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale, per assicurare ai  giovani, oltre alle conoscenze di base, l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro.

… collegare sistematicamente la formazione in aula con l’esperienza pratica
… arricchire la formazione acquisita nei percorsi scolastici e formativi con
l’acquisizione di competenze spendibili anche nel mercato del lavoro
… valorizzarne le vocazioni personali, gli  interessi e gli stili di apprendimento individuali
… realizzare un organico collegamento delle istituzioni scolastiche e formative con il mondo del lavoro e la società civile
… correlare l’offerta formativa allo sviluppo culturale, sociale ed economico del territorio.

Uno dei temi caldi della scuola contemporanea (e moderna) è la così detta “alternanza scuola lavoro”: un periodo che tutti gli studenti delle scuole del secondo ciclo devono passare in ambienti lavorativi con gli scopi indicati qui sopra.

Il mondo del lavoro è certamente una dimensione rilevante per ogni persona, una situazione che ogni persona dovrà agire prima o poi, una realtà che è bene affrontare nel miglior modo possibile, arrivare a lavorare adeguatamente preparati sul piano tecnico e consapevoli di cosa significhi “lavorare”.

Per una giovane persona che frequenta oggi la scuola, la realtà del suo futuro sarà fatta di:

  • La vita sociale in tutti i suoi aspetti: la ricchezza e la povertà, la giustizia e l’ingiustizia, il merito e l’appartenenza …
  • L’ambiente con il suo uso responsabile e la sua distruzione …
  • Il sistema economico con le sue opportunità e le sue diseguaglianze, il profitto per pochi e le briciole per molti …
  • Il mondo della politica dove il “bene comune” diventa la scusa per il bene personale, dove la delega diventa appropriazione …
  • Il sistema della comunicazione dove la “verità” è quella di chi controlla economicamente o politicamente i mezzi stessi …
  • Il lavoro sempre più scarso, precario e mal pagato, delocalizzato …
  • La “cittadinanza” tra diritti affermati (tanti) e goduti (pochi), con i meccanismi reali di godimento
  • ….

Questo è un  elenco provvisorio di situazioni che determinano in modo pesante la qualità della vita di ogni persona, situazioni che possono fare da spartiacque, a seconda di dove una persona si trova, tra una vita vissuta bene (materialmente ed emotivamente) e una vita vissuta male.

Perché mai a scuola, quando si parla di una scuola aperta al mondo, il “mondo” è solo quello del lavoro?

Prendiamo per buone le argomentazioni portate ufficialmente per sostenere l’alternanza (scuola lavoro) e vediamo come potrebbero essere conseguite con modalità diversificate in modo da offrire ai giovani esperienze ricche delle realtà che li circondano.

I sostenitori dell’alternanza tra scuola e lavoro sostengono che un’esperienza di “lavoro” offre ai giovani delle opportunità per fare esperienza cognitiva ed emotiva di situazioni che diversamente non potrebbero fare come:

  • Impegno
  • Responsabilità
  • Resilienza
  • Lavorare duro
  • Lavorare per un risultato
  • Misurarsi con vincoli esterni
  • Rispettare regole
  • Seguire un piano di lavoro
  • Creatività
  • Senso di iniziativa e imprenditorialità (tradurre le idee in azione)
  • Assunzione di rischi
  • Consapevolezza del contesto
  • Cogliere le opportunità

Non è vero che solo il “lavoro” possa consentire simili esperienze significative: si tratta di esperienze e di apprendimenti che possono essere conseguiti in numerosi contesti di ordinaria didattica, soprattutto se impostata nella prospettiva dell’apprendimento significativo e attraverso un buon uso di compiti autentici, oppure in tanti altri contesti che non si prestano ad abusi.

E’ fatto arcinoto che la stragrande maggioranza delle esperienze reali di alternanza non sono coerenti con il percorso di studi, non assicurano alcun apprendimento, sono “lavoro” mascherato, abusivo, non retribuito, sfruttamento, con un termine semplice e corretto.

Se proprio vogliamo offrire ai nostri studenti opportunità di fare esperienza con la realtà, proviamo a creare occasioni e di esperienza dei meccanismi:

  • Del lavoro
  • Della solidarietà
  • Dell’umanità  (ma anche del disumano)
  • Dei conflitti sociali, economici, culturali
  • Della collaborazione (ma anche della competizione)
  • Della condivisione (ma anche dell’egoismo e dell’invidia)
  • Della responsabilità verso l’altro e la collettività

Viviamo (virtualmente) nel mondo del lusso, del successo. Perché non consentire esperienze che mettono a contatto con realtà di povertà o di insuccesso? Paura che si veicolino modelli negativi? Perché non far fare esperienze con realtà come le dipendenze, gli homeless,  gli immigrati, la comunità di Sant’Egidio, la Caritas, i Centri per l’impiego e di ricollocazione di disoccupati, le periferie, il carcere …?

Manteniamoci sul lavoro in senso stretto: il “lavoro” non è solo “lavorare”, è, anche, la sintesi  e la rappresentazione di dinamiche sociali ed economiche, di rapporti di potere tra gruppi con interessi spesso conflittuali. Il “lavoro” oggi non è il lavoro di 10, 15 anni fa e non è necessariamente migliore o non lo è per tutti gli interessi coinvolti.

Perché, allora, non chiediamo agli studenti (che son in un periodi di “formazione” e di “preparazione” ad affrontare la realtà) che devono fare esperienza del ” lavoro” di non limitarsi a frequentarlo per quello che è ma, anche, di investigarlo, di capirlo? Di frequentarlo con spirito d’indagine? Di capire tutte le dimensioni del lavoro? Ad esempio (con riferimento alla realtà in cui si fa alternanza):

  • IL LAVORO: Come si è evoluto il lavoro e perché? Cosa c’è di diverso nel lavoro di oggi da quello di tempo fa? Quanto lavoro c’è?
  • I LAVORATORI: Come sono le condizioni economiche, contrattuali, di salute di chi lavora?
  • IL VALORE ECONOMICO: come viene distribuito il valore creato attraverso il lavoro?
  • IL VALORE PERSONALE: L’importanza del lavoro, la soddisfazione sul lavoro, le malattie correlate al lavoro, cosa significa non avere un lavoro…

Facciamo, cioè, in modo che l’esperienza del lavoro sia un’esperienza completa e non a senso unico.

So che la così detta “alternanza scuola lavoro” si può formalmente tenere anche in contesti non di lavoro (il “lavoro”, quello cui si fa riferimento nei documenti dell’Unione europea e italiani è un’attività dove si produce reddito e dove le persone sono adeguatamente remunerate) come “… ordini professionali e con enti che svolgono attività afferenti al patrimonio artistico, culturale e ambientale o con enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI …” e anche a scuola stessa, allora non si ponga in primo piano il “lavoro”, si ri-centri l’esperienza su di una dimensione educativa e si denomini il tutto “esperienze sociali e di comunità” gestendo adeguatamente il tutto.

Togliamo, così, la retorica del lavoro.

E’ ben conosciuto e applicato il Service Learning, si fanno Community Project, approcci di stretta integrazione tra mondo delle scuola e realtà esterna.

CONCLUSIONE PROVVISORIA.

L’alternanza scuola lavoro segna lo spartiacque tra una scuola fatta per imparare e una scuola che prepara al lavoro adattando le persone alle esigenze del lavoro. I documenti citati in apertura lo dicono chiaramente (da leggere in congiunzione con il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, job act, soprattutto per la parte “apprendistato” e con il decreto 12 ottobre 2015 del Ministero del lavoro.

Le piccole dosi di alternanza ora introdotte sono solo l’antipasto di una spinta vocazionalizzazione della scuola (da “vocational”, professionale, vocational training, formazione professionale). Lo storico statunitense dell’educazione Larry Cuban (**) parla del coding come chiaro segnale di questa tendenza

L’alternanza scuola lavoro segnala la delegittimazione definitiva della scuola stessa dal suo essere agenzia di preparazione delle persone al loro futuro. Una scuola sempre più marginale, irrilevante, privata della sua identità storica, una scuola sempre più eterodiretta.

(*) Un’affermazione forte sul senso dell’alternanza è che “… l’unica risposta strutturale alla disoccupazione è una scuola collegata con il mondo del lavoro”. Siamo al limite della sfacciataggine: la disoccupazione si sconfigge con il lavoro, lavoro che ce n’è sempre meno ed è sempre meno remunerato. Non è colpa delle persone e delle loro basse competenze se non lavorano, si crei lavoro reale e le persone lavoreranno.

(**) https://cacm.acm.org/blogs/blog-cacm/219434-coding-in-schools-as-new-vocationalism-larry-cuban-on-what-schools-are-for/fulltext

APPUNTI PER APPROFONDIMENTI SU LA NUOVA SCUOLA PROFESSIONALE

La questione è che si sta cambiando la natura della scuola, da luogo deputato alla conoscenza del mondo a luogo di preparazione al lavoro (che non c’è, che è sempre più precario, mal pagato, insalubre…)

Sulla trasformazione “professionale” della scuola (vs. luogo di conoscenza) val la pena ricordare che nel job act è previsto che tutti i titoli d’istruzione secondaria e terziaria, master e dottorati di ricerca si possono conseguire anche in apprendistato con una parte significativa di “formazione” (cioè lavoro non pagato) in azienda.

Val la pena ricordare che l’estensione al liceo dell’alternanza è stata presentata come un approccio più avanzato di quello tedesco, al quale tutta la logica dell’alternanza è ispirata. E di questo il governo se ne fa vanto: Siamo più avanti dei maestri tedeschi. Servono altre prove sul vero significato dell’alternanza?

RIFLESSIONI DI ALFREDO TIFI (in una discussione Facebook)

Tutto molto bello. Fa parte della vita e dell’educazione. Ma la scuola non ha questo compito, che da generazioni era affidato alla genitorialità. Mio nonno pagava la bottega del fabbro affinché mio padre imparasse la fatica e la dipendenza padronale. Mio padre mi ha fatto lavorare a stagione per far sì che io imparassi le stesse cose e anche il valore del denaro. Mentre a scuola imparavo il valore della conoscenza. Adesso la scuola deve fare le veci dei genitori? Certo, tanto la conoscenza in sé… chi se ne fotte! Non fa soldi nel mondo dove resta solo la sporca competizione (questo il senso della scuola “pratica” e al passo con i tempi). Io sono per la separazione dei ruoli e per lasciare alla scuola il compito cognitivo, visto che essa non ha rivali in questa funzione, ed ha le potenzialità e l’esperienza specifiche per occuparsene.

Una volta la scuola era teorica, certo. Era il luogo dove un giovane poteva pensare e nutrire il pensiero di una società diversa da quella in cui viveva.

 

 

http://m.orizzontescuola.it/alternanza-scuola-lavoro-uds-40-degli-studenti-pagato-le-aziende-57-non-messo-pratica-propri-studi/

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/03/18/lavorare-tanto-guadagnare-zero-lincubo-di-una-generazione/3458410/

http://www.oggiscuola.com/web/2017/07/08/alessandro-barbero-a-oggiscuola-linsegnamento-e-il-piu-frustrante-dei-mestieri-moderni/ 

http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2017/08/25/ASfw7T4I-sinistra_italiana_polemica.shtml

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