Un anno fa ho tenuto quattro corsi per dirigenti in tema di “competenze”.

In uno di questi corsi un dirigente (liceo) presenta il documento che qui allego e con il quale mette in discussione l’utilità dell’approccio.

Si tratta di un punto di vista interessante in quanto in grado di dare un contributo alla discussione sempre più attuale sulla questione.

IL MIO PENSIERO SULLE COMPETENZE

PREMESSA

Gentili colleghi del gruppo di aggiornamento sulle competenze, come vi ho detto nel primo incontro mi sono iscritto a questo corso perché sono molto scettico sull’approccio della scuola a questo tema cruciale e delicato, siccome finora non ho trovato nessuno che la pensi come me, sono oggettivamente portato a pensare di essere io in torto e per questo ho voluto vedere se ci fossero tesi che mi potessero convincere del contrario.

Devo sinceramente confessarvi che fino ad oggi, pur riconoscendo l’impegno dei nostri formatori e del gruppo di lavoro, non ho trovato valide ragioni per cambiare idea (sono cocciuto!).

Mi piacerebbe, se siete convinti della strada che state percorrendo che riusciste a dare anche a me delle buone ragioni per farlo, ma non vorrei viceversa sottrarre tempo al lavoro più di tipo operativo che volete intraprendere.

Ritengo però doveroso da parte mia esprimere brevemente la mia posizione e mi farebbe piacere avere su queste un vostro parere non necessariamente in sede di incontro, per non sottrarre tempo alla vostra operatività, ma anche tramite questo blog o tramite e-mail privata.

Vorrei sgomberare il campo da un possibile equivoco iniziale:
ritengo che l’attenzione alle competenze da parte della scuola sia importante, quello su cui sono molto critico è il processo che la scuola dovrebbe attuare per favorire la formazione di un alunno competente

DEFINIZIONE DI COMPETENZA La evito perché penso che su questa siamo tutti d’accordo

COSA PORTA ALLA COMPETENZA: A mio parere per esser competente servono: Conoscenze, abilità, capacità, forse anche un po’ di fortuna. La scuola può intervenire sulle prime due, sulle altre due interviene il DNA, i primi anni di vita e a seconda delle vostre convinzioni il caso , Dio, la natura, etc.. Ovviamente alla formazione delle conoscenze e abilità concorrono anche le cosiddette agenzie non formali e informali oltre che la scuola, ma la scuola è quella che ha questo compito istituzionalmente

SI PUÒ MISURARE O VALUTARE UNA COMPETENZA? Secondo me: NO, la competenza si acquisisce sul campo e a lunga scadenza ed è sempre soggetta ad oscillazione. Io dico che il mio medico è competente non perché ha superato un test, ma in seguito ad una frequentazione prolungata nel tempo e al bilancio delle risposte che ha dato nel tempo ai miei problemi e nel tempo questa mia opinione può anche cambiare, se questa mia opinione è confermata anche dalla maggior parte degli altri suoi pazienti, allora forse si può esprimere un parere, anche solo tramite passa parola nella sala d’attesa sulla competenza del medico. Pertanto trovo poco sensato, nonostante ce lo chieda il Ministero, misurare, valutare e addirittura certificare le competenze, a maggior ragione di un ragazzo della scuola primaria o secondaria di primo o secondo grado

COSA DOVREBBE FARE LA SCUOLA? Da quanto premesso la scuola dovrebbe concentrarsi bene nel suo compito principale: favorire l’acquisizione di conoscenze e abilità nello studente e poi misurare, valutare e certificare questa acquisizione.

SI, MA QUALI CONOSCENZE E ABILITA’? Questo a mio parere dovrebbe essere un compito di esperti a livello nazionale, non dei singoli docenti di
ogni singola scuola che non hanno a mio avviso la competenza per farlo. Per intenderci commissioni tipo quelle che hanno elaborato le indicazioni nazionali (o magari un po’ meglio) dovrebbero selezionare conoscenze e abilità propedeutiche alla auspicabile possibilità di sviluppare un cittadino competente, ovviamente le conoscenze e abilità non dovrebbero limitarsi al solo ambito disciplinare ma andrebbero individuate anche quelle trasversali.

PROGRAMMAZIONI PER COMPETENZE, COMPITI AUTENTICI, ETC. … Li ritengo un’assoluta perdita di tempo, artificiosi e rischiosi, parziali nella loro reale efficacia. La scuola invece dovrebbe cogliere l’occasione da ogni situazione reale in cui l’allievo si è trovato a confrontarsi, ce ne sono tante senza bisogno di andarle a inventare artificiosamente (es. gite scolastiche, esperienze di alternanza scuola lavoro, progetti sul territorio, etc ..) per raccogliere indicazioni, tramite focus group, questionari, etc. su quanto le conoscenze e abilità che gli alunni hanno acquisito siano state efficaci per i ragazzi a risolvere i problemi che non erano a priori tutti prevedibili. Questo non per valutare le competenze dei ragazzi (per le ragioni espresse sopra) ma per operare una selezione sulle conoscenze e abilità da privilegiare nell’insegnamento in futuro e magari per mandare delle indicazioni al Ministero su eventuali ritocchi delle indicazioni nazionali (piccolo slancio utopistico).

COSA DOVREBBERO FARE I DIRIGENTI SCOLASTICI? Dovrebbero esplicitare al collegio la propria perplessità, se come me ce l’hanno, invitare i “piani alti” ad una riflessione sul processo in corso e nel frattempo comunque, “incrociando le dita”, lavorare affinché la scuola almeno permetta lo sviluppo nei ragazzi di conoscenze e abilità, e forse ce ne sarebbe in avanzo.

11-09-17

 

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