Anche se giusto e quanto mai opportuno, attaccare le tecnologie è puntare al bersaglio sbagliato.

Alcuni post in blog di colleghi hanno riproposto in questi giorni il tema del senso delle tecnologie (digitali e di internet) nei processi di insegnamento e di apprendimento.

Ciò che ha innescato una serie di scambi molto puntuali, vivaci e nella sostanza pro-tecnologie,  è stata ancora una volta la questione-LIM.

Non che le LIM siano ritenute strumenti inutili, ma le LIM come metafora tanto di un approccio (banale, superficiale, demagogico, mistificatorio) all’introduzione delle tecnologie nella scuola, quanto delle condizioni (difficili, al limite dell’impossibile) dell’innovazione (vera, solida, consapevole, non di superficie) nella scuola.

Rimandando a quei post e alle discussioni associate (link in calce) per i particolari della tematica, la questione posta (quale mi pare emergere dall’insieme) è se le resistenze che tanti insegnanti e la scuola ancora manifestano verso le tecnologie sia una resistenza specifica alla tecnologia o se, invece, non sia la cartina di tornasole di una più vasta, generale, globale resistenza al cambiamento e all’innovazione da parte della scuola (come istituzione) e degli insegnanti (come attori del cambiamento).

Trasversalmente a questa super-questione sono presenti nelle citate discussioni quelle:

  • della politica di inserimento delle tecnologie a scuola e
  • dell’uso didattico a valore aggiunto (per l’apprendimento e non per l’insegnamento) delle tecnologie stesse.

Considerato che sono anni (10, almeno) che si parla diffusamente di tecnologie didattiche, si dovrebbe presumere che i fondamentali siano chiari e condivisi:

  • le tecnologie servono,
  • le tecnologie sono strumenti,
  • le tecnologie vanno usate in un progetto didattico consapevole e metodologicamente fondato, …),

ma così non è:

  • ci sono esplicite e argomentate resistenze (se non ostilità) verso le tecnologie,
  • ci sono molti usi imitativi (di quella didattica tradizionale che si vorrebbe superare proprio con le tecnologie) e
  • privi di intenzionalità didattica,
  • le tecnologie sono spesso il fine e non il mezzo (anche se si giura il contrario)

In aggiunta siamo in presenza di macro e micro politiche per l’innovazione scolastica e  didattica che ignorano l’intero stato dell’arte che si è venuto a costruire in questi ultimi anni.

Per farla breve: le tecnologie a scuola sono ancora una questione aperta, controversa. Le tecnologie sono ancora sotto processo.

Mi piacerebbe poter mettere qualche punto fermo sulla questione per non ripartire sempre dalla solita domanda: le tecnologie servono?

Mi piacerebbe che la consapevolezza sull’uso sensato e utile delle tecnologie non fosse patrimonio professionale e culturale di una elite/avanguardia ristretta di insegnanti e operatori dell’educazione (professionisti, accademici, operatori economici).

Mi piacerebbe che alle tecnologie si attribuissero i meriti e le colpe che sono loro proprie e che si facesse chiarezza sulle condizioni, sulle responsabilità, sulle colpe dell’innovazione educativa e didattica.
Vogliamo mettere e condividere qualche punto fermo su queste annose e sempre aperte tematiche?

Vogliamo fare un vero e proprio processo alle tecnologie didattiche e partire dai suoi esiti per un discorso evoluto che superi le ovvietà dello stantio e angusto dibattito attuale?
I tempi mi sembrano maturi. Chi ci sta?

Per mettere ulteriore carne al fuoco, evidenzio altre tematiche emerse nella discussione su LSCF:

  • abbandonare la prospettiva (nell’uso delle tecnologie nella didattica) dell’innovazione  ed abbracciare quella dell’efficacia. “innovazione” è un termine sempre più ambiguo ed “efficacia” offre una prospettiva più concreta e sensata (una mia ripresa di un concetto espresso da Guastavigna)
  • potenziare lo studio dell’informatica tanto per gli studenti che per gli insegnanti
  • collocare ogni forma di innovazione a scuola nel contesto più generale dell’organizzazione dei tempi e dei luoghi della didattica
  • affrontare una ad una senza mescolarle le diverse dimensioni della problematica: quella soggettiva (“la tecnologia non mi piace…”  “E’ tutto così complicato…”  “Mi pagano per insegnare, non per scrivere al computer…”), quelle sociali (qualcuno ancora non può permettersi il computer, la connessione permanente), quelle mpiù direttamente  educative (“i miei genitori non mi permettono di andare in rete”), quelle politiche,
  • smascherare tanta presunta innovazione didattica ritenuta tale solo per l’uso di una tecnologia digitale quando l’impianto didattico è quello di sempre e che, con la tecnologia, si vorrebbe superare
  • fare chiarezza sulla questione dei “nativi digitali” (eccellenti gli stimoli offerti in più occasioni da Rivoltella)

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Questi i contributi di riferimento:

  • Dal blog di Pier Cesare Rivoltella: La scuola, Le LIM e i guarrieri nel cavallo, in http://piercesare.blogspot.com/2010/12/la-scuola-le-lim-e-i-guerrie…
  • Dal blog di Andreas Formiconi Migliorare le scuola , in : http://iamarf.org/2010/12/14/migliorare-la-scuola/
  • dal blog di Franco Castronovo , Un po’ di sano cinismo, in http://castronovo.wordpress.com/2010/12/15/un-po-di-sano-cinismo/

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