Molto ma molto interessante la keynote speach affidata a Giuseppe Longo, università di Trieste, informatico: Nascere digitali. Verso un mutamento antropologico?

Le sue tesi: 1) L’uomo sta cambiando per effetto delle tecnologie; 2)  Si può parlare di evoluzione bio-tecnologica, bio-culturale, evoluzione che è più forte, più veloce di quella biologica.

Alcuni spunti, poco più di appunti organizzati; non mi sono ancora laureato in steno-datttilo digitale.

Con l’avvento e la capillare diffusione delle tecnologie digitali si ha l’interazione tra tecnologia e società con ripercussioni sulla cultura, sulla società, sulla scuola, sulla politica, sulle istituzioni, sull’organizzazione aziendale  …..

La scuola come mezzo di riproduzione della società garantendo continuità e stabilità: oggi la scuola si evolve troppo lentamente rispetto all’evoluzione del mondo circostante rendendosi poco utile alla società.

Il sistema economico vuole accumulare denaro e potere e questa è una forza che agisce, non pensiamo che tutti i movimenti siano determinati da scopi culturali.

La tecnologia informazionale s’innesta in modo agevole e anestetico sul nostro apparato neurosensoriale; prolunga l’evoluzione biologica in evoluzione biotecnologica, modifica le categorie della percezione e della cognizione e influendo anche sugli affetti.

Il pieno sviluppo delle caratteristiche umane avviene nell’interazione sociale attraverso la comunicazione: con internet si sta costruendo una specie di sistema nervoso mondiale, globale con cui integra il nostro sistema cerebrale; questa interazione potenzia e modifica la struttura e le funzioni del nostro sistema cognitivo, si costruisce una intelligenza connettiva che segna il passaggio dalla società gutenberghiana alla società digitale. L’intelligenza collettiva è antica come l’uomo ma con la rete globale da collettiva diventa connettiva che è molto di più.

Con le tecnologie si potenziano le capacità degli individui, ma la tecnologia è, anche, un filtro: ne vengono potenziati  alcuni e depotenziati altre (ad esempio con l’uso  della tastiera perdiamo la capacità di scrivere a mano ma scriviamo di più e con maggior precisione).

Il bambino indirizzato all’uso del computer diventa un tutt’uno con esso e subisce una trasformazione cerebrale; si ha la simbiosi uomo-tecnologia,nasce l’homus tecnologicus. I bambini hanno, così, comportamenti determinati da queste diverse connessioni cerebrali.

Gli adulti e i giovani parlano linguaggi diversi perché diversa è la loro struttura neuronale e cognitiva.

I giovani manifestano una notevole abilità opportunistica, piegano le apparecchiature ai loro scopo, non interessa come e perche e per cosa sono state fatte, basta che funzionino, che abbiano, per loro, un senso; piegano i dispositivi al loro scopi  incuranti dei risvolti teorici delle elaborazioni e degli aspetti funzionali  che stanno alla base delle apparecchiature.

Si ha la proliferazione ibridativa: i  nuovi media intergiscono tra di loro ibridandosi,  contaminandosi, proliferando e partorendo novità continue, piccole grandi in un a dinamica rapidissima. Difficili da seguire e da prevedere.

I media digitali sono vivaci e colorati e pongono l’individuo al centro del processo comunicativo e creativo, ma la scuola è seriosa. Oggi si impara più fuori  che a scuola;  la scuola diventa sempre meno autorevole, il mondo esterno è un concorrente nella funzione formativa della scuola.

Dietro alla grande mole di attività che si sviluppano in rete, per tutte le età, vi è un grande bisogno dell’essere umano di narrare, di narrarsi, di farsi narrare delle storie; è una  necessità atavica che si presenta oggi in forme nuove e sorprendenti. La narrazione ci situa nel mondo, ci fa parte del mondo. La ricerca del senso è fatta attraverso la narrazione. I social network sono il luogo del banchetto narrativo  in cui si accendono frammenti verbali e iconici  lanciati da chi ha voglia di  parlare, raccolti da chi ha voglia di ascoltare e ripresi da chi ha voglia di rispondere. Ma questa orgia comunicativa può avere anche derive negative.

Con le tecnologie informatiche e le simulazioni la nostra capacità di fare ha superato quella di capire e prevedere.  Agiamo anche senza sentire il bisogno di supportate l’azione con una spiegazione di quello che si fa, della teoria di quello che si fa. Si fa bricolage , manipolazione; si amplia la scena degli interlocutori. La macchina diventa un interlocutore.

Ci abituiamo a relazioni virtuali che sono rarefatte, che non hanno la pienezza organolettica dei contatti diretti, il rapporto diretto comincia essere troppo coinvolgente, quasi una dimensione minacciosa.

Si ha prevalenza del  contenuto sulla forma, si ha ansiosa superficialità, si ha urgenza di dare risposte immediate: la facilità della comunicazione si correla al suo deterioramento.

Mia reazione a caldo: suggestioni affascinanti, problematiche che più di qualche volta mi sono posto anch’io, senza risposte. Non ho avuto modo di chiedere allo speaker se le sue affermazioni circa i cambiamenti neurologici di cui parla, specie per i bambini e i ragazzi, cambiamenti che “a naso” mi sembrano plausibili e che “a pelle” mi pare di cogliere nelle interazioni e nell’ascolto attento di quei giovani, sono supportati da ricerca o mere “visioni”.

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3 pensiero su “Da Didamatica 2010, Giuseppe Longo e il cambiamento antropologico”
  1. Sarà la primavera…
    Mi sembra che proprio nell’aprile 2009 su questo e altri luoghi virtuali ci fu il “grande” dibattito sul mito o realtà dei nativi digitali!
    Ci sono state novità, rispetto ad allora?
    Nuove scoperte su questo annoso dilemma?
    Visto che di “cambiamenti neurologici” ne parlava già Prensky nel 2001, in dieci anni si è potuto accertare se davvero esistono?
    O siamo ancora alle “visioni”?
    Il post è pura cronaca ma, TU, che ne pensi? 🙂

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