Quello che viene alla luce in questi giorni non è un incidente di percorso o un errore di comunicazione, è la punta dell’iceberg di una scuola malata.
Malata di valutazione, malata di “prove parallele”, malata di indicatori invalsi e di ocse pisa, malata di autovalutazione. Malata di accountability, di ranking. Malata di classifiche: classifiche di studenti, classifiche di insegnanti, classifiche di scuole. Scuola malata di misurazione.
Scuola malata della sindrome del migliore. Scuola votata al martirio sull’altare della competizione, del migliore.
L’unica valutazione pedagogicamente sensata è quella che è opportunità di apprendimento, quella che fornisce feedback per migliorare, quella che valorizza ciò che ogni persona è e sa, non quella che mette in evidenza ciò che non si sa e quanto manca per conformarsi allo standard di successo. Quella che valuta (attribuisce valore) la globalità della persona, non a suoi singoli pezzi.
La scuola è malata perché il sistema la ha voluta malata e solo le persone, insegnanti, dirigenti e famiglie, che hanno introiettato i valori della democrazia, dell’uguaglianza, dell’ inclusione, dei diritto dell’umano, la possono salvare.
Queste persone possono rifiutare pratiche in conflitto con la propria coscienza, possono agire negli interstizi della normativa, possono opporre una resistenza passiva. Nessuno è obbligato a farsi del male e a far del male al proprio simile.
PS una buona analisi pubblicata dopo il mio post
https://www.rivistailmulino.it/news/newsitem/index/Item/News:NEWS_ITEM:4250