P. Picasso

Pensare che le tecnologie siano l’essenza nella realizzazione della FAD è come pensare che la gru sia l’essenza nella costruzione di una casa

Buoni risultati nell’appartamento a distanza si sono sempre avuti anche prima dell’avvento delle tecnologie digitali.

Il progressivo sviluppo tecnologico, sia in fatto di hardware, che di software e di connettività ha messo a disposizione strumenti sempre più abilitanti per le operazioni di comunicazione e di distribuzione di materiali didattici.

Dalla posta a cavallo di Sir Isaac Pitman al servizio postale della storica Scuola Radio Elettra di Torino, numerose persone hanno imparato a distanza e hanno appreso anche abilità che di solito sono oggetto di formazione in presenza e che richiedono l’uso di oggetti fisici e di strumenti tecnici (si pensi ai corsi della già citata Scuola Radio Elettra nei cui corsi sono formati decine di migliaia di riparatori radio e televisione).

Certamente i tempi necessari per la consegna dei materiali di lavoro e per la comunicazione a due vie per risolvere ogni dubbio hanno influito sull’efficienza e sull’efficacia dell’azione formativa ma non ha impedito a chi voleva imparare qualcosa a farlo pur in condizioni di oggettiva difficoltà logistica.

Più tardi, la disponibilità del telefono per comunicare in tempo reale ha facilitato l’interazione tra l’organizzazione didattica e lo studente, ma proprio in quel periodo, con la FAD di seconda generazione, si attivano i centri didattici decentrati dove lo studente può incontrare il docente e discutere dei suoi problemi, problemi che non erano mai solo legate alla comprensione e all’applicazione dei contenuti ma anche di difficoltà ad organizzare il proprio lavoro, di interferenza con le attività quotidiane, di perseveranza nell’impegno, di motivazione.

Internet, posta elettronica, le prime chat primordiali e via via più raffinate, i primi LMS, semplici, essenziali, poi sempre più raffinati e ricchi di funzionalità per la comunicazione, la gestione dei materiali e di moduli per attività, anche di valutazione. Soluzioni self hostig, cloud, proprietarie, open source … le tecnologie non mancano .. ma le criticità rimangono e sono sempre le stesse:

  • Attivare e mantenere costante l’impegno degli studenti,
  • Limitare la dispersione,
  • Ottenere risultati di apprendimento buoni e stabili.

Anche le dimensioni che determinano l’efficacia dell’azione didattica non cambiano:

  • Le attività di apprendimento (cosa fanno gli studenti),
  • Il supporto didattico (come l’organizzazione aiuta gli studenti).

Quale può essere, allora, il ruolo delle tecnologie (dato che le gru aiutano a costruire le case)?

Per me vale sempre e comunque il prezioso lavoro di David Jonassen sulle tecnologie e l’apprendimento significativo (Meaningful Learning With Technologies, 2008, revisione di Learning With Tecnologies, 1999)

Per Jonassen l’apprendimento significativo è:

  • attivo: si interagisce con l’ambiente, si manipolano gli oggetti presenti in quell’ambiente e si osserva l’esito dell’azione;
  • costruttivo: si articolare cosa è stato fatto e si riflettere sulle attività e sulle osservazioni;
  • intenzionale (goal-directed): si fa qualcosa per uno scopo;
  • cooperativo, conversazionale, collaborativo: si negozia socialmente una comune comprensione; 
  • autentico: è complesso e contestuale

ed è caratterizzato da queste attività di apprendimento, ognuna delle quale può essere sostenuta dalle tecnologie:

  • investigazione,  
  • esplorazione,  
  • scrittura,  
  • costruzione di modelli,  
  • comunicazione,  
  • progettazione,  
  • visualizzazione,  
  • valutazione.

Anche se Jonassen non si è mai riferito in modo esplicito all’uso delle tecnologie in attività didattiche a distanza, è sensato pensare che le tecnologie potrebbero sostenere queste attività per l’apprendimento significativo a distanza:

Investigare fatti, fenomeni, problemi: ricercare e valutare informazioni, sviluppare progetti aperti di ricerca (anche sul modello WebQuest), effettuare ricerche sul campo (tematiche ambientali, socio-economiche, antropologiche, storiche) con analisi dei risultati per determinare tendenze, possibili cause ed effetti,

Scrivere: definire obiettivi, pianificare e organizzare le idee (usando anche mappe concettuali), comporre ed editare testi anche attraverso presentazioni multimediali e slide, favorire lo sviluppo di abilità di scrittura creativa, lavorare collaborativamente (wiki, blog)

Costruire comunità: costruire collaborativamente significati e conoscenza (negoziazione sociale e costruzione condivisa di conoscenza) attraverso discussioni via forum (anche piattaforme per il potenziamento del pensiero come Knowledge Forum o FLE3 – non aggiornato da tempo), wiki e blog,partecipare ai lavori di comunità globali come iEARN, GlobalSchoolNet e KidLink (non so se ancora attivo)

Comunicare: condividere, scambiare idee tra due persone e gruppi, discutere (dialoghi ragionati), costruire artefatti, riflettere sulle idee proprie e altrui, in modalità sincrona e asincrona, usando chat, instant messaging, forum, videoconferenza, podcast

Ideare, progettare e visualizzare: rappresentare idee e fenomeni in forma grafica, visuale, sonora e multimediale, ragionando, interpretando, visualizzando e rappresentando idee scientifiche e matematiche, fatti geografici, realizzando video, documentari digitali, digital storytelling,

Valutare: analizzare e valutare elaborati complessi frutto delle attività indicate sopra utilizzando griglie di valutazione, meglio in formato di rubric, messe a disposizione prima dell’avvio dei lavori, fornendo feedback dettagliati e frequenti; per valutazioni di attività più complesse può essere utile attivare il portfolio o l’e-portfolio; la costruzione di mappe mentali e concettuali, in quanto forme di “esternalizzazione” delle conoscenze e della comprensione è un’eccellente forma di valutazione autentica

Poche cose ma con un minimo di fondamento nelle scienze della cognizione.

Approfondimento concettuale

Quale visione delle tecnologie, anche nella FAD, determina questi usi? Riprendendo ancora David Jonassen (Learning With Tecnìhnologies, 1999, p. 13), le tecnologie, più che un mezzo di distribuzione, sono usate per attivare e impegnare il pensiero e la costruzione di conoscenza. I ruoli delle tecnologie sono, pertanto:

  • Strumenti per la costruzione di conoscenza,
  • Mezzi per esplorare conoscenze e sostenere l’apprendimento per costruzione
  • Contesti per supportare l’apprendere facendo (learning-by-doing)
  • Medium sociali per supportare l’apprendimento per conversazione
  • Partner intellettuali per sostenere l’apprendimento per riflessione.

L’apprendimento significativo si realizza quando le tecnologie sono usate quando (id. p. 16) impegnano gli studenti:

  • Nella costruzione e non nella riproduzione di conoscenza,
  • In conversazione e non in ricezione,
  • In articolazione di un pensiero e non nella ripetizione,
  • Nella collaborazione e non nella competizione,
  • Nella riflessione e non nell’esecuzione di prescrizioni

Riepilogando: quali tecnologie e per cosa

Tecnologie utilizzabili

  • Blog
  • Wiki
  • e-mail, forum e chat
  • Mappe mentali e concettuali
  • Motori di ricerca
  • Editor testuali, visuali e multimediali
  • e-portfolio

Attività realizzabili con le tecnologie

  • Comunicazione uno-a-uno e uno-a-molti
  • Esplorazione di contenuti
  • Costruzione artefatti
  • Riflessione
  • Valutazione

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3 pensiero su “DaD …e le tecnologie?”
  1. Ciao Gianni,
    la frase “è sensato pensare che le tecnologie potrebbero sostenere queste attività” …. per quanto riguarda la “costruzione di comunità” mi fa sentire il bisogno, da “grand dad(dy)” di 4 nipoti, di esternare una cosa appresa durante la mia passata vita lavorativa. Ci provo, anche se è molto probabile che sembrerà solo una pignoleria da vecchio brontolo.

    Gli strumenti tecnologici possono sostenere [io direi “abilitare”] la “costruzione” di una comunità. Vero.

    Chi volesse “costruire” una comunità, pensando di aver bisogno di una “piattaforma”, sulla quale edificare, in analogia alla metafora edilizia, si espone però al rischio di condizionare il raggiungimento degli obiettivi della comunità agli interessi di chi gestisce l’evoluzione della piattaforma.

    Questo tipo di considerazione potrebbe essere il punto di partenza per capire il fallimento della costruzione di una Comunità Europea che, agli inizi degli anni ’90, si pensò di sostenere partendo da una piattaforma lasciata alla gestione di interessi privati.

    Ai giorni nostri vedo il compiersi di un errore simile nell’iniziativa Cantiere Bologna, che dice di volersi dare l’intento descritto nel post https://cantierebologna.com/2020/03/03/informazione-digitale-e-discorso-pubblico/
    dove ci sono due miei commenti, senza replica.

    Ho citato quindi quell’iniziativa in una bozza di testo, che cerco di presentare come un tentativo di avviare un dialogo chiarificatore su cosa determina il “costituirsi” di una Comunità.

    La bozza è visibile ed editabile e/o commentabile [via chat]: https://etherpad.devol.it/p/dialog-bootstrap-r78edi6

    Conto su un tuo parere, compreso l’invito a spiegarmi meglio.

    Luigi

  2. Ciao Luigi e grazie per l’input, ho dato una prima lettura al testo da te linkato. Ti confesso che la tematica che affronti è per me nuova, di concettualizzazioni e di lessico e per questo mi ci devo immergere un po’ prima di essere in grado di esprimere un mio pensiero sensato. Al momento mi collego a questo tuo commento e precisamente a questo passaggio: ” Chi volesse “costruire” una comunità, pensando di aver bisogno di una “piattaforma”, ……… si espone però al rischio di condizionare il raggiungimento degli obiettivi della comunità agli interessi di chi gestisce l’evoluzione della piattaforma”. E’ certamente vero: chi lancia/costruisce una piattaforma ha certamente un proprio interesse e non vedo come possa essere differente. L’importante è che questo interesse venga esplicitato, dichiarato con onestà o sia, almeno, trasparente. Poi sta a chi intende partecipare decidere se far parte di quella comunità.

  3. Grazie Gianni. La tua risposta mi ha fatto pensare ad alcune cose da chiarire, partendo dal lessico.
    Uso un lessico bastardo perché ho una formazione non ortodossa.
    Ho lavorato nell’informatica iniziando prima della disponibilità di corsi di formazione in materia.
    Per la tematica del dialogo – secondo me da proporre – mi sono formato con una personale attenzione ad aspetti comunicativi dei primi 20 anni della relazione tra sistemi sociali e tecnici, importanti per padroneggiarne quotidianamente alcune dinamiche.
    Il testo che ti ho linkato potrebbe – per me – intitolarsi “Un sistema sociale da ri-formare / A system to be reformed”.
    I concetti dell’informatica, che mi azzardo ad incorporare, servirebbero a riequilibrare concetti sociali che sono stati incorporati nella tecnologia – all’insaputa della cosiddetta società civile.
    Per lessico e concettualizzazioni so di suonare come un alieno.
    Non saprei come esprimermi diversamente.
    Servirebbe un’attenzione istituzionale al bisogno di un sistema sociale che adotta una tecnologia, avviando un processo di adeguamento della sua evoluzione ai propri obiettivi.
    Servirebbe ad abilitare un dialogo tra culture che si esprimono con un lessico diverso, senza chiedere a nessuno di perdere qualcosa della propria identità, mettendo in opera una funzione adeguata allo scopo che in informatica, se non ho capito male, si chiama gateway.
    Spero che prima o poi qualcuno, meno “vecio” di me, sappia farlo capire, o che qualcosa costringa ad intuirlo.
    Io sono pronto per andare in deposito.

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