Il più delle volte le parole non vengono usate a caso e sceglierne una al posto di un’altra indica che attribuiamo ai concetti in questione dei significati differenti.
Per quanto riguarda la questione “competenze” ho sempre promosso l’idea dell’utilizzo di un lessico preciso e specialistico , convinto che l’uso di un lessico chiaro favorisca lo sviluppo di idee chiare.
Il costrutto di “competenza” è complesso, può essere traguardato da più punti di vista, essere usato per finalità differenti, richiedere l’attivazione di un’ampia gamma di strategie d’insegnamento, avere delle implicazioni operative differenti a seconda degli ordini e gradi di scuola e discipline nelle quali si intende attuarlo. In tutta questa complessità un po’ di chiarezza concettuale e lessicale è, a mio avviso, necessaria.
Poiché è buona norma usare una terminologia precisa, il che implica che il termine venga utilizzato nella sua accezione corretta, ho più volte scritto (e ribadito nei miei corsi) che non si insegna PER competenze (e non si valuta, non si programma, non si progetta, non si costruiscono curricoli …).
Nel blog lo ho scritto anche qui a novembre 2018.
Ad inizio luglio 2019, Orizzonte Scuola riprende un’intervista alla presidente invalsi, la pedagogista Ajello, dal titolo “Piccoli equivoci sulle competenze” la quale arriva, più o meno, alle stesse mie conclusioni e afferma:
Non si insegna per competenze, ma per far diventare competenti, che è tutta un’altra cosa.
Il solo fatto che si continui a usare un’espressione così fuorviante è un segno che il concetto di competenza fa ancora fatica a entrare nella pratica didattica.
Una competenza infatti non è qualcosa che si insegna, ma un modo di insegnare che permette agli studenti di diventare competenti.
Io non credo che a proposito di “competenza” siamo di fronte a piccoli equivoci, bensì a grossi e gravi equivoci, se non addirittura a una strumentalizzazione semantica, che utilizza un sostantivo con un evidente significato positivo e rispetto al quale nessuna persona di buon senso oserebbe sostenere il contrario (chi auspicherebbe mai che scopo della scuola sia formare persone incompetenti?) per proporre un cambiamento di paradigma per l’organizzazione dei curricoli motivando questo cambiamento con i mutamenti epocali (occhio: la stessa Ajello ricorda che se un cambiamento è epocale, ce ne accorgiamo in genere solo dopo) avvenuti nella realtà in cui è immersa la scuola (cambiamenti, oltretutto non dimostrati nel loro impatto nei sistemi d’istruzione), utilizzando una concettualizzazione pedagogicamente e didatticamente debole, incerta nella sua configurazione, dai mille – ma anche nessuno – possibili significati.
Ben venga, quindi, l’ulteriore precisazione della professoressa Ajello (pur condividendo solo parzialmente il contenuto dell’intervista): lavoriamo nella prospettiva della persona competente, non PER competenze.
Assunta questa prospettiva, domandiamoci:
- Cosa s’intende per competenza in ambito pedagogico e didattico
- Quali sono i processi che caratterizzano la competenza e la prestazione competente
- Come sviluppare la competenza e le sue componenti attraverso l’azione didattica
- Quali siano le opportunità e i limiti offerti dai contesti scolastici per lo sviluppo della competenza.
(e diamoci buone risposte)
https://www.invalsiopen.it/news/la-ricerca/piccoli-equivoci-sulle-competenze/
https://www.giannimarconato.it/2018/11/la-scuola-delle-competenze-non-esiste/