Le ipotesi di una dirigenza scolastica con ampi poteri o con incarico a termine pongono la questione di quale sia l’organizzazione ottimale della scuola. Ottimale non in senso assoluto, non nel senso di “migliore”, ma di “adeguata” o “coerente”: adeguata e coerente con la mission della stessa e con i meccanismi di funzionamento che consentono di perseguire quella mission.L’istruzione, l’educazione, la formazione di una persona sono il risultato dell’azione sinergica di più persone che nel corso di un anno scolastico e di più anni scolastici concorrono a costruire la personalità, la conoscenza, la competenza di quella persona.L’istruzione non è mai opera di una sola persona; la qualità di una specifica scuola non è mai il risultato del lavoro di o due insegnanti illuminati.La qualità di una scuola, anche nel senso di plesso, è il risultato dell’opera corale di tutte le persone che vi lavorano.

Una scuola è una comunità; la scuola è una comunità di pratica (*) dove solo il lavoro coordinato ed integrato di tutti porta al risultato.

La scuola è una comunità che ottiene risultati avendo una cultura comune, un linguaggio comune, utilizzando procedure condivise, assumendo criteri di successo costruiti assieme, dove il contributo di ciascuno dipende da e determina il contributo di tutti gli altri.

La scuola ha nella condivisione degli strumenti e delle pratiche il meccanismo principale del suo funzionamento. Il miglioramento continuo è determinato dalla collaborazione, non dalla competizione.

Se non si stabilisce una cultura di collaborazione e di condivisione autentica, la scuola non funziona.

Se tutto questo è valido, qual è la forma dell’organizzazione capace di assicurare le condizioni per cui la scuola consegua il proprio scopo?

Le opzioni sono due: un’organizzazione verticistica o una democratica. Un’organizzazione verticale o una orizzontale.

L’organizzazione verticale e verticistica potrebbe, forse, assicurare l’efficienza del sistema; quella orizzontale e democratica, l’efficacia.

Le regole che si rispettano, le regole che funzionano, sono quelle che si è contribuito convintamente a determinare, diversamente si ubbidisce senza convinzione, si applicano con il minor danno possibile, senza partecipazione emotiva e cognitiva.

Una scuola organizzata verticalmente, con un uomo solo al comando, difficilmente sarà efficace. Più la sua organizzazione sarà piatta e la sua gestione democratica, maggiore sarà la sua efficacia.

I modelli organizzativi aziendali, gerarchici, verticali non sono applicabili ad uno “stabilimento” che “produce” conoscenza perché a scuola ciò che conta non è l’efficiente trasformazioni delle risorse immesse in quantità di “prodotto” finale.

A scuola si “produce” una “merce” non standardizzata: il pensiero, e il pensiero per crescere ha esso stesso bisogno di una cultura organizzativa aperta e flessibile.

Il processo di trasformazione che si realizza a scuola non è un processo ingegneristico perché l’apprendimento non è un processo meccanico ma un processo biologico, . La scuola è un tipico luogo di “produzione” artigianale, non industriale, e funziona secondo la logica del “pezzo unico”: lo studente ed il suo apprendimento.

Processo biologico vuol dire tante variabili che si combinano ogni volta in modo differente e che bisogna governare in modo situato e non secondo procedure standardizzate; processo biologico vuol anche dire che il risultato non è mai determinabile a priori ed i criteri di valutazione devono essere aperti e condivisi dalla comunità che “produce”. Se qualche membro della comunità di estrania volutamente dalla sua cultura, sarà la comunità stessa ad emarginarlo, prima, e ad espellerlo, poi.

La cultura dell’ efficacia per insediarsi deve essere promossa e sostenuta. L’efficacia si sviluppa nell’autonomia, nella responsabilità e nella creatività non nel comando, nell’ubbidienza, nella conformità.

Ecco perché una logica aziendale, uno approccio manageriale alla gestione della scuola non può funzionare se non al prezzo di snaturare la funzione della scuola e deteriorarne irrimediabilmente il “prodotto”.

Più la scuola si allontana da questi paradigmi, più tradisce la sua mission. Più si allontana da una funzione di servizio alla persona, più assume il ruolo di asservimento della persona ad altre logiche.

Orientarsi verso il modello verticale/verticistico, come parecchi oggi sostengono, piuttosto che verso quello orizzontale/democratico, non è la sola soluzione possibile per avere una buona scuola: è una chiara scelta di campo a favore di una scuola-azienda e della sua gestione secondo criteri di efficienza manageriale.

(*)
Comunità di pratica:
  • Un gruppo di persone che lavorano per uno scopo comune, condividono interessi e codici comuni e lavorano insieme durante un periodo di tempo;
  • Che svolgono la stessa funzione;
  • Che collaborano allo sviluppo di un lavoro comune;
  • Fanno questo agendo alla pari e ciò che li tiene uniti è la comune percezione di avere ciascuno l’esigenza di sapere ciò che gli altri sanno;
  • All’interno di questo gruppo vige il mutuo aiuto;
  • Si fondano su conoscenze, abilità tecniche e strumenti comuni;
  • Hanno nella collaborazione il nucleo fondante dell’apprendimento, basato sulla condivisione delle esperienze, sull’individuazione delle pratiche migliori e sull’aiuto reciproco nell’affrontare i problemi quotidiani;

 

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