Le didattiche innovative (che hanno in una qualche misura una ragione d’essere) altro non sono che uno specchietto per le allodole e una cortina fumogena per proporre e rinforzare un messaggio di tutt’altro tono di quello che potrebbe apparire.

Certamente l’attenzione allo studente, un suo ruolo partecipe emotivamente e cognitivamente nel processo didattico, l’uso delle tecnologie, sono importanti aspetti della didattica, sono aspetti che difficilmente un bravo insegnante non tiene in considerazione anche se non va negato che in alcuni casi ci siano insegnanti centrati sul sé, sul “programma”, che si trascinano stancamente tra aule e corridoi.

Ma la scuola reale non corrisponde alla descrizione caricaturale che i “riformatori’ ripropongono parossisticamente per colpevolizzare gli insegnanti che non si allineano al mainstream didattico.

Quello che depotenzia alla base quelle didattiche, a prescindere dalla loro solidità pedagogica e didattica, è che vengano proposte (spesso imposte attraverso corsi che più che di formazione sono di addestramento e indottrinamento) all’interno di una narrazione di scuola inadatta al presente e al futuro per l’inadeguatezza degli insegnanti, per il loro arroccamento su modalità didattiche desuete, per il loro rifiuto a “mettersi in gioco”, per la loro difesa corporativa di eccessivi diritti considerati dei privilegi.   

All’interno di questa narrazione, l’insegnante è inadeguato e, pertanto, colpevole, diventando così il primo responsabile delle basse performance della scuola italiana procurando un grave danno agli studenti.

Arrivano a scuola insegnanti con tratti di personalità inadatti all’insegnamento perché l’insegnamento è l’ultima chance, impreparati sul piano professionale, resistenti alla formazione. Il rimedio, allora, qual è?

Ecco palesarsi le vere ragioni delle “didattiche innovative”: l’operato degli insegnanti va valutato, attraverso i livelli di successo formativo degli studenti, da un ente terzo, gli insegnanti vanno scelti dai dirigenti, la formazione deve essere obbligatoria e su tematiche decise dall’istituzione didattica, il loro lavoro va remunerato attraverso premi di conformità alle direttive e sulla base di criteri di valore definiti dalla catena di comando.

Nulla di pedagogico, nulla di inclusivo, nulla per lo studente. nulla per l’efficacia didattica: una visione politica che dà forma ad un’idea di scuola, per un’idea di società, per un’idea di persona. Ben strutturata, sviluppata a piccoli e impercettibili passi, condotta con il supporto di una solida base sociale e con ampi disponibilità di mezzi. Il tutto rappresentato plasticamente nella trasmissione televisiva di venerdì 28 febbraio: i poteri in campo, la narrazione densa di retorica, la falsificazione e la tendenziosità dei dati. Il tutto ammantato di scientificità, indicando a dito i nemici degli studenti e proponendo i salvatori della scuola.

L’idea di scuola mainstream è quella ben descritta dal pedagogista Massimo Baldacci nella lezione riassunta qui, un’idea , come evidenziato anche dallo stesso Baldacci, oramai egemonica ma ancora contendibile attraverso una lotta contro-egemonica

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