Quali apprendimenti da MoodleMoot Italia 2007?

Cose nuove, non tante.

Certamente, per me, la conferma che gli usi “utili” delle tecnologie non possono che avvenire nell’ambito del paradigma costruttivista nelle sue diverse interpretazioni (dal costruttivismo prima maniera, al socio-costruttivismo ed al costruzionismo e sulla base di una pluralità di “strategie di apprendimento”).

Questo è, infatti, il messaggio forte che si leva da numerosi interventi, principalmente di matrice accademica ma non solo.

Segno che le tendenze “forti” evidenti da anni nella scena internazionale si sono insediate anche da noi.

Stanno diventando di uso (abbastanza) comune concetti quali:

  • Costruzione di conoscenza
  • Ambienti di apprendimento
  • Collaborazione
  • Condivisione
  • Percorsi di apprendimento aperti

Mentre sembrano caduti “in disgrazia” concetti e correlati approcci quali

  • Learning Object
  • Piattaforme (nel senso di LMS)
  • Interoperabilità
  • Riuso
  • Sviluppo di contenuti

Non tutti, però, gli interventi mi hanno convinto: ho, quasi, la sensazione che l’adesione al paradigma costruttivista (una semplificazione, tanto per capirci) rappresenti un approccio epistemologically-correct, cioè, una adesione in qualche modo dovuta visto che lo scenario internazionale più evoluto si riferisce a questo. Dovuta ma non sempre convinta. O (non sempre) compresa in tutte le sue implicazioni.

Non basta ribattezzare pesce la carne per adempiere al precetto quaresimale…..

Non sono rari i casi in cui ad enunciazioni “costruttiviste” seguono applicazioni “comportamentistiche”.

Evidentemente le teorie implicite cui aderiamo hanno più potere, nel determinare la nostra pratica, delle adesioni (estetiche) a teorie “desiderabili”.

Sono pienamente consapevole del fatto che non è tanto semplice rendere operative coerenti applicazioni del paradigma costruttivista in una scuola modellata da anni di pedagogia e didattica comportamentistica.

Sono altrettanto convinto che una “nuova didattica” (le tecnologie non centrano) non sia semplice da attivare: non sono minimi i cambiamenti da fare ed a volte mi pare quasi impossibile (animato come sono da pensieri radicali) poter fare didattica “nuova” in una scuola “vecchia”.

Ci sono di mezzo leggi e regolamenti, pratiche consolidate, “teorie implicite” e collusioni.

Jonassen, in una delle tante conversazioni che abbiamo avuto quando è stato con noi a Bolzano quasi una settimana, dall’ora di colazione al dopo cena, a proposito delle condizioni in cui sia possibile fare specifici usi delle tecnologie ed implementare avvincenti strategie di apprendimento (quelle cui sono improntate le sue applicazioni, ad esempio) e delle difficoltà di cui già ci rendevamo conto, ci disse: “cambiare la scuola vuol dire cambiare la società”. Una impresa ciclopica …..

La questione che, comunque, mi pongo e nell’attesa del cambiamento strutturale e formale, è quale innovazione e miglioramento sia possibile introdurre.

Roger Schank, uno scienziato che seguo con piacere e convinzione, nel suo “Engine for Education” afferma che le tecnologie sono il cavallo di troia per il cambiamento della didattica. Una volta lo credevo anch’io ed in questa prospettiva mi muovevo. Più di una esperienza vissuta mi ha reso oltremodo dubbioso.

Adesso credo che non ci siano scorciatoie e che i problemi vadano affrontati direttamente a cominciare dalle credenze epistemologiche, spesso non dichiarate, non consapevoli ma implicite o tacite che determinano le nostre decisioni (se siamo dei decisori a qualsiasi livello) e le nostre pratiche (se facciamo parte del folto gruppo di coloro che ….. dissodano la zolla).

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