Stavo distrattamente ascoltando Nepolis alla TV di Stato dopo una mattinata terminata tardi, quando sento pronunciare la fatidica parola “e-learning”. Mi scuoto dal torpore ed ascolto: niente di meno che la soluzione ad ogni problema di apprendimento. L’ultima ricerca cognitiva che ha trovato la chiave definitiva per l’apprendimento? L’ultimo saggio di Spiro, Jonassem, Schank, Bereiter, Lave …..?
No, molto più semplice ed alla portata di tutti: la chiavetta USB con cui ti colleghi, scarichi, fruisci dove vuoi (è così comodo che la puoi prendere anche in tram, come il digestivo antonetto), tutto si traccia (cosa che non potevi fare con il classico CD pieno di contenuti), ritorni al tuo pc, ti colleghi, la tua tracciatura viene inviata a chissà chi … e tutto è fatto.
Una grande invenzione di serissimi “ragazzi” di Trieste (li ho apprezzati parlato con loro più volte nel passato).
Ma è possibile che si continui ad avere una visione tanto ingenua, semplicistica e banale dell’apprendimento?
Ed è possibile che una simile visione sia “adottata” da tanti “esperti” di processi di apprendimento?
Non si apprende “fruendo”, si deve mettere in modo il cervello; la tracciatura non ha nulla a che vedere con la valutazione, neppure quella di tipo più becero….
Non stupiamoci se così pochi adulti si formano (circa il 7%) trovando poco utile la formazione per il loro lavoro o se tanti utenti di e-learning ne hanno una visione pessima

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