Non è da oggi che l’apprendimento è considerato una merce: da produrre, in certe quantità, in conformità a standard. Ne avevo parlato poco più di un anno fa (gennaio 2021) definendo l’apprendimento un prodotto commerciale con un valore di mercato definibile, misurabile. Un prodotto che può essere di buona o di cattiva qualità (in relazione alla sua corrispondenza allo standard atteso dal mercato). Un prodotto che non deve mai mancare dagli scafali dei punti vendita e che non appena se ne ravvisi il rischio di mancanza si devono prendere provvedimenti per ripristinare le scorte.

Chi non ricorda i recenti allarmi sulla perdita di apprendimento a causa della pandemia e della lunga assenza da scuola di tanti studenti e studentesse? Chi non ricorda il generoso contributo dei servitori dello Stato pronti a misurare il Learning Loss (la perdita di apprendimento) e suggerire i modi per il suo recupero?

Apprendimento, una merce preziosa, da produrre e da mettere sotto (vigile) tutela.

L’enfasi sull’apprendimento (e la particolare prospettiva dalla quale si traguarda lo stesso) è stata messa in evidenza da Biesta che ha argomentato il perché della debolezza concettuale del considerare l’apprendimento, in quanto tale, lo scopo del lavoro dell’insegnante.

L’Autore amplia l’analisi identificando, anche, la natura politica di questa focalizzazione sull’apprendimento di ogni discorso popolare sulla scuola. Perché la focalizzazione sull’apprendimento è una questione politica e non didattica?

Analizzando il discorso comune sulla scuola e sull’apprendimento, Biesta fa notare che le argomentazione che vengono portate partono dalla constatazione che l’apprendimento sia un processo naturale ed è, quindi, inevitabile, si apprende sempre e comunque. Ne consegue l’imperativo che bisogna imparare: l’apprendimento diventa un dovere al quale non è possibile sottrarsi (p. 42, 43).

L’apprendimento e l’insegnamento (intimamente connessi) diventano, quindi, i fondamenti di un’agenda politica globale (UNESCO, OCSE, Unione Europea) che correla lo sviluppo economico al sapere delle persone.

Questo [dichiarazione di un rapporto UNESCO] è un esempio di come possa essere utilizzato – forse potremmo dire sfruttato – il tema dell’insegnamento al fine di perseguire un’agenda politica molto precisa, che vada a vantaggio di un particolare segmento della società e dei suoi specifici interessi. Stando a questa citazione, l’apprendimento sembra al servizio di un’economica capitalista globale, che ha bisogno di manodopera flessibile e adattabile. In tale contesto l’apprendimento è descritto come un atto adattivo senza che ci si chieda a cosa ci si deve adattare e perché, prima di decidere di farlo. La “libertà di apprendere” dell’individuo (Rogers, 1969) sparisce, così come è assente una concezione dell’apprendimento al servizio della democrazia. L’apprendimento diventa un dovere al quale non ci si può sottrarre (p. 43).

TUTTO SI RISOLVE CON L’APPRENDIMENTO

Nel contesto di questa “politica dell’apprendimento” i problemi politici, le questioni economiche, dell’occupazione, di coesione sociale sono trasformate in problematiche di apprendimento e agli individui è assegnato il compito di risolverle attraverso l’apprendimento, spesso a proprie spese, aggiunge Biesta (p.43).

Una politica dell’apprendimento efficiente ed efficace deve assicurare il conseguimento degli standard (di apprendimento) attesi, ovvero coerenti con l’agenda politica, agenda i cui fini reali non sono dichiarati esplicitamente perché a giustificarla basta l’evocazione del Bene Supremo, del Fine Ineludibile di ogni azione educativa e di istruzione, l’apprendimento.

In realtà l’apprendimento non è il fine che viene perseguito ma il mezzo attraverso il quale le vere finalità di quella agenda sono perseguite.

Nella catena di produzione dell’apprendimento un ruolo importante viene svolto dall’insegnante al quale è affidato il compito di trasmettere i contenuti (saperi, valori, atteggiamenti…) funzionali al perseguimento dei fini reali dell’agenda stessa.

Per questo ruolo strategico, il lavoro dell’insegnante deve essere controllato nella sua efficienza (quantità di apprendimento prodotto) e nella sua efficacia (qualità dell’apprendimento, ovvero i “contenuti” che devono essere trattati).

Che questo controllo debba essere globale, come in realtà ciò stia già avvenendo con successo, lo testimonia una dichiarazione del direttore dell’OCSE (quello delle tristemente famose rilevazioni internazionali OCSE – PISA) dove esprimeva soddisfazione perché lo standard OCSE – PISA si era orami imposto come standard universale.

La necessità della misurazione e della standardizzazione dell’apprendimento ha dato origine a quella che Biesta “industria globale della misurazione dell’istruzione” il cui principale scopo è di indicare quali sistemi funzionino meglio di altri nel produrre il risultati desiderati (p. 8).

…gli insegnanti migliori e più efficaci sono quelli in grado di guidare il processo educativo verso una solida produzione di “risultati di apprendimento” predefiniti e di un numero limitato di identità prestabilite – come il buon cittadino o l’individuo in fase di lifelong learning (p. 8).

Apprendimento diretto e apprendimento trasversale

Relativamente ai cosiddetti risultati dell’apprendimento, per aver ancor più chiara la strategia e la portata delle mosse attraverso cui viene realizzata (quali contenuti vengono imposti, perché, con quale scopo), val la pena ricordare che in un’azione didattica si conseguono obiettivi di apprendimento attraverso azione diretta o intenzionale e nel breve termine (associabili pressappoco alle unità didattiche) ed obiettivi che si conseguono indirettamente, trasversalmente e nel lungo periodo (Dewey – 1929, Olson). Appartengono a questa seconda categoria gli apprendimenti processi cognitivi, abiti mentali, i stili di pensiero, state-of-mind, valori, atteggiamenti, risultati che non si ottengono in modo diretto e “alla luce del sole”, ma sono l’effetto di un’esposizione di lungo periodo ai contenuti, alla loro epistemologia, alla loro logica intrinseca. Questi obiettivi sono conseguibili agendo in modo coordinato sui contenuti e sui metodi, contenuti e metodi che vanno prescritti centralmente e sui quali va esercitato il controllo sull’azione dell’insegnante.

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