Quando certi temi arrivano all’attenzione della stampa generalistica, vuol dire che abbiamo superato la soglia di guardia.

Ad un simile livello di allarme siamo, finalmente, giunti a proposito di scuola se il Washington Post  va a pubblicare in prima pagina un duro attacco alla lecture, la tradizionale lezione accademica (la lezione “trasmissiva”), in quanto ritenuta da più parti una tecnica di insegnamento inefficace.

Cose che tanta letteratura specialistica e, più modestamente,  molti di noi dicono da tempo. E non solo “dicono” ma anche fanno, sperimentano, aggiustano ….

Vediamo di renderci conto quali argomentazioni vengono usate dal WP per condannare la lezione ex cathedra.

Citando il caso della Johns Hopkins University che ha avviato un serio programma di innovazione didattica a partire dalla comprensione di come gli studenti apprendono (da dove altro sarebbero dovuti partire?), si afferma:

Solo perchè gli insegnanti dicono qualcosa in una classe davanti agli studenti, non vuol dire che essi imparino …. L’apprendimento non avviene nello spazio fisico tra l’insegnante e lo studente. L’apprendimento avviene nella mente dello studente …

Gran bella scoperta 🙂

Ma, dato che sei in una classe di 200 studenti non puoi fare altro che “parlare” per ore, il primo provvedimento adottato è di dividere quel plotone in gruppetti di 50 o addirittura 20 studenti.

Sul piano operativo, le  tecniche adottate per rendere interattiva la lezione (interattiva a  livello di pensiero) sono:

  • fare domande (bella l’espressione inglese “seeding them with questions”),
  • discussioni tra vicini.
  • sondaggi istantanei (usando i clikkers).

Altro segno di consapevolezza della problematica:

Dobbiamo pensare a cosa succede quando gli studenti hanno una cattiva esperienza del corso … Il  modello “lecture” si sta evolvendo verso quello del college come esercizio di partecipazione …. la parola d’ordine è “active learning” … studenti che effettuano esperimenti, risolvono problemi …. rispondono a domande …

Fa indubbio piacere leggere che:

Fin dagli anni ’90, la ricerca pedagogica si è spostata da ciò che gli insegnanti insegnano a ciò che gli studenti imparano. E gli studi hanno dimostrato che gli studenti apprendono comparativamente poco nei corsi basati sulla lezione tradizionale.

Altra argomentazione che non si può che condividere:

Avere un professore che legge un libro è un insulto …. ma è un modello inveterato.

E le tecnologie? Pare possano esser la chiave di volta del cambiamento:

Il movimento anti-lecture viene alimentato anche dalla proliferazione delle “lezioni” on-line che stanno minacciando il monopolio dei campus malta-e-mattone … ma certi leader universitari vedono questa innovazione con inquietudine.

Ma l’active learning non trova una strada in discesa:

… molti docenti sono stati formati con quel modello di didattica ed ora la replicano … gli studenti stessi dicono che le classi interattive sono molto più gravose di una lezione convenzionale.

Per farla breve: a quando simili riflessioni serie nelle nostre scuole e nelle nostre università?

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7 pensiero su “Giù dalla cattedra”
  1. grazie gianni per il tuo continuo lavoro di osservazione e di analisi e soprattutto grazie per la tua capacità di proporre sempre stimoli interessanti per la riflessione e per la discussione.
    trovo utile che anche in altre realtà, profondamente diverse dalla nostra, ci sia chi si interroga sui risultati che si ottengono mantenendo in classe modelli didattici obsoleti, oramai non più in grado di attrarre l’interesse delle persone coinvolte in esperienze educative (di vario genere e livello)…
    ed è abastanza deprimente osservare che da noi si discute, ancora oggi, soltanto di tagli al sistema dell’istruzione, della formazione e della ricerca…vendendo ai cittadini queta pratica come un passaggio necessario anche per la ripresa economica… (pensare che avevo imparato, nel corso dei miei studi, che proprio il sistema dell’istruzione, della formazione e della ricerca è la principale leva per lo sviluppo sia culturale sia economico di un paese)…
    … comunque, su temi liminari a quelli pubblicati dal Washington Post avevo, in tempi non sospetti, fornito alcuni contributi negli anni passati (m. guspini, learning audit, roma, anicia, 2003; e m. guspini,complex learning, roma, learning community, 2008 -ristampa 2009)…
    … certo, una piccola soddisfazione arriva ogni volta che qualcuno, in giro per il mondo, conferma che quello che ho cercato di fare, in modo collaborativo, in oltre trent’anni nella scuola, e da oltre venti anni sia nella formazione continua (in particolare dei formatori)sia all’università, ha un senso e che le migliaia di persone che hanno avuto la possibilità di confrontarsi con i miei approcci (modelli?) didattici quasi sempre considerati trasgressivi, possano trovare conferma di quanto è stato loro proposto…
    un saluto

  2. Arrivo un po’ in ritardo su questo post, ma credo valga la pena di non lasciar cadere il discorso.
    Come sempre quando parliamo di insegnamento e apprendimento facciamo riferimento alle nostre esperienze. Io per prima spesso dimentico che, avendo insegnato al triennio delle medie superiori, faccio riflessioni prevalentemente orientate sul quel livello di studi.
    Sulla importante questione “tradizionale lezione accademica (la lezione “trasmissiva”), in quanto ritenuta da più parti una tecnica di insegnamento inefficace” forse dovremmo porci il problema risalendo anche alle cause della evidente difficoltà che oggi i giovani hanno a concentrarsi, a seguire, a ascoltare una lezione.
    E risalendo… indietro negli anni, forse (è un’ipotesi) ci potremmo accorgere che sarebbe necessario far scoprire ai bambini la pratica dello studio (anche individuale), della lettura, dell’ascolto. Da un po’ di tempo tendiamo a permettere chi i bambini siano sollecitati da stimoli esterni visivi/auditivi. Li bombardiamo di messaggi allettanti. Ormai non esiste più, per i piccoli, un giocattolo che sia da “scoprire” magari in silenzio: i giocattoli emettono suoni, instaurano presunti dialoghi registrati, fanno sempre e comunque.. rumore.
    Invece per allenarsi ad apprendere occorre avere anche una parte di tempo per riflettere, un tempo dell’acquisizione (non necessariamente lungo) che si fa attraverso la lettura, anche personale o collettiva.
    Imparare lentamente.
    Spesso i miei studenti mi dicevano “mi concentro solo con il sottofondo musicale, oppure lascio la tv accesa”. Ma i risultati? Ad esempio un risultato è che seguire una lezione diventa noioso: accade solo perché il prof è incapace di comunicare o perché non si è esercitati ad entrare in sintonia con il parlante (l’emittente della comunicazione)?
    Insomma il problema c’è e non lo lascerei cadere 🙂

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