Ogni tanto mi domando quale tipo di didattica io faccia e proponga quando lavoro con gli insegnanti. Propongo approcci facili o difficili? Sostenibili o velleitari? Il mio “stile” didattico è davvero funzionale ad aiutare gli insegnanti nel loro lavoro? È apprezzato o non gradito?

Per districare questo dilemma amletico giorni fa mi viene in aiuto un’insegnante (secondaria di primo grado) che aveva frequentato un mio corso tre anni fa che mi scrive e mi dice: lo sai che sono diventata la “referente” (informale) per le mie colleghe per la progettazione di compiti autentici e di rubric?

Ottima cosa, penso io, se a distanza di anni si ricordano di te!

Ci sentiamo al telefono perché vorrebbero un mio intervento su altra questione di didattica e chiacchierando mi dice: sai perché riesco a fare quello che sto facendo (la “referente”)? Perché tu al corso ci hai fatto lavorare, ci hai fatto delle lezioni, ci hai fatto vedere esempi, ci hai proposto schemi di lavoro aperti, ci hai dato riscontri, ma non ci hai dato la pappa pronta ed abbiamo dovuto cucinarcela; faticoso, ma abbiamo imparato e facciamo. Ti devo, però, dire che alcune colleghe non hanno apprezzato questo modo di fare formazione, poco direttivo, poco strutturato, avrebbero preferito sentirsi dire come fare.

Complice questo riscontro, cerco di esplicitare, soprattutto a me stesso, alcuni ancoraggi concettuali, valoriali e operativi della mia attività come formatore.

Io credo che formare non sia:

  • Prescrivere
  • Addestrare
  • Rassicurare
  • Rendere facile il lavoro

Ma sia:

  • Creare le condizioni perché ognuno trovi la propria strada operativa
  • Non applicare ricette
  • Mettere i partecipanti nelle condizioni di imparare cosa e come vuole (anche niente)
  • Attivare un pensiero generativo
  • Offrire solide strutture concettuali e una pluralità di punti di vista
  • Creare un vero e proprio ambiente di apprendimento
  • Essere esempio dei principi che propongo.

Per questo:

  • I miei corsi sono sempre impegnativi e chiedono molto lavoro a chi partecipa
  • Si lavora sulla base di ipotesi di lavoro aperte e invito a farsi sempre le domande: che senso ha tutto questo per me? Cosa mi può essere utile?
  • Metto a disposizione molti esempi di lavori fatti da loro colleghi
  • Fornisco sempre feedback dettagliati sui lavori svolti
  • Propongo modalità di lavoro a miglioramento progressivo
  • Propongo check-list per l’autovalutazione dei lavori svolti suggerendo piste per miglioramenti
  • Incoraggio ad accettare l’imperfezione ma ad essere consapevoli degli eventuali limiti del proprio lavoro

Credo nella libertà di apprendimento.

Trovo inutile e controproducente obbligare ad imparare.

Nei corsi mi propongo come risorsa per imparare e come tale poter anche essere ignorato.

 

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