Ogni qualvolta che nella società succede qualcosa che non dovrebbe succedere tutti invocano la scuola, o per cose che non ha fatto per evitare che cose simili accadessero o per chiederle di fare qualcosa ad evitare il ripetersi di simili problemi.

Nel sentire comune la scuola è considerata la causa di ogni malanno ma anche la soluzione di ogni problema.

E la scuola ci sta a questo gioco: a chi non piace sentirsi importante e magari avere un’occasione per far tacere i propri sensi di colpa?

I recenti, tremendi, fatti di Ancona hanno riproposto la questione: quanto accaduto è il frutto di una società irresponsabile, priva di valori (se non quelli del consumo, dell’apparenza, del conformismo – qualcuno ha parlato di sindrome del gregge): la scuola che ha fatto per scongiurare che tutto questo accadesse? cosa ha intenzione di fare per prevenire che queste cose si ripetano?

Se prima di farci carico dei problemi e delle soluzioni, cercassimo di chiarirci quali siano realmente le responsabilità di quanto succede, scopriremo (scoprire, si fa per dire, sono cose arcinote ma dimenticate) che ci sono “agenzie” ben più potenti della scuola nel determinare i valori, gli atteggiamenti e anche le conoscenze: la televisione, i sistemi di comunicazione e di persuasione di massa, la pubblicità, gli influencer, le lobby…

Il comportamento, anche dei giovani, è oggi, influenzato e determinato per larga parte al di fuori della scuola, piaccia o non piaccia: la scuola conta relativamente e deve sgomitare per trovare un posto nella lotta impari tra tutte le forze che agiscono nella società.

L’evidenza non deve portare alla conclusione che la scuola nulla può nel contribuire a costruire un cittadino consapevole, responsabile, in grado di godere dei propri diritti di cittadinanza: la scuola può e deve giocare la sua parte in questo “gioco dei ruoli” ma lo puoi fare in modo efficace solo se, prima di tutto, è in grado di identificare lo spazio che le è proprio, quello spazio per il quale ha competenze distintive che le consentono di giocare un ruolo che nessun’altra agenzia può ricoprire con efficacia e, magari, denunciando le “colpe” altrui.

Pensare di poter far tutto, anche in territori che non le appartengono o che altri sanno agire meglio, per la scuola significa votarsi al fallimento.

Per contro, delimitando lo spazio di intervento a quella che è la propria ragion d’essere, la scuola si potrà giocare tutta la propria partita ed essere responsabile dei propri insuccessi e orgogliosa dei propri successi.

Questo spazio è, a mio avviso, quello dell’istruzione: garantire a tutte le persone quegli strumenti conoscitivi, cognitivi, intellettuali che consentono di conoscere e capire quello che sta succedendo, di valutare, di giudicare, di decidere, di scegliere; di distinguere l’informazione dalla propaganda, di seguire le proprie inclinazioni e soddisfare i propri bisogni e non le mode…

Sono questi strumenti di base che la scuola deve, prioritariamente, fornire

Ciò che la società (intesa come insieme di agenzie, di forze che determinano i contesti in cui le persone vivono e agiscono…) ha indebolito è l’autonomia di pensiero e di azione delle persone portandole ad un uso smodato e acritico della delega senza esercitare alcun controllo, alla passività, al facile cedimento alle suggestioni.

Riscattare da questo stato di deprivazione sociale e culturale è la funzione della scuola, un compito non facile perché richiede all’insegnante una buona cultura, la padronanza dei saperi e dei loro intrecci e la padronanza anche di tecniche per attivare e sviluppare l’apprendimento e, soprattutto, una scuola (intesa come istituzione e organizzazione) che crei le condizioni per un’azione efficace da parte degli insegnanti. (*)

(*) La questione di una scuola, così come è organizzata, che non favorisce il perseguimento degli obiettivi dichiarati (apprendimento significativo, inclusione, contrasto alla dispersione) è stata da me sviluppata in un articolo di un anno fa su La rivista dell’istruzione, pur con il titolo fuorviante La “sfida” delle competenze quando il titolo da me suggerito in coerenza con il contenuto era La scuola che esclude e disperde. 

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