Disegno di Miriam Piro

La mia ipotesi è che ci sia un collegamento fra l’inefficacia delle strategie didattiche (e i programmi,  che esistono ancora anche se camuffati) e un possibile mutamento di natura culturale avvenuto negli ultimi 20 anni circa.

Ho approfondito la questione nel post qui sotto linkato e qui di seguito puntualizzo le idee principali riassumibili in:

  • I valori culturali che animavano le generazioni passate sono cambiati e quelle attuali ne hanno sviluppati altri;
  • Valorizzazione della cultura e dell’impegno sono stati sostituiti dal consumo facile, veloce, frequente;
  • Diventa impossibile, per le nuove generazioni, concentrarsi su compiti che richiedono attenzione, impegno, silenzio interiore;
  • I nuovi valori sono fast, smart, easy, funny, new;
  • La scuola, anche quella presuntamente innovativa, insegue questo nuovo senza averne gli strumenti e fallisce.

Il cambiamento antropologico della società e della scuola, tra bieco realismo e illuminato idealismo

È sotto gli occhi di tutti c’è negli ultimi 20 anni sia avvenuto un profondo mutamento culturale che fa sì che il sistema di valori e rappresentazioni, il paradigma che valeva per tutte le generazioni precedenti (da quelle più rivoluzionarie a quelle più conservatrici) e che si fondava sulla valorizzazione della cultura e dell’impegno si sia polverizzato e come questa polverizzazione sia stata indotta da un nuovo paradigma, fondato su consumo facile, veloce, frequente.

In questa cultura crescono giovani individui inmersi in un brodo che chiede sempre maggiore velocità, sempre maggiore capacità di maneggiare più input contemporaneamente, che dà sempre più stimoli senza approfondire nulla, perché approfondire richiede tempo.

Come si può contemporaneamente pretendere di farli concentrare su compiti che richiedano attenzione, impegno, silenzio?  Lo studio richiede attenzione. Attenzione significa capacità di concentrarsi, di stare su una cosa sola. Ma la società chiede di essere multitasking.

Poi ci si chiede il perché dell’aumento dei deficit di attenzione e iperattività.

Se si deve approfondire un concetto, se si deve comprenderlo, cioè portarlo dentro di sé e renderlo proprio, è necessario tempo e silenzio interiore.

Ma se la società invece preme perché tu la tua vita la viva fuori dalla tua mente, iperstimolato e quindi deconcentrato, stordito,  continuamente tirato per la giacchetta dalla novità di turno, come puoi anche solo immaginare di fermarti a riflettere?

La quantità di stimoli ha sostituto la qualità dello stimolo singolo,calibrato e regolato sui tempi interiori di apprendimento.

In questa società non c’è spazio per il tempo lento, per la concentrazione, per l’approfondimento. Non sono valori. I valori sono fast, smart, easy, funny, new.

E questi valori non sono compatibili con quello del vecchio paradigma.

La cosiddetta innovazione che qualcuno vorrebbe introdurre a scuola, è un mero inseguire questo nuovo senza averne realmente gli strumenti, è solo un camouflage e che nella sostanza è profondamente diverso da ciò che lo studente-cliente e la famiglia-cliente si aspetta.

Ed ecco perché è fallimentare. Perché insegue e gioca su un terreno non suo.

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