Disegno di Miriam Piro

PREMESSA. CONSIDERO UNA GRANDE SVOLTA CULTURALE L’ASSUNZIONE DELLA PROSPETTIVA DELLA “VALUTAZIONE PER L’APPRENDIMENTO“. NELL’AUSPICARE UN’ESTESA APPLICAZIONE, VOGLIO METTERE IN GUARDIA DAL RISCHIO DI FARSI GUIDARE DA UNA SUA CONCETTUALIZZAZIONE DEBOLE, CONTRADDITORIA E FURBA E DI DARE VITA A PRATICHE CONFUSE, DISPENDIOSE ED INEFFICACI.

Come si sta implementando la “nuova” valutazione nella scuola primaria? Le soluzioni che si stanno adottando non sono certamente univoche (per fortuna, direi) e percepisco, su un terreno di forte disorientamento, un paio di costanti:

  1. La preoccupazione prevalente di dirigenti e insegnanti è di trovare una strada per formulare la valutazione secondo le recenti indicazioni, ovvero su come assegnare il “voto”, indicando “livelli” e formulando un “giudizio descrittivo” invece di usare un numero (sempre di “voto” si tratta);
  2. La percezione di questa “innovazione” come un sovraccarico di lavoro senza alcun beneficio per la qualità della didattica e per gli alunni e famiglie; questo porta ad adottare un’azione più tipica di un contabile degli apprendimenti che di un agente di insegnamento e apprendimento.

Vedo le scuole prese in un’intensa e spesso frenetica attività di compilazione di repertori di obiettivi, di ideazione di prove, di declinazione di sequenze di livelli di prestazioni, di costruzione di griglie, di formulazione di protocolli, di produzione di dispositivi valutativi. Tutte queste attività mi sembrano accumunate da ipertrofia formale e da assenza di significato, se non quello dell’adempimento. Un lavoro poderoso e generoso, fatto di poche soddisfazioni e di tante frustrazioni.

Faccio queste affermazioni sulla base delle situazioni che incontro quando sono chiamato a fare formazione ascoltando le richieste che mi vengono fatte e vedendo i lavoro che sono già stati realizzati sulla base di webinar istituzionali. Lo faccio, anche, leggendo e a volte partecipando alle discussioni che si sviluppano nei diversi gruppi Facebook di insegnanti e, non ultimo, mi sono fatto queste convinzioni anche sulla base degli esiti di un sondaggio informale che ho fatto tra maestre e maestri sparsi lungo lo Stivale e con cui ho una buona frequentazione. Un campione statisticamente non rappresentativo delle pratiche reali ma indicativo di quale sia il clima che si vive nelle scuole a proposito della “nuova” valutazione.

A cosa potrebbe essere dovuta questa situazione? Cosa si potrebbe fare per finalizzare meglio tanto tempo e tanta energia?

Le (possibili) cause, non necessariamente in ordine d’importanza:

  • La consolidata abitudine a considerare la valutazione come finalizzata all’espressione di un giudizio e a farla coincidere con l’assegnazione di un voto, quando “valutazione” è anche altro;
  • L’ambiguità, l’insufficienza, l’inadeguatezza delle indicazioni ministeriali a proposito della concettualizzazione di “valutazione per l’apprendimento” che ne fa un tutt’uno con la valutazione a fine certificativo e questo non aiuta a comprendere la specificità della valutazione quando vista come finalizzata a promuovere e a sostenere l’apprendimento;
  • L’urgenza (comprensibile) attribuita dalle scuole all’adeguamento agli aspetti formali della nuova valutazione invece di cercare di capire in cosa consista la “valutazione per l’apprendimento”;
  • Una visione meccanicistica dell’apprendimento e della valutazione presente nella formazione istituzionale proposta dal ministero, un approccio accademico (nel senso deteriore del termine) all’apprendimento e alla valutazione a guidare quella formazione, la limitata conoscenza da parte dei formatori istituzionali delle reali condizioni in cui si lavora nella scuola;
  • L’ignoranza, o la deliberata scelta di ignorare, da parte dei decisori dei meccanismi reali del cambiamento tanto delle concettualizzazioni implicite che delle pratiche che queste generano, mancando di allocare risorse adeguate e non definendo a suo tempo un piano d’implementazione del cambiamento che fosse realistico nei tempi e nei modi.

Cosa si potrebbe fare:

  1. Concettualizzare in modo articolato il costrutto di valutazione rendendo esplicita l’esistenza della “valutazione certificativa” e della “valutazione diagnostica”, due differenti finalizzazioni valutative che si trascinano metodi e strumenti differenti pur potendo avere qualche elemento in comune;
  2. Riconcettualizzare il costrutto stesso di valutazione per non farlo coincidere con il voto e considerare, invece, la valutazione un’attività non giudicante, non di controllo, non di misurazione, non di standardizzazione;
  3. Rendere operativi dispositivi valutativi per entrambe le valutazioni che siano leggeri, aperti, non burocratizzati, a bassa prescrittività e che prevedano uno sviluppo progressivo tanto per la qualità e la quantità dei metodi e degli strumenti.

Nel lungo video linkato qui sotto ho cercato di sviluppare l’idea della valutazione per l’apprendimento, la valutazione come opportunità di apprendimento e “valutazione diagnostica”.

Mi resta da sviluppare un’analoga concettualizzazione e operatività per la valutazione certificativa, quella che, sono consapevole, essere ritenuta dalle scuole la più urgente da rendere operativa. Chissà che mi venga voglia di fare analoga video-riflessione.

Una sintesi della lezione

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2 pensiero su “La valutazione per l’apprendimento: di cosa parliamo? Riflessioni sulla realizzazione della “nuova” valutazione nella scuola Primaria.”
  1. Vorrei dire che quello che scrivi per la primaria andrebbe benissimo anche per le altre scuole. Ma a quanto pare il ministero è sempre meno autorità pedagogica e sempre più tecnocratica.

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