Leggo una feroce e giusta presa di posizione di Silvano Tagliagambe circa la svolta impressa al progetto “scuola digitale” della Regione Sardegna, di cui è direttore scientifico, svolta che Tagliagambe non condivide; infatti, la decisione è stata presa dai politici regionali passando sulla sua testa e contro il suo parere (ragion per cui credo si dimetterà da quel ruolo).

In breve la questione (ricostruita sulla base dal suo stesso intervento):

In origine, il progetto era centrato sulla realizzazione di una …

“…infrastruttura per l’erogazione di contenuti didattici, utilizzando pratiche ormai consolidate di dematerializzazione, condivisione, riaggregazione e personalizzazione di fonti editoriali. Fulcro della realizzazione di tale modello è l’implementazione di un innovativo processo redazionale in grado di trattare fonti grezze per trasformarle in contenuti aggregati che possano sfruttare  la multicanalità mediante usi di modelli realizzati appositamente per le tipologie di risorse didattiche e canali distributivi previsti”.

A detta di Tagliagambe, simili prodotti non erano presenti nel mercato, per cui la Regione, attraverso il proprio progetto, faceva presente al mercato l’esigenza ed invitava gli operatori a fornire (a pagamento della Regione Sardegna) tali prodotti.

Ora, il cambio di rotta, pare su pressione delle lobby dell’editoria scolastica che non gradivano un’impostazione per cui, sostanzialmente, l’editore che avesse ricevuto il finanziamento pubblico per sviluppare quelle risorse didattiche, avrebbero dovuto cederne i diritti alla Regione stessa.

Quindi, solo contenuti già presenti nel mercato e di cui acquisire, come sempre, licenze d’uso. Come si è sempre fatto per decenni a spese delle famiglie e per lucrosi benefici dei “grandi” editori scolastici.

Secondo elemento di rilievo nella nuova versione del progetto, è il passaggio del governo del progetto da un centro di “eccellenza” locale ad uno nazionale, nella fattispecie all’ex INDIRE. Quindi, una virata mercatistico/lobbistica ed accentratrice/stato-centrica.

Dico la mia: tra le due impostazioni, è da preferirsi quella originaria che, almeno qualche principio condivisibile lo affermava (condivisione, riaggregazione, personalizzazione), ma va rilelevato che anche la prima impostazione è più che superata e per nulla “innovativa” come nei documenti ufficiali si vuol far credere, documenti che mi sembrano la solita fiera della retorica dell’innovazione e un luogo dove si fa contrabbando delle “… migliori pratiche della comunità internazionale” e dei “… nuovi orientamenti metodologici che si stanno affermando sulla scena internazionale” per veicolare approcci dimostratisi fallimentari.

Non capisco cosa c’entri l’approccio proposto nel progetto “Scuola Digitale” con “…. l’effettivo protagonismo del mondo della scuola e della ricerca..”? Lì la scuola è solo destinatria di prodotti altrui, anche se prima è stata …. consultata. Protagonisti attraverso consultazione 🙂

Una domanda fondamentale, però Tagliagambe la fa ed è: “ …su chi debba assumere il ruolo guida del rinnovamento del mondo della scuola”. Ed è proprio a partire dalla risposta a questa domanda che si evidenziano i limiti del progetto “scuola digitale” e che si possono identificare le prospettive per un tentativo di innescare processi di autentica innovazione nel mondo della scuola.

La MIA risposta: “…è la scuola stessa, in tutte le sue componenti, a doversi assumere il ruolo guida del proprio rinnovamento, senza deleghe”.

Cerco di spiegarmi: sono tanti anni che faccio consulenze e formazione con insegnati  e formatori e mi sono accorto, non da ora, per fortuna, che a nulla servono i miei servizi se non sono finalizzati a rendere autonomi  i miei “serviti”, se non sono finalizzati a non aver più bisogno di me.

Mi sono reso conto che se insegnanti e formatori non sono in grado di essere autonomi, protagonisti, attori nelle loro pratiche, le loro stesse pratiche non miglioreranno  ed i miei servizi saranno serviti solo a me ed al mio conto corrente.

La mia conclusione è che solo ciò che la scuola è in grado di fare da sola (con queache leggero ed occasionale aiutino esterno da parte di “esperti”) è utile al suo miglioramento.

Purtroppo a rendere difficilmente applicabile questo approccio è troppo spesso la rassegnazione e la passività di tanti insegnanti; rassegnati e passivi un po’ perchè non credono in loro stessi e puntano tutto sull’intervento salvifico dell'”esperto”, un po’ perchè è più comodo far fare agli altri, un po’ perchè sono stati abituati alla passività e non in rari casi il protagonismo è stato  frustrato e punito.

Ciò nonostante, la strada del miglioramento della scuola è solo nelle mani della scuola stessa, è nella collaborazione tra colleghi, nel progettare, sviluppare, realizzare, valutare attività e risorse didattiche assieme, nel fare tutto questo nella prospettiva di un’autentica “comunità di pratica” (condividere valori, strumenti, pratiche, lavorare tutti per lo stesso fine).

Il futuro della scuola sta in una scuola aperta e protagonista.

Mano a mano che la competenza si sviluppa, l’insegnante avrà sempre meno bisogno dell’esperto e dell’editore per il semplice fatto che  l’esperto è lui stesso soprattutto quando è in una rete (sociale, professionale) con altri colleghi-esperti.

Ecco perchè sono convinto che solo interventi finalizzati a questo obiettivo fanno gli interessi della scuola e non quelli delle tante lobby mercantili che hanno saccheggiato e continuano a saccheggiare la scuola. Con la complicità di tanti politici e con l’avallo “scientifico” di tanti accademici.

Ritornando al progetto “Scuola Digitale” Sardegna, al di là del non convincermi nella sua logica, lo trovo di una  ingenuità sconfortante quando si parla di ” ..diventare il centro propulsivo  … per l’intero sistema scolastico nazionale … e di esportare all’esterno i materiali di propria esclusiva proprietà”.

Ingenuo perchè:

  1. non potrà  mai esistere, se non mistificando la realtà, un “centro proplusivo” dell’innovazione; si innova in un sistema pluricentrico, di eccellenze diffuse;
  2. non è certo la strada del “repository” di materiali didattici  a fare innovazione, tanto che sia gestito in proprio dalla Sardegna che (ancor peggio)  centralmente da ANSAS; sono le esperienze, adeguatamente comunicate, che stimolano lo sviluppo;
  3. è un controsenso parlare di polo unico o centrale nell’era della rete: una rete è fatta di tanti nodi e dei legami che si stabiliscono tra questi; più che sprecare risorse per far emergere e mantenere un unico polo “centrale” sarebbe più saggio ed utile stimolare la nascita di tanti poli locali e sostenere la messa in rete.

Ecco perchè me pare assai discutibile (in quanto retrograda) anche l’impostazione originaria. Da quel che posso leggere, si parlava addirittura di un “date center nazionale” di “asset” didattici localizzato, forse anche concettualmente, in Sardegna.

E per asset/risorse si fa riferimenti ai famigerati learning object di cui si è molto parlato. Un approccio concettualmente ed operativamente superato, un approccio che a riproporlo oggi puzza di stantio lontano un miglio.
La gravità della situazione segnalata da Tagliagambe sta nel peggioramento dell’orientamento iniziale, nella duplice direzione di un approccio culturale e pedagogico che promuove modelli di apprendimento superati e di una scelta che asserve ancor più la scuola ad intressi economici e non ne promuove l’emancipazione, la responsabilità, la creatività.
Sorvoliamo sul folle proposito, presente già nell’idea originaria e peggiorato nella nuova versione, di pensare ad un “data centre” o “repository” o che altro che si “nazionale” (illogico anche “regionale”) ed “unico”. Folle l’idea di finanziare un mega-progetto.
L’innovazioone della scuola è molto più difficile e costosa e passa attraverso micro-progetti che richiedono la collaborazione tra scuole e tra insegnanti.

Siamo ancora e sempre nella retorica dell’innovazione e nella salvaguarda di aree di “potere”. Mi irrita, concettualmente, sentir sbandierare come “innovativo” ciò che innovativo non è. Cosa c’è di innovativo nella e per la scuola parlare di “contenuti” anche se “digitali”? Cosa c’è di innovativo insistere sul “libro di testo” anche se digitale, liquido, aggregabile? Cosa c’è di innovativo a parlare di learning object? Nulla. Appunto ….

Concludendo, il caso segnalato da Tagliagambe, in cui lui stesso è protagonista interessato, ci segnala alcune cosette che, pur con la nausea, conviene segnalare. Siamo di fronte:

  • all’assenza di visione da parte di un importante ente pubblico;
  • ad un caso di collusione di un ente pubblico con potentati economici;
  • all’ennesimo saccheggio e colonizzazione della scuola pubblica italiana
Amen

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5 pensiero su “Chi è contro la scuola, il caso “Scuola Digitale” della Sardegna”
  1. Ho studiato all’ITIS dal 77 all’82, secolo scorso. Già all’epoca il ns prof di elettronica autoproduceva a carta forbici coccoina e fotocopiatrice le sue dispense, anche se il libro ufficiale non è rimasto intonso. Diceva che c’era sempre qualche errore possibile, e che chi lo trovava beccava un 8. Oggi carta forbici e coccoina possono essere sostituite da altri strumenti ma la base resta quella. “fare” wikipedia, non solo leggerla. cercare gli errori applicando dimostrazioni e ragionamenti che fa chi sa. Sarò (ancora) un ingenuo, …

  2. D’onde tanto pessimismo? A parer suo tutti stupidi, salvo il tecnoTagliagambe…
    mmmhhh, mi sa che lei è uno che rosica… il motivo non è dato a sapersi, l’italico motivo forse ad ‘intuirsi’.
    Saluti_datalight

  3. Purtroppo ha ragione. Mi fa ridere vedere spreco di risorse digitali per poi continuare a fare scuola come una volta: lezioni frontali, mai aggiornate, studenti passivi… Basta girare un po’ per vedere cosa si potrebbe fare per trasmettere veramente conoscenza, per valorizzare e rispettare gli studenti come persone. Pedagogisti ce ne sono a bizzeffe, basterebbe leggere e riflettere.

    E poi devo dirlo. Mio caro datalight, il tuo commento è un capolavoro. Dice e non dice, insinua, non porta uno straccio di prova… Perfetto! Un chiarissimo esempio degli ideali per cui battersi per un’Italia migliore.

    Un saluto
    Mario

  4. Giusto dire le cose frontalmente, con una sacrosanta dose di irritazione per operazioni non limpide e inefficaci.
    Vi segnalo un sito che potrebbe interessarvi: scuolalvento.it
    Francesca

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