curricoli
È quanto sta avvenendo nella scuola italiana.
Una delle principali critiche mosse da tutto il mondo della scuola e da non pochi intellettuali agli interventi strutturali introdotti dal governo Renzi nel 2015 è stata quella di non aver posto mano alla configurazione dell’assetto epistemologico della scuola stessa, intervenendo sulla struttura dei curricoli ritenuti da tutti poco funzionali, ipertrofici, confusi.
Si disse allora che si era persa un’ottima occasione per ripensare cosa possa essere più utile insegnare e imparare oggi a scuola, proprio nel momento in cui si decidevano importanti cambiamenti organizzativi.
Si era persa l’occasione di domandarsi, dibattendo, quale analisi del presente porre alla base di quelle scelte e, soprattutto, che idea di futuro si dovesse assumere come orizzonte di significato per la scuola di oggi.
Questa riflessione non fu fatta o rimase implicita: non venne, cioè, esplicitamente dichiarata, pur essendo presente.
A quei tempi non si dibatté sui curricoli, né si aprì un confronto pubblico tra tutti i soggetti interessati a vario titolo al destino della scuola. Non solo non venne posto il tema dei curricoli della nostra scuola, ma nemmeno si dibatté su quali domini di conoscenza potessero essere funzionali allo sviluppo delle giovani generazioni e al loro (e nostro) futuro.
Non si parlò di discipline, non si parlò e non ci si confrontò sul loro status epistemologico.
Non si aprì un dibattito sull’aspetto caratterizzante della politica scolastica di una Nazione: i curricoli, la loro composizione, le discipline che li avrebbero dovuto caratterizzare, i loro nuclei fondanti (pur nella loro “naturale” evoluzione dinamica), le priorità da assumere definendo la loro composizione anche quantitativa.
Non si fece, in buona sostanza, un’ operazione democratica di enorme rilevanza per il presente e per il futuro della scuola italiana e del Paese.
Non si fece nulla di tutto questo,  ma vennero fatte scelte di politica educativa al di fuori dei canali ufficiali e democratici e tali scelte vengono ora rese operative attraverso bandi per la distribuzione dei soldi che servono a renderle operative.
L’intervento sui curricoli della scuola italiana non viene condotto sulla base di un confronto parlamentare (che attiva anche un ampio confronto scientifico e, perché no, filosofico ) ma viene imposto alla scuola, alla società e all’economia attraverso decisioni amministrative e attraverso lo strumento tecnico del bando.
Non si dibatte, non ci si confronta su cosa sia meglio fare, ma si passa direttamente alla messa in opera di decisioni già prese e prese non a caso e in modo inconsapevole, bensì sulla base di lucide e precise analisi e scelte economiche, sociali e culturali.
I nuovi curricoli della scuola italiana sono già stati decisi nel disprezzo per il metodo democratico e hanno una caratterizzazione culturale ben precisa.
Esempi di questo approccio al cambiamento dell scuola? Me ne vengono in mente almeno tre e tutti convergenti verso un nuovo modello di scuola:
1. I bandi per dare realizzazione al piano nazionale scuola digitale
2. I bandi per i nuovi curricoli digitali
3. I bandi (annunciati ieri 16 novembre 2016 del ministro) per l’introduzione massiccia del coding nella scuola primaria.
Tutte decisioni amministrative sottratte al dibattito scientifico; scelte che cambieranno profondamente la scuola italiana senza alcuna possibilità di confronto democratico.
La strada del cambiamento della scuola attraverso bandi ha il grande vantaggio di non perdere tempo in lunghe, defatiganti e inutili discussioni che bloccano il rinnovamento, l’innovazione.
Il cambiamento della scuola italiana viene sottratto in questo modo al confronto democratico e scientifico e viene messo nelle mani del mercato, per essere sottomesso alle sue leggi.
Non si partecipa più alle scelte fondamentali, ma solo alla spartizione dei soldi.
Ci dovremo interrogare presto sull’impatto di questi cambiamenti, sul significato e sul ruolo della nostra scuola, sull’idea di persona che si vuole promuovere, sulla visione di futuro che si vuole costruire.

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