Disegno di Miriam Piro

Si parla di “scuola” da cambiare, “scuola” che deve tornare alle origini, “scuola” innovativa, “scuola” ibrida, “scuola” all’aperto … Ma cos’è “scuola”?

Tanti significati impliciti, forse inconsapevoli per cui “scuola” è tutto ma anche nulla.

Sto, quindi, ragionando su cosa potrebbe essere “scuola” per identificarne le caratteristiche distintive, per separare “scuola” da “non scuola”.

E’ assodato che si impara anche leggendo un libro ma una libreria non è “scuola”, si impara da una conferenza, ma un convegno non è “scuola”, si impara in un capo scout ma lo scoutismo non è “scuola”.

C’è anche chi sollecita il superamento dell’idea stessa di “scuola” … per me ha ancora senso parlare di “scuola”.

Come si potrebbe definire “scuola”?

Parto io con questa ipotesi:

“Scuola è un luogo, anche fisico, in cui si trasmette alle nuove generazioni e con azione intenzionale, il sapere costruito dall’umanità e si favorisce lo sviluppo cognitivo, personale e sociale dei giovani cittadini”.

La “scuola” ha che fare con la trattazione dei saperi formali e per questo è il luogo dell’istruzione ma è anche il luogo in cui si strutturano gli atteggiamenti, i valori, la forma mentis e per questo è il luogo dell’educazione, ma è anche il luogo dove si promuove lo sviluppo di abilità e competenze e per questo è il luogo della formazione. Non si può istruire senza educare o formare.

Oggi, però, si pone la questione di quale dovrebbe essere il mix di questi ingredienti e vedo, con preoccupazione, che la funzione dell’istruzione viene indebolita sempre più, l’importanza dei saperi diminuisce inesorabilmente e monta l’onda delle educazioni … ultimamente educazione a quelle che sono chiamate competenze non cognitive (quando mai la competenza non ha una componente cognitiva?) e ancor più recentemente l’educazione alla vaccinazione e in precedenza tante altre educazioni. In teoria tutte cose interessanti ma, in pratica, il tempo dedicato a queste educazioni sottrae tempo all’istruzione, all’appropriazione dei saperi formalizzati. Così facendo stiamo aprendo le porte a quella che comunemente viene chiamata ignoranza?

Da un po’ di tempo (ne ho parlato qui trattando la questione del cambiamento antropologico delle persone cui la scuola è destinata) mi passa per la testa l’idea che quella che era stata salutata, a ragione, come la scuola democratica, la scuola per tutti, la scuola di massa, stia diventando la scuola PER le masse, un prodotto popolare, senza tante pretese, un luogo dove a tutti viene dato un minimo d’istruzione, non necessariamente di qualità, quel poco che basta a sopravvivere.

La scuola PER le masse sta diventando l’hard discount dell’istruzione?

La presenza di questi supermercati popolari della conoscenza sta aprendo le porte a botteghe per i gourmet della conoscenza, per le élite?

Ritornando alla questione iniziale, al cosa sia “scuola”, non si tratta di arrivare ad una formulazione universale, per cui è nelle premesse del discorso che si tratti di un’idea soggettiva, personale…. ma, almeno, rendiamola esplicita e così abbiamo più chiaro cosa intendiamo quando esprimiamo valutazioni, idee, proposte.

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