Marc Chagall

Nella recente normativa sulla valutazione in itinere e finale nella scuola primaria (Decreto 17 del 4.12.2020 e allegate linee guida) vedo due criticità: una concettuale e una operativa.

VISIONE PASSIVA DI “VALUTAZIONE FORMATIVA”

Per quanto riguarda l’aspetto concettuale vedo un uso dell’idea sostanzialmente passiva di valutazione formativa quando il vero valore della valutazione come opportunità di apprendimento sta proprio nel rappresentare un approccio attivo. Questo approccio alla valutazione pare abbia valore in quanto ci consente di rilevare (pur in modo articolato) uno stato dell’apprendimento mentre il suo valore aggiunto sta nel fornire indicazioni, soprattutto allo studente, per un’azione a favore dell’apprendimento.

Anche in questa “nuova” valutazione, nella documentazione ufficiale, assume priorità l’uso certificativo della valutazione (fare una fotografia a scopo amministrativo) a scapito di quello diagnostico (attivare un processo per il miglioramento).

Il salto culturale e solamente parziale, timido, che si ferma ad un metro dalla rincorsa.

Vediamo alcune affermazioni presenti nei documenti ministeriali.

Decreto 172 ….. restituiscano all’alunno, in modo pienamente comprensibile, il livello di padronanza dei contenuti verificati. (art. 2) – …..garantire la necessaria trasparenza del processo di valutazione (art. 3)

Linee guida …. strumento insostituibile di costruzione delle strategie didattiche e del processo di insegnamento e apprendimento – …. consente di rappresentare, in trasparenza, gli articolati processi cognitivi e meta-cognitivi, emotivi e sociali attraverso i quali si manifestano i risultati degli apprendimenti. … descrizione autenticamente analitica, affidabile e valida del livello raggiunto … strumento essenziale per attribuire valore alla progressiva costruzione di conoscenze realizzata dagli alunni,

In questa idea di valutazione il focus è l’insegnante e la sua azione, non l’alunno e il suo apprendimento. Questo nuovo approccio alla valutazione non ha valore solo in quanto mette in trasparenza il giudizio ma perché consente di agire per promuovere e migliorare l’apprendimento attraverso una costante interazione con l’alunno attraverso feedback a-valutativi (un controsenso quando si parla proprio di “valutazione”?).

Ecco: la vera valutazione per l’apprendimento (o come preferisco dire “valutazione come opportunità di apprendimento”) è quella che attraverso la raccolta di dati (prove, indizi, evidence per dirla all’inglese) consente di dare FEEDBACK A-VALUTATIVI, ovvero non giudicanti.

Con l’esplicitazione dei criteri (che rappresentano gli aspetti di qualità dell’apprendimento) si offrono chiare indicazioni o per rinforzare i risultati ottenuti oppure per migliorare, indicando in modo chiaro dove si deve intervenire per migliorare.

Non si tratta di esprimere in modo diverso un giudizio valutativo ma di guardare in modo diverso alla valutazione. Parlare di valutazione per l’apprendimento (uso volutamente l’espressione ministeriale) comporta una concettualizzazione diversa della valutazione stessa, significa, prima di tutto, pensare ad un uso diverso dei dati raccolti e, secondariamente, a pratiche diverse.

Perché la valutazione sia autenticamente pensata, agita e recepita come opportunità di apprendimento, la sua funzione certificativa andrebbe decisamente depotenziata perché ogni forma di certificazione significa omologazione, significa identificare uno scostamento da uno standard o l’allineamento con lo stesso, l’esatto contrario della valorizzazione dell’apprendimento che ogni studente ha sviluppato, nei suoi modi, nelle sue caratteristiche di qualità, nella sua unicità.

Ma, mi si dirà, noi dobbiamo dare un “voto” a fine anno. Sia che si usino delle lettere, dei numeri o delle parole, la sostanza non cambia se non cambia lo scopo, sempre “voto” è.

Come uscirne? Come attribuire un “voto” che non rappresenti un controsenso con quanto abbiamo predicato e fatto durante tutto l’anno con la valutazione per l’apprendimento?

Alcune prime idee per costruire un approccio alla valutazione certificativa che non contraddica il costrutto della valutazione come opportunità di apprendimento:

  1. Superare il paradigma della “misurazione” a favore di quello “indiziario” (vedi la nota in calce che riprende un approccio proposto dal pedagogista Massimo Baldacci)
  2. Formulare giudizi narrativi, critici (evidenziare aspetti positivi e negativi, risultati e aree di miglioramento), articolati, personalizzati. Evitare del tutto formulazioni standardizzate che denotano un approccio meccanico e una cultura della standardizzazione;
  3. Mettere in evidenza i risultati ottenuti e le aree di miglioramento, non gli “errori”

OBIETTIVI O TRAGUARDI?

Per quanto riguarda invece l’aspetto operativo la questione è obiettivi o traguardi?

Nella nuova normativa si parla di “obiettivi” come ancoraggio della valutazione. Ebbene, some stabiliscono le Indicazioni Nazionali, “le verifiche intermedie e le valutazioni periodiche e finali devono essere coerenti con gli obiettivi e i traguardi previsti dalle Indicazioni e declinati nel curricolo… Quindi si fa riferimento tanto agli obiettivi che ai traguardi.

Perché si è scelto di ancorare la valutazione agli obiettivi a non ai traguardi? Un obiettivo rappresenta l’apprendimento nella sua granularità estrema, un elemento separato dagli altri mentre l’ancoraggio ai traguardi avrebbe consentito di prendere in considerazione un “oggetto” dell’apprendimento articolato, complesso. Con i traguardi si potrebbe realizzare una valutazione olistica, sistemica; si potrebbe cogliere meglio la ricchezza dell’apprendimento realizzato da uno studente, si potrebbero evidenziare le correlazioni tra i singoli nuclei di conoscenza…

Oltre a questo, l’uso dei traguardi come catalizzatori della valutazione consentirebbe, sul piano formale, un miglior raccordo tra discipline e competenze


La valutazione secondo M. Baldacci

Cambio di paradigma

Passare da un “paradigma della misurazione” a un “paradigma indiziario”. Le osservazioni forniscono “indizi probatori” del processo di sviluppo delle conoscenze e delle competenze.

Gli “indizi” si raccolgono attraverso osservazioni contestualizzate, l’osservazione sistematica dell’azione, anche verbale, attraverso più modalità:

  • Osservazione partecipante (libera, nel contesto di attività)
  • Semistrutturata (con l’uso di tavole di indicatori)
  • Diario delle osservazioni
  • Portfolio dei prodotti degli studenti

Struttura e funzione del giudizio

La valutazione deve dar luogo a un giudizio critico articolato e non a una classificazione giusto/sbagliato e deve mirare a rendere lo studente consapevole dei criteri di qualità dell’attività per orientare i suoi sforzi successivi.

Nella formulazione del giudizio è presente una componente inferenziale e un aspetto olistico.

Componente inferenziale: passare dagli indizi raccolti attraverso l’osservazione al giudizio. Sulla base di indizi si formulano ipotesi; le ipotesi sono provvisorie; il giudizio non va cristallizzato.

Aspetto olistico: le informazioni significative provengono dall’intero contesto, l’attenzione nell’osservazione deve essere diffusa su tutta l’attività svolta dallo studente, le fonti degli indizi sono plurime e non tutte prevedibili.

I tre aspetti della valutazione (osservazione interpretativa, inferenza, giudizio critico) non sono separati perché si sovrappongono in parte e sfumano l’uno nell’altro.

Massimo Baldacci (2010). Curricolo e competenze. Mondadori Università

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