Agati
Tema spinoso ma che torna di continuo. Difficile a dirsi, anche se se qualsiasi collega, studente o genitore non avrebbe difficoltà ad identificarlo.
Pare che, oggi, il bravo insegnante abbia a che fare con la questione dell’uso delle tecnologie.
Io la mia l’ho già detta qui: nessuna correlazione tra uso delle tecnologie (soprattutto se si parla di hardware, tipo lim e tablet) ed efficacia didattica.
Sulla questione ritorna Mario Agati, un insegnante di liceo che gode della mia stima professionale e personale, che parla di “apprendisti stregoni” a proposito dei colleghi che si fanno vanto dell’uso delle tecnologie e per questo si sentono migliori di quelle che no le usano.  Mario afferma che:

Il problema della scuola non è la mancanza di tablet e LIM, è la mancanza di neuroni condivisi, di insegnanti bravi (tolte le solite minoranze), di strategie didattiche serie, di visioni pedagogiche… In queste condizioni, la disseminazione di LIM è inutile e spesso dannosa: quante volte abbiamo visto che sono proprio gli insegnanti mediocri ad appassionarsi ai nuovi gadget elettronici e a mascherare con gli effetti speciali dei bit la loro insipienza didattica e culturale?

 Ribadisco la questione :
… quante volte abbiamo visto che sono proprio gli insegnanti mediocri ad appassionarsi ai nuovi gadget elettronici e a mascherare con gli effetti speciali dei bit la loro insipienza didattica e culturale?
Mario parla esplicitamente di mascheramento della mediocrità didattica con l’uso delle tecnologie. Una provocazione?  Non lo so, ma di certo una prospettiva da prendere in considerazione; ogni tanto capita anche a me di imbattermi in simili … profili.
Per tentare una risposta alla domanda (modello Marzullo), io credo che il bravo insegnante sia, prima di tutto, quello che è consapevole del proprio ruolo e di come lo sta agendo. Giorni fa un’insegnante, non alle prime armi, dice: “Ho sempre più la sensazione di essere irrilevante nel promuovere la crescita dei miei studenti: quelli che entrano già bravi, escono ancor più bravi; quelli deboli continuano ad essere deboli”. Un outing che mi ha, positivamente, sorpreso, soprattutto perché fatto in presenza di una ventina di colleghe della stessa scuola. Sono certo che quella è una brava, una bravissima, insegnante.
Altro criterio per avere la medaglia del bravo insegnante è, secondo me, la sua disponibilità a condividere con i colleghi: condividere quello che fa, i suoi successi ed insuccessi, i prodotti che ha sviluppato, come li ha usati, quali risultati ha ottenuto…. condividere,anche, la progettazione e le attività didattiche. Vedo ancora insegnanti che non condividono quello che fanno per timore di non aver fatto cose buone, per il timore di ricevere critiche dai colleghi. Si preoccupano delle critiche dei colleghi e non di quelle degli studenti……
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6 pensiero su “Chi è un bravo insegnante?”
  1. e poi ci sono le “vecchie” considerazioni sul Bravo Prof.
    Penso sia buona cosa che l’argomento non decada e che susciti, anche con il recente post che segnali, nuovo interesse

  2. Una volta pensavo di essere un bravo insegnante. Ora penso di essere un insegnante onesto, nulla di più. Ho dato alla scuola molto più di quanto la scuola abbia dato a me, e da un po’ di tempo ho smesso, perchè il do ut des non esisteva. Ma soprattutto non sono stato incentivato ad offrire quello che potrei offrire. Anzi. Silenziosamente la scuola, la dirigenza, il ministero mi chiede di dare poco e di non chiedere nulla. In numerose circostanze ho constatato di quanto sia pericoloso impegnarsi molto, perchè si accumulano frustrazioni anche molto importanti. In più di un’occasione ho vissuto sulla mia pelle la spiacevole condizione di chi, dopo un buon lavoro, invece che essere premiato viene indirettamente condannato. In che modo? In molti modi, ad esempio essendo trasferito in un’altra scuola, per ascoltare le folli logiche delle graduatorie, nonostante io, i colleghi, il dirigente, mi volessero con loro. Potrei raccontare molte altre storie, ma chiedo una cosa a te, Gianni: Credi vi siano molti lavoratori di altri settori che si chiedono se stanno facendo bene il proprio lavoro, tra quanti sanno di essere condannati per tutta una vita al ricevere uno stipendio ridicolo e al non poter mai fare un percorso di crescita professionale degno del nome di carriera, o tra chi è perfettamente consapevole che nel proprio ambito la riconoscenza si chiama pacca sulla spalla?
    Io, francamente, in un paese in cui con 1348 euro mensili non puoi vivere dignitosamente, delle pacche sulle spalle non so che farmene. Soprattutto se anche il riconoscimento sociale della “professione” (tra virgolette perchè professione non è) non esiste più.
    Tutto questo non lo dice un insegnante 60enne stanco del proprio lavoro. Lo dice un 33enne da diversi anni di ruolo, già chiamato in più occasioni a raccontare la propria esperienza professionale per i risultati incontrati, pioniere di una didattica sperimentale e comunque felice di entrare ogni giorno a scuola. Per questo le mie parole assumono un peso ancora maggiore. Molto spesso, anzi sempre, entro in classe e mi rendo conto che potrei fare molto di più ma non posso, per il folle modo in cui è strutturato il nostro sistema scolastico. Mi sembra di perdere tempo e farlo perdere ad altri. Mi sento spesso come un ciclista con una bicicletta che funziona bene e delle gambe allenate che deve condurre un gruppo di ciclisti in nuovi e complessi percorsi. Le loro biciclette sono diverse per stile e provenienza, per colori e materiali, ma ognuna può comunque muoversi, esplorare, correre. Ci sono però chiodi per terra, che potrebbero essere rimossi ma stanno lì, anzi vengono messi da chi dovrebbe toglierli. Poi ci sono bici con ingranaggi ormai secchi da oliare. L’olio c’è, si potrebbe usarlo ma no, non si può perchè è vietato. Poi ci sono dei limiti di velocità messi un po’ a caso. In salita c’è addirittura un limite di velocità minima troppo alto, e non ci si sta dietro. In pianura invece è di 15 km/H, ma tutti hanno gambe per andare a 30. I cartelli di orientamento sono messi sballati e a caso. Io ho una cartina giusta, ma non posso condividerla con gli altri, è vietato. Alla fine abbiamo girato un po’ a zonzo, visto poche cose, ma se si fossero fidati un po’ di più di me, non i ciclisti, ma chi organizza questi corsi di ciclismo, tanti problemi li si risolveva prima. E allora ci si stanca un po’ alla volta, sembra un dialogo tra sordi, che dialogo poi non è, perchè l’interlocutore ti ha già abbandonato da un po’. Ti ha detto “ora lavora, e non chiedermi nulla. Cosiì io non chiederò a te.”
    Ecco come siamo messi, caro Gianni.

  3. Simone, che piacere rileggerti. E’ da tanto tempo che le nostre strade non si incrociano, forse dai tempi del mitico LSCF Camp a Venezia!

    Che tristezza leggere la tua testimonianza di non apprezzamento del lavoro e tuo e della categoria.
    Purtroppo non sei il solo a portare questo tipo di testimonianza.
    Proprio pochi minuti fa mi sono imbattuto in questa manifestazione US http://www.teacher-appreciation.info/Teacher-Appreciation-Week-2013/
    La settimana della gratitudine verso l’insegnante. Pare di stare su Marte.
    Detta tra di noi, caro Simone, io non vedo altra strada che quella dell’impegno individuale e collettivo. Se aspettiamo nuove “politiche” per la scuola, stiamo freschi. Non si va da nessuna parte. Tieni duro. Ciao

  4. Pensiero 1: il bravo insegnante è quello che insegna anche sulla sabbia, con un bastoncino di legno (mi capita di pensarlo sempre più spesso).
    Pensiero 2, dal punto di vista dei genitori/ragazzi: il bravo insegnante è autorevole e preparato. Meglio ancora se sa trasmettere quello che sa.
    Pensiero 3: il bravo insegnante è una modalità dell’essere (mamma papera insegna ai paperini a nuotare… Tutti noi insegnamo ai nostri figli…) + tecnica. Per tecnica non intendo tecnologia, bensì gestione della relazione + gestione della conoscenza.
    La tecnolgia?!? Se c’è, tanto meglio… 😉
    Cari saluti

  5. Il bravo insegnante è quello che ritiene che la sua è una professione e non una missione
    Il bravo insegnante è quello che ritiene che il suo ruolo sia quello di creare un ambiente di apprendimento e non quello che pensa di essere lui l’ambiente di apprendimento
    Il bravo insegnante è quello che ha seguito un percorso di studi e formazione per imparare ad insegnare (quasi nessuno nella scuola dell’obbligo e superiore)
    Il bravo insegnante è quello che ritiene che il lavoro di progettazione e valutazione è altrettanto importante del lavoro in classe e va effettuato a scuola con i colleghi e non a casa mentre si prepara la minestra.

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