Dalla DdC – Didattica da Coronavirus – alla DaD – Didattica a Distanza

Tra le sparate più improvvide fatte fin dall’inizio di questa emergenza educativa troviamo affermazioni quali : ecco una buona occasione per innovare, per sperimentare, mettiamo a sistema, informatizzato la scuola…. Tutte affermazioni affrettate se non prive di senso.

Da professionista che da più di trent’anni si occupa di FAD praticamente su tutto il suo “ciclo di produzione”, avendo iniziato nell’era analogica e attraversando tutta l’era digitale anche se rivolgendomi ad un’utenza adulta, posso dire, in termini concettuali, che si, la FAD può avere un senso anche nel sistema d’istruzione, ma con molte precisazioni, distinguo e precondizioni.

Le questioni a mio avviso rilevanti sono:

  • Insegnare e imparare a distanza è molto più difficile che farlo in presenza,
  • Imparare a distanza richiede il possesso di capacità di lavorare in autonomia, di organizzare il proprio tempo, di monitorare il proprio lavoro e di apportare i correttivi necessari. Implica anche possedere eccellenti abilità di studio,
  • Insegnare a distanza implica il possesso di tecnicalità specifiche sui due macro sottosistemi che costituiscono la FAD, lo sviluppo dei materiali per l’apprendimento e la gestione dell’interazione didattica,
  • Le tecnologie digitali abilitano la realizzazione di attività di DaD e rappresentano strumenti di inclusione per alcune tipologie di persone che diversamente sarebbero escluse ma nelle condizioni socio-economiche in cui si trovano tante altre persone possono creare nuove forme di esclusione,
  • L’uso intenso ed esteso delle tecnologie digitali pone seri  problemi di privacy per la profilazione cui si è soggetti.

A cosa può servire la DAD

A prescindere dalla DaD così come la si sta facendo, che chiamerei in modo più appropriato DdC, Didattica da Coronavirus, l’insegnamento a distanza può coprire due ampie aree di ogni processo di insegnamento-apprendimento: la trattazione di nuovi “contenuti” da apprendere e la loro appropriazione (ho virgolettato “contenuti” perché con questo termine intendo tutte le mete della didattica, ovvero tanto i contenuti disciplinari che la abilità ma anche gli atteggiamenti e quelli che vengono chiamati state of mind).

Questi due sono processi che possono essere efficacemente sviluppati in aula e che possono, a determinate condizioni, essere tenuti anche a distanza, anche se va tenuto conto che se si volesse pensare ad una integrazione sensata di presenza e distanza si dovrebbero identificare per ognuno di essi gli ambiti più opportuni, quelli che consentono alle caratteristiche della presenza e della distanza di offrire il miglior contributo al processo di apprendimento; questi aspetti sono, a mio avviso, per la didattica in presenza la conversazione e per quella a distanza il rallentamento.

La didattica tra conversazione e rallentamento

Per specificare meglio lo spazio più adatto alla didattica a distanza partirei da uno dei concetti base dell’apprendimento: per lo sviluppo di un buon apprendimento è necessario che chi apprende si appropri dei nuovi “contenuti” oggetto dell’insegnamento; non basta che lo studente ascolti o legga ma è necessario che faccia propri quei contenuti, è necessario che integri nella propria struttura cognitiva i nuovi contenuti con quelli già presenti, è necessario un “lavoro” cognitivo ed emotivo, è necessario che lo studente sia impegnato in attività intenzionali per “portare dentro” i nuovi input per poter dare loro un significato.

E’ necessario che il processo di conferimento di nuovi contenuti rallenti, fin quasi a fermarsi. Questo rallentamento può essere fatto meglio “a distanza” quanto si hanno a disposizione tempi dilatati, quando non si vive nella caoticità della classe, quando si possono assumere ritmi propri senza interferire con quelli degli altri. La distanza facilita il prendere tempo per riflettere, per organizzare e chiarificare i propri pensieri, a focalizzare la propria attenzione e ad essere cognitivamente attivo.

Questo processo può essere utilmente attivato e realizzato a distanza attraverso attività proposte e gestite dall’insegnante. Si tratta di attività finalizzate a:

  • sistematizzazione
  • consolidamento
  • riesame
  • riflessione
  • autovalutazione
  • metacognizione

Centrale in questo tipo di attività è la riflessione (definita da J. Moon la “governante cognitiva – cognitive housekeeper). L’atto di scrivere attorno alla propria esperienza di apprendimento è estremamente utile perché rende esplicito ciò che è stato appreso e/o praticato in modo implicito. Aiuta, inoltre, a dare una struttura ai propri apprendimenti che, diversamente, potrebbero essere caotici e casuali. Per un buon apprendimento è, quindi, necessaria una riflessione attiva e  sistematica

La metacognizione è quel processo che aiuta a sviluppare le forme di pensiero su cui si basano le strategie per apprendere con successo.

Le attività operative che possono trarre beneficio da un lavoro a distanza più che da un lavoro in presenza possono essere:

  • La rappresentazione di cosa si sa attraverso la produzione di un artefatto cognitivo (un elaborato testuale, grafico, multimediale, ipertestuale, una mappa mentale o concettuale, una simulazione …),
  • Il riesame della qualità del proprio apprendimento con il supporto di una griglia/rubric di valutazione predisposta dall’insegnante (molto utile sarebbe anche la costruzione collaborativa di tale rubric),
  • La riflessione fatta a partire da domande-guida proposte “alla rinfusa” oppure sistematizzata in un diario di apprendimento,
  • La generazione di report di autovalutazione o di metacognizione.

Nella logica di una attività didattica svolta in prevalenza in presenza con sessioni di lavoro a distanza che devono essere pianificate, programmate e con questa strettamente integrate, si portano “a distanza” le attività da svolgersi in modo individuale mentre si dà spazio nelle attività in presenza a tutto ciò che può trarre beneficio dalla conversazione tra insegnante e studenti e tra tra gli studenti, ovvero la trattazione di nuovi contenuti, la socializzazione e la condivisione.

Chiaramente, l’integrazione tra didattica in presenza e didattica a distanza implica l’ideazione e la progettazione di un “ambiente di apprendimento” unitario e intenzionale collocando in ciascuna delle due dimensioni le operazioni didattiche più adatte alle caratteristiche dei due sotto-ambienti.


A distanza si potrebbero anche tenere attività di:

  • Approfondimento opzionale di tematiche curricolari,
  • Percorsi di studio su tematiche extracurricolari ,
  • Recupero di apprendimenti carenti.

La didattica a distanza ha un costo aggiuntivo in termini di tempo dedicato alla preparazione delle attività, al supporto e al feedback oltre che ai costi vivi di consumo della strumentazione digitale e della connettività. Tutti questi costi devono essere riconosciuti agli insegnanti e agli studenti.

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2 pensiero su “DaD- Integrare aula e distanza”
  1. secondo me lasci sullo sfondo un aspetto deontologico fondamentale, ossia il fatto che la DdC costringe molti insegnanti a dare un senso diverso a tutto l’insegnare e alla valutazione. Centrata sul formativo, sulla collaborazione, sulla conversazione. Questo va esplicitato per quei pochi o molti che vogliono interrogare e testare, o “misurare” con le stesse logiche della lezione in classe. Per me nemmeno le griglie servono. È una didattica basata sul lavoro. Si impara lavorando in modalità collaborativa, non verificando.

  2. in effetti non sono, qui, entrato in modo diretto nel merito della ristrutturazione della didattica (forse, non solo a distanza). Sulla DaD ho più volte scritto che la focalizzazione dovrebbe essere su di un “prodotto” da sviluppare che diventa il catalizzatore dei “contenuti” da sviluppare e delle micro-attività da utilizzare. Mi hai stimolato a scrivere qualcosa di mirato. Grazie

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