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Perchè no? Se uno non ha voglia di studiare, gliela facciamo venire noi obbligandolo con mille strucchetti.

E’ questo il succo, e l’amara conclusione, che possiamo trarre da un gustoso ed intelligente post di Adrianmo De Vita nel suo blog “Le tendenze poliziesche dell’e-learning“.

Adriano scrive della nuova versione di Moodle, la 2.0 (sempre più in là ad essere rilasciata) dove nota come costante in numerosi  nuovi moduli il “controllo” l’ “obbligo”: se non fai questa attività non potrai andare avanti (le così dette “attività condizionali”.

Pare invece che molti entusiasti e-teacher, messi alle strette da allievi che sono affatto attivi, partecipativi, creativi, entusiasti, stiano allegramente trasformandosi in e-bulldog.

Conosco abbastanza bene gli sviluppatori di Moodle e non mi pare abbiano tanto un’indole poliziesca e se si stanno buttando in questa direzione, sarà perchè da più parti questo è stato loro chiesto. Perchè il bisogno del controllo e  dell’obbligo è un bisogno reale di tanti insegnanti messi alle corde dai scarsi risultati di tecniche più democratiche.

Capisco (e condivido) che una certa strutturazione del percorso di apprendimento ci debba essere (sono poche le persone davvero capaci di autogestirsi un percorso di apprendimento completamente aperto,  ma  il fenomeno che questi nuovi “accorgimenti” di Moodle evidenziano è inquietante anche se per niente nuovo.

Il fenomeno, se così si può chiamare,  è quello della scarsa capacità di tanti nostri insegnanti di interessare lo studente alle attività didattiche; quindi, se non riesco ad interessarti allo studio, ti obbligo a farlo (Moodle o non Moodle).

Obbligare a studiare significa abdicare alla propria funzione di insegnante e di educatore , significa decretare il proprio fallimento come “professionista dell’apprendimento”.

L’apprendimento non è un fenomeno semplice (come talune tecniche didattiche vorrebbero far credere) e le variabili da governare sono tantissime. Ricordo una chiacchierata con Jonassen durante una escursione in montagna quando gli avevo chiesto perchè, secondo lui, ci fosse così tanta inefficacia didattica. La sua risposta è stata lapidaria: perchè tanti insegnanti hanno una visione approssimativa e semplicistica  dell’apprendimento”.

E’ ovvio che con una concezione inadaguata dell’apprendimento si attivi un approccio didattico altrettanto inadeguato.

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6 pensiero su “Apprendimento poliziesco”
  1. Esattamente. Nel corso degli anni ho visto molti docenti che si sono entusiasmati per le nuove tecnologie, come se esse fossero, in automatico, la panacea di ogni male. Ma la tecnologia, senza passione, desiderio di mettersi in gioco, impegno, motivazione, competenza da parte del docente è unicamente un guscio vuoto, come qualunque altro escamotage. E’ tipico del nostro tempo scambiare la tecnica (che è solo uno strumento) con il contenuto e le finalità dell’insegnamento: contenuto e finalità che sono anche e soprattutto “emotivi” (non solo nozioni, ma la passione dell’imparare, ecco quello che va comunicato)

  2. La questione si potrebbe risolvere (non semplicisticamente, ovvio) riflettendo sui diversi concetti di autorità e autorevolezza. L’autorità subentra quando la parte formale -misurazione, validazione- ha il sopravvento sulla valutazione degli apprendimenti. Nella scuola è spesso così! Questo discorso un po’ si rifà ad una riflessione che ho appena fatto sulla differenza fra agonismo e competizione. Così come per questi, anche per i termini iniziali c’è una visione, mentalità completamente diversa dell’impegno professionale del docente che, come dice Adriano, tiene conto di molte più variabili.

    Approfitto per farvi gli auguri di Buona Pasqua 🙂

  3. sì, se si arriva anche in questi ambienti all’apprendimento poliziesco è un segnale da non trascurare affatto.

    Condivido in toto che se si obbliga a studiare si è fallito nella professione di educatore e formatore.

    Tuttavia davvero sono tanti gli interrogativi aperti. Le nuove tecnologie possono e non possono aiutare.
    Il problema è che la scuola stava entrando in crisi anche prima della rivoluzione neotecnologica (anzi, per me l’insegnamento non è mai stato di buon livello). I nuovi media non hanno fatto altro che accelerare la crisi. Ora certe metodologie davvero sono inaccettabili agli occhi di chiunque abbia un minimo di senso critico.

    Il problema è che – come dice Gianni – l’apprendimento non è un fenomeno semplice. E le variabili sono davvero tante.

    ciao e a presto

    Antonio

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