Cattura 40 ladroni

Pare che siano proprio le tecnologie a rendere i nostri giovani studenti dei rincoglioniti cognitivi!

A prescindere dal fatto che certi usi didattici delle tecnologie addormentano davvero e non attivano il pensiero (vedi qui e qui), la posizione dei  40 professori italiani, appartenenti al network Athena della fondazione Pubblicità progresso, fa accapponare la pelle per il suo oscurantismo.

Aberrante la loro conclusione su come affrontare questa “emergenza” :

….vietando smartphone e iPad in aula; rivalorizzando l’insegnamento del latino e del greco e il ruolo della scrittura a mano; e regolamentando l’utilizzo delle nuove tecnologie da riservare a ricerche o sperimentazioni

Manca solo la reintroduzione delle punizioni corporali.

Di cosa si lamentano questi 40 insegnanti-ladroni (di futuro)?

  • linguaggio poco strutturato,
  • incapacità di uscire dal seminato (?),
  • tendenza all’apprendimento meccanico,
  • pensiero privo di senso critico,
  • fatica a stabilire l’ordine di priorità degli argomenti, 
  • non colgono l’esistenza di un’architettura e di una logica dei pensieri.
  • hanno tanti elementi di spunto, ma niente che li metta insieme, nessuna un’ipotesi di lavoro.

Il tutto, ovviamente, a causa delle tecnologie. E non della loro didattica.

Il problema non sono le tecnologie, ma come si fa didattica e, più precisamente, di come si fa didattica nell’era delle tecnologie pervasive.

E’ ovvio che ogni epoca ha i propri strumenti e che gli strumenti guidano le pratiche (qui). Cambiano gli strumenti, cambiano le pratiche. Elementare, Watson.

Che fare?

I “problemi” che loro evidenziano sono tutti problemi, meglio, questioni di apprendimento.

Il linguaggio articolato, appropriato, l’argomentazione, il pensiero riflessivo e critico, la capacità di fare collegamenti tra concetti, l’apprendimento significativo, la comprensione… sono tutte abilità che hanno alla base dei ben precisi processi cognitivi, processi che si possono allenare e potenziale.

I fatti citati non rappresentano mutazioni genetiche.

I fatti citati sono di certo veri in alcuni contesti, anche se non sono propri di questa epoca: gli insegnanti se ne sono sempre lamentati, lo dicevano sempre anche a me 50 anni fa. Forse i 40 insegnanti-ladroni (di futuro) hanno la memoria corta e pensano che il mondo cattivo inizi oggi.

Viene, allora, da chiedersi: che ci stanno a fare loro a scuola? Il loro compito è di prendere atto dell’esistente e di lamentarsi? O di affrontare i cambiamenti e  trovare delle strategie didattiche per supplire alle “carenze”?

E’ molto più comodo accusare le tecnologie che ammettere, anche solo a sé stessi, di essere degli insegnanti inadatti a stare a scuola nell’era delle tecnologie.

Il divieto di accesso a scuola dovrebbe essere posto ad insegnanti come loro, non alle tecnologie. Sono loro il vero danno che fanno ai loro studenti.

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Fonte del’input

Allarme-pensiero: «Con l’iPad studenti acritici»

 

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Sugli impatti cognitivi delle tecnologie digitali ho letto anni fa questo libro, e li ho trovato istruttivo. L0 segnalo

Beverly Abbey, Instructional and cognitive impacts of web-based education, 2000, Idea Group Publisching

Più recente, ma non lo ho ancora acquistato, Roberty Z. Zheng, Cognitive Effects of Multimedia Learning, 2011, Idea Group

 

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