cambiamento

 

A conti fatti, forse no. O, meglio, potrebbe essere opportuno non assumere questo obiettivo.

Innovare in modo autentico, non è facile, tanto dal punto di vista psicologico che operativo.

Innovare crea spavento, resistenze, razionalizzazioni.

Credo siano davvero pochi gli insegnanti, che per un lavoro di riflessione personale che hanno da tempo intrapreso anche in modo informale, siano pronti per intraprendere la strada dell’innovazione (attenzione: insegnanti “innovativi” che ne sono già tanti; più di quanto dall’esterno si possa pensare ma meno di quanti pensano di esserlo).

Innovare la didattica implica un cambiamento concettuale non da poco: cambiare i presupposti teorici (concettuali) su cui si fonda la pratica.

Con questo non voglio dire che non abbia senso innovare la (didattica), voglio dire che se alle intenzioni vogliamo far seguire le azioni, sarebbe già un obiettivo con significativo impatto pratico l’arricchimento, il miglioramento delle pratiche correnti.
Non sono necessari costosi e dolorosi cambiamenti: diamo valore e costruiamo su quello che già c’è e piccoli cambiamenti si possono fare.

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8 pensiero su “Bisogna davvero innovare la didattica?”
  1. Forse innovare, hai ragione, e’ una parola grossa, un concetto molto articolato che va preso con le pinze. Forse potremmo dire pero’ “aggiornare” o “integrare”?
    Cerco di spiegare, in breve: a me sembra che gran parte degli insegnanti quando entra in classe e’ come se cambiasse dimensione: il mondo al di la’ passa in secondo piano, la realta’ della scuola si impone (o viene percepita) come un qualcosa a se’, con sue proprie regole e dinamiche. Regole e dinamiche talmente radicate da farle sembrare quasi immutabili.
    Questa crasi tra realta’ scolastica e realta’ circostante e’ sempre piu’ spesso evidente e alla lunga fara’ ancora piu’ danni di quanti gia’ ne stia facendo. Quindi penso che se da un lato e’ giusto parlare di “piccoli passi”, dall’altro dobbiamo considerare che le cose intorno e fuori della scuola vanno a un ritmo molto piu’ accelerato e, piaccia o non piaccia, bisogna saperle cogliere, comprenderle, interpretare.
    Se si vuole dare un qualche senso alla parola “insegnamento”.

  2. Ok, prometto che non scrivero’ piu’ a tarda ora: nella correzione ho scritto “ho” senz’acca… (se puoi editare tu evitando tutti questi commentini, te ne sarei grato)

  3. Marco, non problem per i refusi. Io ne faccio di peggiori. Tanto la scrittura su questi ambienti è più attenta alla sostanza che alla forma, anche se una forma bella e corretta fa maggior piacere.
    Nel merito, non è che io non pensi che innovare, nel senso pieno del termine, sia necessario. Dirò di più: è un imperativo.
    Se ho scritto quello che ho scritto, è per due ragioni:
    1. Sento troppo spesso parlare di innovazione didattica quando l’innovazione viene vista con il microscopio elettronico e forse manco con quello, non esistendo neppure in dimensioni subatomiche. Meglio, quindi, non usare termini e concetti a sproposito
    2. innovare, anche per chi lo vorrebbe fare in modo autentico, è difficilissimo e troppo spesso non esistono le condizioni di contesto. Voler, in tale contesto, innovare, crea solo frustrazione per aver assunto un obiettivo impossibile. Meglio, quindi, porsi l’obiettivo di “aggiornare”, o “arricchire”, o “differenziare”. Tutti obiettivi a portata di mano, anche se non facilmente, e con risultati visibili

  4. Gentile Gianni
    penso che il rischio più grande sia quello di scambiare l’utilizzo di mezzi innovativi (es. LIM) con l’innovazione.
    Da insegnante, sto cercando davvero di spostare la didattica sul piano delle competenze, ma vedo che è proprio qui la resistenza più grande e non solo da parte dei colleghi.
    A che vale un secondo biennio delle superiori centrato sulle competenze se poi all’esame di stato verranno chieste solo conoscenze (o peggio solo nozioni)?

  5. Giovanni, quella che tu segnali è una contraddizione non da poco che vanifica ogni sforzo. Sulla lim non ho molto da aggiungere; troppa retorica si è consumata sulle sue povere spalle

  6. “troppa retorica si è consumata sulle povere spalle” della LIM, dici. Per tacere dell’Ipad, mi permetto di aggiungere: piattaforme chiuse per contenuti blindati da erogare quali “direttori d’orchestra” tra prodotti editoriali (coté formazione) e INVALSI (coté valutazione)..

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