Follia digitale2

Ho sempre sostenuto che il digitale a scuola sia un problema ma che il problema della scuola NON è il digitale.

La mia “fede” nelle tecnologie non può essere in alcun modo messa in discussione.

Sono stato certamente tra i primi ad occuparmene attraverso utilizzi sperimentali, e spesso audaci (*), riflessioni condivise prevalentemente attraverso questo mio blog (vedi categoria “tecnologie didattiche”) e scritture di libri, saggi e articoli.

Mi sono sempre occupato di tecnologie in modo non dogmatico, tanto che dopo un primo periodo di focalizzazione della mia attività professionale sulle tecnologie considerate come strumento per la didattica (ricordo che questo blog è nato con titolo “Oltre l’e-learning”) mi sono reso conto della ristrettezza di questa prospettiva e ho messo al centro del mio pensiero pedagogico e della mia pratica didattica l’apprendimento utilizzando gli strumenti adeguati e coerenti con il contesto.

Dopo la pubblicazione del saggio “Oltre l’e-learning” (2003) il blog è diventato ed è ancora “Apprendere (con e senza tecnologie).

Nessun dubbio, quindi, dell’importanza che attribuisco alle tecnologie e sul significato che a queste attribuisco e alle priorità che io ritengo si debbano assumere quando si parla di scuola, tanto che si assuma la prospettiva strategico-politica che quella contingente-operativa.

Conosco molto bene la scuola italiana frequentandola da “esterno” da quasi 40 anni , ne ho seguito il cammino in questo lungo periodo e ne conosco bene i problemi. Ho sempre considerato di corto respiro e prive di visione le varie politiche che sono state fatte per la scuola e considero davvero poca cosa i recenti interventi fatti con la così detta buona scuola.

Per questa mia storia e per questa mia visione mi sono preoccupato quando ho visto che il primo, consistente e organico intervento che questo governo ha fatto PER la scuola è stato un piano per la scuola “digitale”, un piano corposo in termini finanziari.

Questa sistematicità dimostra la strategicità attribuita da questo governo al digitale: questa è l’attività ritenuta più importante per risollevare la scuola italiana dalle condizioni in cui si trova.
Il digitale come leva strategica, la tecnologia come chiave di volta per migliorare l’efficacia della didattica e l’efficienza della scuola.

Pura follia!

Assumere questo approccio vuol dire non aver capito nulla dei problemi della scuola e soprattutto dei meccanismi del cambiamento.

L’efficienza e l’efficacia del sistema si fondano su una ampia visione d’insieme, su di una normativa generale sensata e organica, sul riordino dei cicli, sul ripensamento degli insegnamenti, sul miglioramento della didattica.

Si pensa che le tecnologie siano la bacchetta magica che con poco fanno cambiare tutto?

Che le tecnologie siano il cavallo di Troia per i veri cambiamenti?

Che il digitale “contamini” positivamente la didattica?

Pura follia!

Pensiero corto, debole, inconsistente.

Opportunità sprecata:  sprecati i soldi disponibili, sprecate le tante energie spese, sprecate le speranze accese. Un danno gravissimo le cui conseguenza la scuola italiana pagherà a lungo. Come sta pagando ora i tanti errori commessi nel passato.

Come non bastasse il deleterio PNSD, adesso c’è anche la settimana del Piano Nazionale Scuola Digitale con tanto di gare, concorsi e ricchi premi e cotillons. Un evento degno di un reality show più che di luogo di istruzione.

Pura follia!

Siamo all’accanimento. Siamo in piena strategia comunicativa e mediatica. È la conferma di quanto ha affermato pochi giorni da un altro “storico” delle tecnologie, Alessandro Rabbone, che in una discussione ha affermato che il piano digitale di diverso e migliore dei piani precedenti ha solo la strategia comunicativa. Profetico.

….a meno che …

A meno che ad animare il piano ci sia davvero un’idea forte e, allora, questa non potrebbe essere che quella di costruire una scuola sempre più orientata al mercato e sempre più aperta al mercato.

Una scuola che promuove stili, forme e abilità di pensiero funzionali al mercato. L’insistenza sul pensiero computazionale, di per sé dotata di un senso, è un chiaro esempio di focalizzazione su una forma di pensiero funzionale ai processi produttivi (E’ mutile ricordare che le forme di pensiero utili alla persona sono anche tante altre e alcune molto più importanti nella società contemporanea come il pensiero riflessivo, il pensiero critico, il pensiero flessibile …).

La scuola sempre più aperta al mercato, sempre più terra di conquista dei grandi player del digitale è evidente fin dai sciagurati tempi delle lim e che continua ora con i Tablet e altra ferraglia griffata.

Basta vedere la recente convenzione tra MIUR e Microsoft vista come una modalità per dare realizzazione ad una priorità della 107, l’innovazione della scuola. Una delle tante autorizzazione istituzionali alla conquista della scuola da parte dell’industria informatica.
E che dire delle sempre più frequenti certificazioni a marchio Apple, Samsung, Microsoft? Finti “esperti” ma in realtà veri e propri, pur inconsapevoli, promoter di un marchio?

Cos’e allora il PNSD?
Altro non è che la riedizione, istituzionalmente certificata e con ampio dispiegamento di mezzi, dei fallimentari piani per l’introduzione delle lim, stessa enfasi sull’innovazione affidata allo strumento, stessa retorica dell’innovazione, stessa attesa miracolistica di ottenere risultati con facilità, rapidamente e a buon prezzo. Stessa squallida tecnica da politici e tecnici di bassa caratura.

Cosa sono gli animatori digitali, assurti addirittura a terza carica dello stato e depositari dell’innovazione, se non la riedizione dei tutor lim di dubbia utilità? Dove si è visto il loro grande spessore pedagogico? Quali cambiamenti hanno indotto? Quali innovazioni stabili tutto questo ha generato?

Assai misere se si sente l’esigenza di un piano … finalmente ben strutturato!

 

Gloria Gery 1991

Gloria Gery, Electronic Performance Support System, 1991

Una ipotesi alternativa di lavoro

Da dove sarebbe dovuta partire una solida azione di cambiamento? Quali caratteristiche avrebbe dovuto avere un vero grande Piano Nazionale Scuola Efficace?

Il punto di partenza sono i veri problemi della scuola, strutturali, mai risolti: scuola lontana dal mondo, organizzazione arcaica, burocrazia farraginosa, cicli da riordinare, curricoli vecchi, classi numerose e difficili ….

Si dovrebbe partire dalla consapevolezza che non si tratterà di una passerella sotto i riflettori della ribalta, che si tratterà di un lavoro lungo, duro e fatto in silenzio, un lavoro fatto essenzialmente con le persone e non con le macchine.

A mio avviso un piano con qualche speranza di successo per un cambiamento avrebbe dovuto essere centrato sulla didattica e prevedre un’azione sinergica tra normativa e azioni di accompagnamento.

Parlo di un Piano dello stesso costo del PNSD, non parlo di soldi inesistenti o di costi non sostenibili.

Per non inventarci nuovi punti di partenza e nuovi oneri per le scuole e gli insegnanti si potrebbe partite da due realtà: I RAV e gli associati Piani di miglioramento e la didattica per le competenze.

Se il RAV è una cosa seria, cosa più delle criticità e degli obiettivi lì identificati rappresentano gli ancoraggi di ogni attività delle scuole? Attività che avrebbero un denominatore comune capace di dare organicità a tante piccole azioni che diversamente potrebbero sembrare ed essere episodiche e autoreferenziali.

Cosa meglio delle competenze potrebbero rappresentare il catalizzatore metodologico e operativo di nuove didattiche? La didattica per le competenze è una didattica ricca, efficace, inclusiva, una didattica fondata sulle conoscenze sull’apprendimento sviluppate in questi ultimi trent’anni, una didattica all’interno della quale poter adottare una grande varietà di strategie didattiche.

In tutto questo le tecnologie avrebbero certamente un loro spazio: non è immaginabile, oggi, una scuola e una didattica che ignorino le tecnologie ma con una visione simile sarebbero giustamente collocate e il loro ruolo di strumento sarebbe adeguatamente valorizzato.

Perché non si è varato un piano simile pur avendo lo stesso costo?

Semplicemente perché sarebbe stato più impegnativo, tanto più impegnativo, meno propagandistico e privo di effetti speciali e, soprattutto, meno appetibile per Confindustria, le aziende di informatica e tutti gli altri che sulle tecnologie fanno affari.

Un piano simile non è stato varato, prima di tutto, perché abbiamo teste troppo piccole per contenere idee tanto grandi.

 

 

(*)
Tra i tanti lavori miei in tema di didattica con le tecnologie(progetti che ho ideato e gestito) ne ricordo qui solo alcuni, quelli che a me sembrano più significativi e di cui c’è ancora una qualche traccia.

LAPs, Learning Acess Points, Luoghi per Apprendere, realizzato in un’area interna della Sardegna tra il 1999 e il 2000
http://www.marconatonetwork.it/laps/

Copernicus, sistema di tecnologie per la didattica della Provincia Autonoma di Bolzano, Formazione professionale avviato nel 2001 e ancora attivo. Il progetto ha ricevuto l’European e-learning Award nel 2007 http://www.copernicus.bz.it/it. Alcuni progetti realizzati in questo progetto quadro http://www.copernicus.bz.it/sites/default/files/Liste-Projekte-Copernicus-ital.pdf

Apprendere con le tecnologie, terminato nel 2007 http://www.apprendereconletecnologie.it/

Imparare Sempre, nell’ambito della formazione continua, terminato nel 2011 http://e-learntools.provinz.bz.it/impararesempre/

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