Un po’ di attualità.

Mirella Shaerf, direttrice formazione al CNIPA, oggi al TED a Genova, nella sua introduzione al seminario “I nuovi strumenti informatici (Wikies, Blog, Webcast, podcast, ..) e il loro ruolo nella formazione per le pubbliche amministrazioni”, ha affermato che questi nuovi strumenti (di quello che viene chiamato “e-learning.2”) dovrebbero proporci nuove modalità di uso didattico delle tecnologie che ci aiutino a superare i limitati risultati portati dall’e-learning tradizionale, quello basato su contenuti digitali.
Ad onor del vero, la stessa Shaerf da un paio d’anni, in diversi seminari, cita ricerche USA che evidenziano come solo una percentuale molto bassa dei partecipanti ai corsi e-learning sono soddisfatti .
La sua diagnosi, che condivido, riconduce i “problemi” alla noiosità della lettura/studio di materiali digitali, alla de-contestualizzazione dei corsi, ai contenuti che vengono approcciati in modo passivo e non di appropriazione.
L’alternativa, sempre secondo la relatrice, sono gli strumenti “collaborativi ed intelligenti” del web2.
A questo punto mi sorge spontanea una domanda (retorica e garbata): perchè il CNIPA continua a finanziare sviluppo di contenuti?

Una esperienza diretta: ho verificato sulla mia pelle che la vera e, spesso, insormontabile barriera al cambio di paradigma è rappresentata dalle persone che propongono la formazione, non da quelle che ne saranno destinatari, in quanto i “decisori” delle esperienze di apprendimento altrui sono guidati (o meglio, sono ostaggi) della propria idea di come si apprende.
Questa “teoria implicita” dell’apprendimento e dell’insegnamento, si è costruita in anni di “militanza”come allievo, prima, ed insegnante, poi, nella scuola che tutti conosciamo bene e che ruota attorno ai contenuti.
Ogni innovazione, sono certo, deve fare i conti con queste rappresentazioni che, come già detto, sono “implicite”, non consapevoli e, terribilmente, attive.

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