Qualche dato (alla rinfusa. giusto per conservare e sistemere due appunti) sullo stato dell’arte in una tavola rotonda sul ruolo dell’informatica nella riforma della scuola:

  • Non penetrazione dell’informatica nella scuola superiore. Informatica che innova ovunque, ma non nella scuola. Si ha quindi il fallimento dell’ipotesi informatica.
  • Necesità di rifondazione dell’insegnamento dell’informatica
  • Nel PNI solo il 20%di quelli che hanno aderito alla sperimentazione seguono il programma della stessa (hanno attivato il percorso solo per avere un paio d’ore in più in pogramma)
  • Carenza di docenti con titolo coerente
  • Non si ha un’effettiva integrazione tra le discipline coinvolte
  • La formazione degli insegnanti non è servita, quella fatta non è stata sistematica, non valutata, non condivisione dei prodotti
  • Ruolo fondamentale del problem solving (!)  nell’integrazione delle diverse discipline scientifiche

Significativi i dati emersi da una ricerca della  Fondazione Agnelli sull’uso delle tecnologie nella didattica. Il tema della ricerca erano i divari della scuola italiana, la sua efficienza, equità, efficacia.

Un dato confortante: non siamo in ritardo nelle dotazioni informatiche delle scuole rispetto agli altri paesi; abbiamo recuperato il ritardo passato. Ottima notizia. Ma il problema è dove e come si usano: qui siamo particolarmente in ritardo.

Le competenze informatiche degli insegnanti sono in linea con quelle degli altri laureati non insegnanti; nessun divario neppure qui.

Un dato chiaro: anche dove le tecnologie ci sono e sono usate, si hanno pratiche didattiche obsolete.

La ricerca si domanda quali evidenze empiriche abbiamo sul tanto declamato valore aggiunto nell’apprendimento dall’uso delle tecnologie. Cosa vuol dire cambiare in meglio la scuola?

Secondo la FGA vuol dire migliorare i saperi, gli apprendimenti e fare in modo che chi ha imparato con le tevnologie sappia qualcosa di più e se la cavi meglio di chi non le ha usate

Le evidenze in questo senso sono poche, tanto in Italia che a livello internazionale.

Dal PISA 06 emerge che esiste una correlazione tra la familiarità con cui si usano le tecnologie nella scuola e i risultati che ottiene chi le usa. Pare che con 3 anni di uso si abbia il 35% in più di risultato.

Ma non si hanno prove di correlazioni in ambito scolastico ne positivo ne negativo. Una ricerca IPRASE testimonia correlazioni positive.

Pare si debba concludere che la correlazione positiva tra uso delle tecnologie e apprendimento debba rimanere un atto di fede.

La mia posizione su questo tema è la seguente:

  • anche un approccio empirico consente di rilevare che le tecnologie sono usate all’interno di pratiche didattiche tradizionale (vedi, anche, i monitoraggi sull’uso delle LIM)
  • viene ulteriormente smentita l’ipotesi “cavallo di Troia” e trova conferma quanto e da sempre predico (entrando in contrasto anche con “illustri accademici” che affermano il contrario), che il problema dell’innovaazione didattica va affrontato di petto e non per vie traverse
  • il tema dell’innovazione didattica è complesso come pure è complessa la tematica della didattica con le tecnologie
  • il problema è l’apprendimento; non l’insegnamento e men che meno le tecnologie
  • quando si parla di usi didattici delle tecnologie vanno fatti tanti distinguo: in quali contesti didattici,  per quali obiettivi di apprendimento, sulla base di quali strategie didattiche…..  Lo stesso dicasi per ogni tentativo di misurare l’impatto.

A conclusione della tavola rotonda, durante la quali i gerontocrati di AICA hanno cinguettato amabilmente con il Ministero, rimango con il convincimento che AICA si voglia accreditare come interlocutore privilegiato, se non unico, del ministero per la didattica dell’informatica.

Siamo, davvero, in buone, buonissime mani. Il destino della scuola è assicurato:  in discarica, area rifiuti tossici…..

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6 pensiero su “Didamatica 2010 e Fondazione Agnelli”
  1. stavo pensando a quando l'anno scorso avevo chiesto chiesto se si potevano fare i colloqui con gli insegnanti, mediante appuntamento con posta elettronica e skype, dato che il livello segreteria amministrativa si stava attrezzando con la pec.Per lo più, sguardo nel vuoto, e discorso lasciato cadere.

  2. Caro Gianni, mi sento in sintonia con le tue affermazioni. In modo particolare quando dici “anche dove le tecnologie ci sono e sono usate si hanno pratiche didattiche obsolete”. E’ chiaro che l’innovazione ci sarà solo quando cominceremo a metterci in discussione a livello didattico.
    Inoltre l’Informatica (quella con la “I” maiuscola, quella del problem solving, del linguaggio Logo, delle simulazioni, dell’aritmetica binaria, ecc. ecc.) è stata finora surrogata, nella Scuola, da un’altra informatica (con la “i” minuscola) fatta spesso di procedurette per animali ammaestrati e impiegata per lo più – inopinatamente – come cavallo di Troia, ma senza alcun successo. Credo sia ormai ora di restituire all’Informatica il suo ruolo altamente formativo e per nulla subordinato ad altre discipline, distinguendo le Scienze dell’Informazione dalle (semplici) Tecnologie Didattiche.

  3. @ Marco, non sei l’unico a scontrarti con un ambiente così refrattario alle tecnologie. Pensa che proprio la scorsa settimana il dirigente di una scuola per il quale porto aventi un progetto di collaborazione tra docenti basato sui Moodle per svolgere attività ben definite, un progetto che stenta a decollare perché , i suoi insegnanti gli hanno detto, le tecnologie sono un ostacolo … Al che gli ho proposto di chiudere Moodle e di attivare uno scaffale dove ogni insegnate depositerà i i suo lavori, lavori che potranno essere visti dai colleghi che lì si recheranno … La verità è che usare le tecnologie è percepito come un lavoro supplementare. O un approccio per cui non ci si può sottrarre al lavoro … Ma qui il discorso sarebbe lungo magari ci dedicherò un post perchè l’incidente mi ha irrritato non poco

  4. @ Marco P, mi è piaciuta molto la tua espressione dell’ …..altra informatica (con la “i” minuscola) fatta spesso di procedurette per animali ammaestrati …”. Sono avvilenti queste banalizzazioni, questi approcci superficiali, approssimativi … e “venduti” come approcci seri, strutturati … Come diceva Schank … a che serve fare una cosa quando basta dire di averla fatta?

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