Apprendimento2

 Tante discussioni che si fanno nei corsi, ma anche nei social, sono focalizzate sull’insegnamento e sulla scuola ma c’è sempre un fantasma che stenta a materializzarsi e che è il vero centro di ogni questione didattica: l’apprendimento.

L’apprendimento non è quasi mai preso in considerazione in modo diretto, è un dato scontato, non è quasi mai oggetto di domande; è come l’acqua per il pesce: essenziale quanto scontata ( non si usa dire che il pesce è l’ultimo ad accorgersi dell’esistenza dell’acqua?).

Si parla di problemi di insegnamento, di metodologie, di necessità di cambiare metodo, si discute della superiorità di un approccio su un altro. Si parla, anche, di studenti che “non seguono”, che non si impegnano, che imparano e poi dimenticano (ho sentito dire “tutto scompare nella mente carsica dello studente”).
L’imparare pare essere un esito dovuto ma il non imparare sembra inspiegabile se non attribuendo colpe al malcapitato studente che non ha voglia o non sa imparare. La ragione di tutto questo non viene però presa in considerazione: l’apprendimento.

A dispetto della non considerazione (apparente) dell’apprendimento, un’idea di cosa sia, di come si attivi e si sviluppi è sempre presente nelle nostre menti, agisce inesorabilmente e determina in modo decisivo l’azione dell’ insegnante. La determina, però, spesso in modo inconsapevole: sono quelle che in gergo tecnico sono conosciute come “teorie implicite”, concetti, idee e rappresentazioni sulle quali sono basate le nostre azioni ma delle quali non siamo consapevoli.

Le teorie implicite dell’apprendimento ce le siamo costruite nel tempo, partecipando noi stessi ad attività educative come studenti; anni e anni di esposizione a queste teorie e ai loro effetti pratici. Per anni abbiamo visto insegnare in un certo modo e quel modo è diventato per noi IL modo di insegnare, il solo modo di insegnare, il modo ovvio e naturale di insegnare.

Le teorie implicite si sono insediate nel nostro modo di pensare in forma solida e strutturata per cui una volta che ci troviamo a insegnare determinano inesorabilmente il nostro modo di fare didattica; sono teorie persistenti e non si modificano facilmente, quasi macchie indelebili. Ogni tanto si può cambiare in omaggio a un dover essere didattico, ad una ideologia dell’apprendimento predicata qua e là (oggi spesso associato all’uso delle tecnologie che per usarle bene bisogna usare una didattica costruttivista), ma questo cambiamento è superficiale e alla prima difficoltà si torna alla normalità.

Queste teorie sono dette anche “ingenue” perché costruite sulla base di come le cose ci appaiono in apparenza, sulla base degli elementi che più facilmente percepiamo. Ma anche sulla base anche di precedenti idee/teorie su come funziona il mondo. Il nostro sistema di conoscenza del mondo si costruisce e si struttura in questo modo: costruire su idee sbagliate o approssimative porta a mettere in atto comportamenti inadeguati o inefficaci.

La cosa può anche non essere dannosa in sé: un bambino ha “teorie” native (e molto ingenue) su come funziona il mondo ma nessuno mai chiederà a un infante di 3 anni di progettare un ponte, ma da grande lo potrà fare perché avrà perfezionato queste teorie confrontandosi con altre evidenze con cui viene a contatto, riflettendo sui risultati delle proprie azioni e sugli eventuali errori, ma anche approfondendo il tema confrontandosi con le esperienze e le conoscenze sviluppate da altre persone raccolte, alcune volte, nei libri (in buoni libri).

Io stesso ha mie “teorie” economiche o sociali, ma per fortuna non sono responsabile delle politiche economiche o sociali europee; forse con le mie teorie economiche riesco a malapena a gestire la mia economia personale.

Quando insegniamo non facciamo attività di volontariato a siamo dei professionisti e teorie native o ingenue messe alla base del nostro lavoro non vanno bene.

…. anche se certi imprenditori naturali gestiscono un’azienda meglio di un bocconiano pluri-laureato e masterizzato. Di certo quell’imprenditore ha fatto evolvere le proprie teorie implicite con l’esperienza e la riflessione e quel bocconiano ha letto tanti libri, ha fatto tanti esami ma ha zero esperienza, oppure ha fatto esperienza non riflettuta e, in fin dei conti, non ha esperienza.

La questione non è semplice, ecco perché è tanto difficile cambiare…. anche se qualche insegnante naturale io lo conosco.

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