visionario1Ritorno sulla questione dei e-book, spero per l’ultima volta. Il tema non mi appassiona più di tanto se non  per il suo essere paradigmatico di tanti mistificanti approcci all’inovazione nella scuola.

Sono due le questioni che mi preme sottolineare: 1. quali sono i veri termini della querelle e 2. chi è innovatore  e chi no.

Sulla prima ho commentato nel blog di  Mario Rotta dove sostengo che l’obiezione forte che da più parti viene fatta al “valore” e alla “innovatività” dei libri di testo digitali non riguarda tanto il loro valore intrinseco (qui abbiamo un vasto range di pareri dal vanno già bene così al  bisogna cambiarli radicalmente, eccc…)  quanto l’attribuzione di proprietà magico-miracolistiche che chi vende e-book fa al suo prodotto. Il problema è la counicazione commerciale che si fa degli stessi, una comunicazione tesa a far  credere agli insegnanti (soprattutto quelli “sprovveduti” e che sono la stragrande maggioranza), che i libri digitali siano dotati di proprietà che non hanno e perpetuando, in questo modo, l’attaccco commerciale alla scuola che da sempre viene fatto da editori e fornitori vari.  Comunicando in modo fuorviante il senso dello strumento non si contribuisce a sviluppare la consapevolezza che la vera innovazione è sempre e solo l’insegnante e si forniscono comode scorciatoie (il “miracolo”, il “potere delal tecnologia”…) a chi, poveri loro, non ha gli strumenti riflessivi e conoscitivi – ed in ultima analsi “competenza” – per per esercitare il proprio ruolo in modo professionale.
La seconda questione riguarda il fatto di cosa sia davvero innovativo quando si parla di “testi” scolastici, ovvero di “risorse” per insegnare e per apprendere. Su questo mi sono soffermato  qui più volte e lo riprendo nuovamente ma da un diverso punto di vista. Mario Rotta ed Agostino Quadrino di Garamod nel suo blog (di Mario) ed anche nei loro commenti nelle diverse discussioni bollano come “conservatori” tutti coloro che non si dichiarano degli entusiasti degli e-book, tutti coloro che manifestano delle perplessità, che vedono anche le ombre (magari solo le ombre), che dicono … si … ma, confondendo – a mio avviso – l‘atteggiamento crito-riflessivo con un atteggiamento conservator-reazionario. Cosa luntanissima dalla realtà, consioderando anche che molti dei critici (tra cui il sottoscritto) non sono in posizioni culturali ed operative di conservazione.

Per dirla tutta, secondo me la vera (*) innovazione quando si parla di risorse (anche digitali) per la didattica non sta tanto nell’e-book, nella sua forma, nei suoi aspetti tecnici anche di lettura, quindi nel promuoverne la ricerca, la sperimentazione… ma la vera innovazione (qui siamo nell’area dell’aggiornamento al digitale di un prodotto analogico) sta nel immaginare (e nel praticare) la libera circolazione dei supporti didattici (e-book o che altro siano) nella prospettiva dell’Open Education.

L’innovatore  è colui (e colei) che produce anche con i suoi  poveri mezzi – da vero bricoleur – (non da … broccoleur) i materiali che usa, li sperimenta, li migliora e li condivide.

Non si tratta, solo, di “produrre” e “condividere” ma di creare la cultura dell’auto-produzione e della socializzazione, una cultura che ancora non crese a ritmo veloce complice la paura di “far vedere” il proprio lavoro o la “gelosia” per l’esclusiva proprietà dello stesso o, anche, per il non attribuire valore ed autorevolezza al lavoro di un collega – la gratuità è in questo caso un limite più che un valore – e preferire quello di un “esperto”.

Tutti coloro che lavorano in questa prospettiva sono i veri visionari (l’anticamera dell’innovazione), quelli che “vedono in avanti” perchè il presente è fatto di conformismo, di piattezza professionale. Il presente è per soluzioni rassicuranti; il presente è per gli e-book (commerciali, ovviemente).

(*) il “vera” in questo contesto non sta per “verità”. Qui nessuno ha LA verità, la la SUA verità

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7 pensiero su “Chi è innovatore?”
  1. Concordo. Il problema è che la discussione, di per sé interessante, è stata ridotta a un dibattito tra i pro-Garamond e gli anti-Garamond. Ho espresso le mie perplessità sugli e-book, non per questo mi sento di essere etichettata come una che critica Garamond e il suo operato. Se i termini della questione si riportassero più correttamente a posizioni che nulla hanno a che fare con i binomi pro/contro casa editrice e innovatori/oscurantisti sarebbe senz’altro più positivo. Non mi pare che il ragionamento “chi non è con me è contro di me” sia molto costruttivo.

  2. Accidenti Gianni che brutta idea ti sei fatto degli editori di E-Book. Essendo parte in causa, non posso nasconderti che le tue parole mi sono dispiaciute e mi hanno molto deluso: non pensavo che fosse questo il tuo pensiero su Garamond (che non citi, ma di altri editori di E-book in giro nel vedo pochi, almeno quest’anno), quando ci siamo incontrati qui a Roma per una possibile collaborazione un paio di settimane fa.

    La nostra comunicazione sarebbe in totale mala fede, fuorviante e miracolistica? Ma, a parte Garamond, che modesta stima hai dei docenti, caro Gianni, che nella tua visione sarebbero nella “stragrande maggioranza” degli “sprovveduti” (!?!)

    No, non condivido affatto questo modo di presentare i docenti, categoria alla quale sono appartenuto per piu’ di 15 anni, che sa benissimo distinguere da sola i “pataccari” o i piazzisti da chi cerca di fare onestamente il suo mestiere, con rispetto di tutti e senza alcun intento manipolatorio.

  3. sono d’accordo. L’innovazione parte del basso. La vera innovazione deve avvenire nella testa di coloro che la scuola la vivono ogni giorno. I mezzi e gli strumenti, se servono, verranno da soli.

    Ci pensate ad un iPod imposto per decreto legge?

  4. Riporto qui la mia replica a Quadrino su FB: “Agostino, ho semplicemente ribadito cose che ho già scritto altre volte ed anche nell’incontro che tu citi. Penso che gli e-book abbiano una loro funzione ma penso, anche, che per ragioni pubblicitarie si enfatizzi un po’ troppo la loro portata “innovativa”. Come già detto, anche a voce, credo che un atteggiamnto meno “entusista” (ma tu stesso mi hai fatto notare che una certa enfasi sia necessaria quando si va a vendere – e su questo non posso che darti ragione) sugli e-book come sule LIM ed altro possa solo che fare del bene tanto a chi vende che a chi compera. Nulla contro gli editori, a maggior ragione se sono piccoli ed indipendenti come Garamond.
    Credo che come dice Guglielman in un commentoi sul blog, la questione abbia preso la sgradevole china del pro e contro Garmond, china che spero non aver mai contribuito a prendere. A prescindere dalla possibiloe collaborazione con Garamod o altri editori.
    Sul “fuorviante”. questo va letto nel contesto delle riflessioni che da tempo faccio circa l’innovazione nella didattica e delle tante delusioni create nei docenti per una innovazione eccessivamente comunicata e non ritrovata nelle appliaczioni reali. Dall’e-learning, ai Lo, alle lIm ed ora anche agli e-book.
    Ricorderai la metafora dell’araba fenice che feci nella nostra gradevoloe chiacchierata a Roma, da te.

    Replico, inoltre a Daniela Nardari che mi/ci accusa di scarso entusiasmo per gli e-book
    “L’inovazione non fa paura ne a me, ne a Leonetti, ne a Guastavigna, ne a Guglielman, ne a Fiore, ne eccc….. (scusate colleghi/e se mi permetto di associarvi tra i non paurosi dell’innovazione) e le nostre storie professionali lo testimoniano.
    Sull’essere entusiasti, il fatto che non lo si sia per gli e-book non vuol dire che lo si possa essere … Visualizza altroper qualche altra innovazione. Qui pare che si auspichi un entusiasmo … a prescindere, e questo si che non appartiene alla mia storia professionale. Un esempio? Ho cominciato a fare formazione a distanza più di 20 anni fa, sotto il mentoring di Pellerey, quando ancora ilo copia, taglia ed incolla lo si faceva con la forbice, la fotocopiatrice e con la colla in vasetto. Il mio primo progegtto di “formazione in rete” lo ho fatto in un’area interna della Sardegna 10 anni fa con risultati entusiasmanti …. segue
    … continua
    I “segnali deboli” sono stati sempre per me delle indicazioni forti e chiare. Quindi, entriamo nel merito delle cose e basta con le etichette. Lasciamole a persone a corto di argomentazioni e ne Mario ne Agostino ne tu lo siete. Sperando che voi italiani che a Barcellona ci siete andati abbiate portato fatti e non ipotesi.

    Passo e – davvero – chiudo.

  5. Si impone anche il mio commento, prima di tutto per precisare che non ho mai diviso il mondo in innovatori e conservatori. Per due ragioni. La prima è che so perfettamente che in questa discussione asimmetrica e delocalizzata su vari blog tutti i partecipanti sono sperimentatori, e quindi potenziali innovatori. La seconda è perché non credo che questo sia l’oggetto della discussione. Mettendo da parte altre considerazioni che sono emerse (l’opportunità della circolare, lo “stato” in cui versa la scuola, le politiche commerciali…), ritengo infatti che la differenza (uso volutamente un termine sfumato, fuzzy) sia piuttosto tra chi ritiene che si possa/debba essere critici nei confronti di una nuova tecnologia per poterne fare buon uso e chi pensa che è prevalentemente attraverso l’uso sperimentale di una tecnologia che se ne possano comprendere le reali potenzialità e identificarne le “buone pratiche”. Qual è il mio punto di vista è chiaro, e ho cercato più volte anche di spiegare le ragioni che mi hanno convinto (da parecchio tempo) a ritenere così importante la pratica sperimentale nella ricerca dei fondamenti “critici” delle cosiddette tecnologie didattiche. Ne ribadisco soltanto una, banale se volete: le tecnologie si diffondono, soprattutto tra i ragazzi, indipendentemente e “nonostante” la scuola, spesso prima che la ricerca stessa, e i legislatori, se ne accorgano. Insomma, i ragazzi hanno già l’iPod, e non è sostenibile pensare di poter dire loro “aspettate, stiamo cercando di capire come se ne può fare un uso intelligente”. Ma non hanno ancora un eBook reader, e per una volta almeno preferirei che fossimo noi ad anticipare/accompagnare la tendenza, senza aspettare che il mercato, lo stato delle cose o non so che altro ci mettano di fronte al fatto compiuto, a ragazzi che “ormai” usano gli eBook mentre noi siamo ancora qui a discuterne i significati e le implicazioni. Questo non significa rincorrere la novità a tutti i costi , o cavalcare l’innovazione. Significa cercare di portare nella scuola e nell’educazione, semplicemente, la realtà. Ma anche considerare le tecnologie non come oggetti di studio (chè questo sono state spesso considerate da molti “ricercatori” che non a caso non si degnano di interagire in queste discussioni) ma strumenti di apprendimento e possibili leve, ingranaggi di un cambiamento positivo…

  6. Grazie Mario per la tua precisazione che consente anche a me un paio di precisazioni nel merito:
    1) ciò che ha “irritato” tante persone giustamente o a torto viste come “oppositori” all’introduzione degli e-book, è stata la comunicazione tendente ad accreditare l’e-book come una innovazione dagli effetti miracolistici; depurata di questo, nulla in contrario che chi ne è convinto, sperimenti;
    2) ognuno di noi è impegnato nel suo campo di attività culturale e materiale in numerosi fronti che non si riescono a seguire come meriterebbero. E’ ovvio, quindi, che ciascuno di noi dia la priorità ad una cosa piuttosto che ad un altra. Nel mio percorso l’e-book non è una priorità e mi fa piacere che nel tuo lo sia in modo che anch’io possa imparare da quello che tu pensi e fai;
    3) quando parliamo di “innovazione” o di “sperimentazione” nella scuola ognuno di noi ha le proprie idee su cosa possa essere più utile oggi, su cosa valga la pena di impegnare scuole e d i loro operatori per migliorare l’output del nostro sistema d’istruzione; alcuni non vedono tra queste gli e-book ritenendo altri tematiche maggiormente promettenti nella direzione del “miglioramento”, altri vedono come strategico l’e-book.
    Spero sia, quindi, chiaro che nessuno blocca nessuno e che tutti abbiamo da imparare dagli sforzi di tutti coloro che lavorano credendoci.
    Grazie ancora per la riflessione

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