Chi, tra le persone serie, ragiovevoli, riflessive, ha mai detto che le tecnologie didattiche avrebbero reso obsoleto l’insegnante?

Chi ha ha mai pensato di sostituire l’insegnante biologico con quello digitale?

Chi ci attribuisce questa intenzione è il lacaniano Massimo Recalcati, psicanalista di vaglio, nel suo intervento su la Repubblica di ieri 31 ottobre dal titolo “Elogio degli insegnanti. Perchè la tecnologia non può sostituirli“. http://tinyurl.com/6eydfsz

Del suo intervento mi piacciono tre idee:

  • la potenza pedagogica dell’errore, della fallibilità dell’inciampo,
  • l’eros del desiderio come condizione dell’apprendimento,
  • l’apprendimento come possibilità.

Mi piace anche questa sua stigmatizzazione di un certo modo di intendere e di fare scuola:

Certamente ci sono insegnanti che separano il sapere dalla vita e che offrono ai loro alunni solo una serie di nozioni nate già morte. In questi casi non c’ è vita ma routinee un uso sterile del sapere.

Non contesto, quindi, il suo approccio alla questione, soprattutto perchè sviluppa in modo efficace il tema del valore dell’insegnante.

Per dire della mia condivisione di tanta parte del suo pensiero, cito anche questo passaggio dove evidenzia quallo che, a mio avviso, è uno dei grandi problemi della scuola oggi: la non percezione di “causa comune” tra scuola, insegnanti, famiglie, genitori:

Nel nostro tempo l’ insegnante è sempre più solo. Questa solitudine non riflette solo la sua condizione di precariato sociale, ma anche la rottura di un patto generazionale coi genitori

Ciò che suscita la mia … irritazione è la banalizzazione del ruolo delle tecnologie a scuola che proprio non mi sarei aspettato da una mente raffinata come la sua e l’approssimazione di certo pensiero.

Vediamo la prima

Il nostro tempo favorisce invece l’ assimilazione dell’ insegnante ad un computer, ad un tecnico di un sapere senza corpo, totalmente disincarnato.

Forse è la strisciante  svalorizzazione sociale e culturale dell’insegnante che lo priva di quello spessore e di quel ruolo intellettuale che ne faceva un …  essere umano riducendolo ad un esecutore di routine, quindi una macchina che trasmette (si, trasmette) algide informazioni. Non è, quindi, l’avvento del computer ad aver meccanizzato l’insegnamento. Sono i complessi meccanismi sociali, culturali e politici ad averlo fatto. E, forse, anche un arretramento degli insegnanti stessi sul contenuto del proprio ruolo e l’abdicazione (ad esempio, al libro di testo) di funzioni ricche del ruolo.

Un secondo passaggio “critico”

Nel tempo in cui la rete sembra scalzare la funzione dell’ insegnante offrendo un sapere a portata di mano e senza limiti, dobbiamo ricordare che essa non ha un corpo, non può animare l’ erotica dell’ apprendimento. Le possibilità della rete e la computerizzazione tecnologica dell’ insegnamento sembrano invece coltivare l’ illusione dell’ esclusione del corpo dalla relazione didattica.

E’ un certo uso della rete (e delle “nuove” tecnologie”) che apre la prospettiva della scuola-supermercato della conoscenza. E’ la scarsa consapevolezza delle potenzailità delle innovazioni tecniche che porta ad usare strumenti nuovi per fare cose vecchie. La “computerizzazione tecnologica dell’insegnemento” non è la sola via all’integrazione delle tecnologie nella didattica. E’ solo la via peggiore.

Questa proprio non l’ho capita:

Ma solo un cognitivismo esasperato può pensare di separare i processi di apprendimento dall’ eros che abita da sempre ogni relazione formativa …

Cosa voglia intendere con “cognitivismo esasperato” non l’ho capita. Forse la tendenza di una pedagogia contemporanea (che condivido) di focalizzarsi sui processi di pensiero come determinanti dell’apprendimento a scapito di quelli emotivi?

Ancora

Pensare di trasmettere il sapere senza passare dalla relazione con chi lo incarna è un’ illusione perché non esiste una didattica se non entro una relazione umana.

Non vedo chi neghi, anche usando la tecnologia, la relazione umana. Forse in alcune espressioni di archeologia didattica con le tecnologie qualcuno aveva cullato questa illusione, ma oggi non è così.

Per concludere

Coloro che vorrebbero ridurre il processo di apprendimento e di insegnamento alla trasmissione tecnologica e asettica di pratiche codificate cognitivamente …..

Sulle “pratiche codificate cognitivamente”: chi adotta un approccio cognitivista è ben lontanto dall’intendere le “pratiche” oggetto della didattica come “codificate” ma le intende sempre come pratiche aperte, dinamiche, fluide, contestualizzate. Non codificate, statiche.

Anche chi usa, in modo appropriato, evoluto, ricco le tecnologie, non riduce il processo di apprendimento ad una “trasmissione tecnologica ….”. Non capisco quali pratiche di didattica con le tecnologie, Recalcati abbia preso in considerazione. Forse quelle che facevano a lui comodo per sostenere le sue tesi, non certamente tante pratiche “allo stato dell’arte”.

Certo, molte delle applicazioni che si sono viste  e che ancora si vedono delle tecnologie nei processi formativi ed educativi  sottendono, non tanto  implicitamente,  il modello della “tecnologia che insegna”, il modello che “si impara dalla tecnologia”. Una visione che è perfettamente coerente con quella secondo la quale “si impara dall’insegnante”.

A quel punto, che a trasmettere informazioni, che a fare test, che a dare voti sia un insegannte biologico o uno digitale, non fa alcuna differenza.

Ma la nostra idea di insegnamento è sempre stata diversa. E lo è anche quando usiamo le tecnologie.

 

 

 

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4 pensiero su “Non ci siamo proprio capiti”
  1. Gianni, che dire…sono posizioni che sentivamo 10 anni fa, sentirle ancora oggi dopo tanti anni e tante esperienze concrete è abbastanza sonfortante…

  2. Ciao Gianni
    mi permetto di salutarti affettuosamente seguendoti ormai da molto tempo e apprezzando i tuoi interventi e le tue idee sul mondo della scuola e delle ICT. Faccio ricerca all’Università Telematica Leonardo da Vinci Chieti-Pescara e lavoro come educatrice nelle scuole promuovendo sempre l’utilizzo delle nuove tecnologie in una forma blended. Seguo e stimo molto Massimo Recalcati che reputo quella mente fine che tu dici.
    Non si è distanti.
    Tu e Recalcati, in fondo, sostenete la stessa cosa ma, come insegna Carmelo Bene, per me il padre intellettuale della seconda metà del Novecento,
    “il linguaggio ci trafora, ci trapassa e noi non ce ne accorgiamo”.
    Lo spirito che guida sia te che Recalcati è lo stesso, un profondo amore verso la persona che incarna l’iterprete: l’insegnante. E’ la dialettica che, a volte, tiene lontani gli uomini pur nella assoluta miglior buona fede.
    Del resto tu hai detto tutto: Apprendere (con e senza le tecnologie).

    con stima
    Giulia

  3. Grazie Giulia per la tua visita qui, per l’apprezzamento e per le tue riflessioni. Non mi metto certamente in competizione ne in contrapposizione con Recalcati .. ci mancherebbe (anche se io non ho idoli). Le mie puntualizazioni riguardavano aspetti specifici sulla questione “tecnologie”, aspetti sui quali mi pareva (e mi pare) che Recalcati sorvolasse forse non avendo approfondito la tematica; il suo focus di interesse è altro. Credo nella dialettica, nella potenza della pluralità dei punti di vista ed è in questo spirito che ho espresso il mio. Ciao

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