A certificare la morte cerebrale (sempre che un cervello lo abbia mai avuto) del più grande piano di innovazione della scuola italiana, invidiato in tutto il mondo (parole dei suoi promotori) è il mondo dell’accademia italiana, quella che si raccoglie attorno a SAPIE, Società per l’apprendimento e l’istruzione informati da evidenza e ad ASPEI, Associazione pedagogica italiana, che recentemente (24 gennaio 2018)  ha elaborato un documento in forma di decalogo con lo scopo

 …di informare gli insegnanti sulle risultanze della ricerca sui modelli didattici più efficaci e di tutelare la scuola da mode e false credenze, contrastandone la diffusione sulla base delle evidenze scientifiche. Circa la “retorica” che accompagna il Piano Nazionale Scuola Digitale, essa propone il seguente sintetico documento, in risposta al decalogo di recente adottato dal MIUR, e si rende disponibile a fornire a educatori e genitori approfondimenti e documentazione scientifica in merito a quanto qui dichiarato.Con questo documento si prende in modo netto distanza dal piano nazionale scuola digitale che viene bollato (al punto 10) come privo di scientificità.

Con questo documento si prende distanza in modo netto dal piano nazionale scuola digitale, che viene bollato (al punto 10) come privo di scientificità

Quanto si sostiene nei Dieci punti del Piano Nazionale Scuola Digitale non ha fondamento scientifico. I decisori politici dovrebbero documentarsi e avvalersi delle risultanze della ricerca evidence-based prima di pronunciarsi. Anziché caldeggiare un’introduzione indiscriminata delle tecnologie dovrebbero suggerirne gli usi in quei particolari ambiti in cui la ricerca ha ormai appurato che sono utili fornendo indicazioni concrete ed adeguatamente argomentate”

Non sono mai stato tenero nei confronti del movimento EBE, Evidence-based Education, e soprattutto del citatissimo lavoro di Hattie (qui un’analisi critica della metodologia statistica utilizzata), perché con la grande mole di dati analizzati, nel dato finale confluisce tutto e il contrario di tutto, tanto da non dire nulla; ma la presa di posizione di SAPIE e ASPEI non è contro il digitale nella didattica, bensì contro l’uso che se ne sta facendo attraverso il pnsd, un uso pervasivo e totalizzante, al punto da ritenere il digitale la leva del cambiamento epocale della scuola italiana.

Fin dal suo lancio ho valutato come sbagliato quel piano perché conoscendo, per averli sperimentati, i meccanismi del cambiamento e le potenzialità didattiche delle tecnologie, avevo ritenuto sopravvalutata la funzione assegnata al digitale. Non avevo bisogno di ulteriori prove e i fatti lo confermano.

Per inciso, va detto che Antonio Calvani è stato tra i primi, con Roberto Maragliano, ad occuparsi a livello universitario di tecnologie nella didattica; ha scritto molto, ha tenuto corsi universitari e master, ha fondato il Laboratorio di tecnologie educative all’università Firenze. Non si può dire, perciò, che sia prevenuto. Se è intervenuto, credo sia perché l’arroganza digitale sta facendo danni alla scuola italiana e ai suoi studenti che, si spera non siano irreversibili.

Se una decina di anni fa si guardava tutti con entusiasmo e quasi senza riserve all’avvento delle tecnologie digitali per le potenzialità che se ne intravvedevano, ora, alla prova dei fatti, osservando cosa sta accadendo con l’uso reale delle tecnologie, nascono o si alimentano, in chi già ne aveva, le riserve per cui l’atteggiamento che si dovrebbe assumere è quello della prudenza, dell’ uso limitato, dell’ attenzione ai cambiamenti negativi indotti nella struttura cognitiva delle persone  e nella loro socialità, che è quanto si sottolinea anche nel documento dei pedagogisti italiani.

Mi auguro che questa follia digitale si fermi.

In occasione di un convegno (maggio 2016) mi era stata chiesta una riflessione sullo stato delle tecnologie nella didattica e in quell’occasione avevo rilevato come ad ogni azione compiuta negli anni si cercasse di rimediare agli errori precedenti ma compiendone sempre di nuovi. L’errore dell’ultimo pnsd è quello di credere che il digitale possa cambiare la scuola italiana. Un’ingenuità imperdonabile fatta dagli “esperti” di scuola, di digitale, di cambiamento.

 

Alcuni link a post miei e di altri colleghi sulla tematica

Il documento SAPIE ASPEI

http://www.sapie.it/images/documenti/decalogo-tecnologie/decalogo-SApIE-tecnologie-didattiche.pdf

Un’analisi critica alla metodologia statistica usata da Hattie per identificare ciò che funziona nella didattica

http://mje.mcgill.ca/article/view/9475/7229

Miei post sul pnsd e l’animatore digitale

http://www.giannimarconato.it/2015/12/follia-digitale/

http://www.giannimarconato.it/2015/11/formare-il-tutor-digitale/ la formazione dell’animatore

http://www.giannimarconato.it/2015/12/collaborazione-digitale/  consigli all’animatore

 

Una mia analisi sugli errori, vecchi e nuovi, per l’uso didattico delle tecnologie

https://www.slideshare.net/gmarconato/cosa-rester-delle-tecnologie-nella-didattica

Sulla prosa ministeriale a proposito dell’innovazione, post di Daniele Lo Vetere

https://www.laletteraturaenoi.it/index.php/scuola_e_noi/754-la-nuova-prosa-ministeriale-e-la-%C2%ABcultura-del-nuovo-capitalismo%C2%BB.html#comment-17857

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