Finalmente un’autentica novità nel panorama dell’editoria digitale per la scuola.

Dopo anni di annunci di rivoluzioni digitali quando, invece, si sono visti meri adeguamenti di formati e di supporti editoriali; dopo anni di roboanti comunicati che finalmente i “libri di testo” in  digitale erano arrivati quando, invece, non si vedavano altro che pdf, qualche animazione, timida impertestualità ed ancor più timida multimedialità, ecco, si diceva, arrivare un oggetto che pare mantenere tutte le promesse e le promesse: DIDASFERA

Quale è la questione?

Io ho sempre sostenuto che con l’avvento del digitale gli “oggetti” che prima erano sviluppati in analogico avrebbero dovuto assumere una differente forma, struttura, funzione per accogliere le potenzialità del digitale e non limitarsi ad una semplice trasposizione analogico-digitale (estremizzando: passare in pdf il libro cartaceo).

Cosa questo significhi in pratica è tutto da inventare. Se guardiamo alle caratteristiche del digitale e della rete, le caratteristiche che potremo far fruttare sono, ad esempio, quelle della modularità, dell’ipertestualità e della multimedialità (per stare sulle più semplici), quelle della fluidità degli “oggetti” e della loro aggregabilità creativa (per andare un po’ più oltre), quelle della collaborazione nello sviluppo delle risorse e nei loro usi didattici (per andare ancora più in là).

Con il digitale e con la rete, se cambiano  le pratiche didattiche, cambia pure il senso, il ruolo del così detto “libro di testo” (una riflessione qui http://ebookfest2010.bibienne.net/2010/09/10/serve-ancora-il-libro-di-testo-se-si-quale-la-funzione-la-forma-lutilizzo-nellera-del-digitale-e-di-internet-2/) .

Credo cambi anche il ruolo dell'”editore” sempre più orientato verso la fornitura di un mix di prodotti e servizi; sempre meno prodotti e sempre più servizi a generare valore economico per l’editore stesso.

Mettendo assieme le caratteristiche specifiche ed innovative del mezzo, il cambiamento delle pratiche didattiche, il necessario cambiamento del modello di business dell’editore, si dovrebbe creare il “nuovo” libro di testo (che termine orribile!). Nuova forma, nuovo contenuto, nuova funzione, nuova modalità d’uso … nuovo tutto, insomma.

Tempo fa avevo formulato l’idea di “libro di testo come ambiente di apprendimento” (qui http://www.slideshare.net/gmarconato/contenuti-digitali-e-didattica) .

Cosa è un ambiente di apprendimento? Scrivevo:

La metafora del “corso” ci descrive un sistema statico di (scarse) risorse messe a disposizione di coloro che apprendono: uno o più docenti, dei materiali didattici, un programma ben definito. E’ un sistema strutturato attorno ai principi di apprendimento della disciplina e predeterminato in sede di progettazione con poche possibilità di cambiamento se le condizioni reali in cui si svilupperà l’azione formativa saranno differenti da quelle ipotizzate dai progettisti.
La metafora dell’ “ambiente d’apprendimento” rappresenta un sistema dinamico, aperto, forse caotico, in cui le persone che apprendono hanno la possibilità di vivere una vera e propria “esperienza di apprendimento”. Un “ambiente” è ricco e ridondante di risorse in modo da poter essere funzionale alle differenti situazioni reali in cui si svilupperà il processo formativo. Gli “obiettivi d’apprendimento” rappresentano più la direzione del percorso che la meta da raggiungere. I “contenuti” non sono pre-strutturati e sono presentati da una pluralità di prospettive; non tutti devono essere appresi ma rappresentano una “banca dati” cui attingere al bisogno.

Un ambiente d’apprendimento è costituito da un insieme di risorse materiali ed immateriali che consentono lo svolgimento delle attività d’insegnamento e di apprendimento funzionali al conseguimento, nel contesto reale, della finalità dell’azione. Queste attività sono svolte all’interno di classi o “comunità” virtuali di apprendimento e l’apprendimento che in esse si sviluppa è basato sulla collaborazione tra i membri della comunità. Un “ambiente di apprendimento” è caratterizzato dalla ricchezza e dalla differenziazione di risorse in modo che tutti i membri di quella comunità possano identificare modalità operative loro congeniali, punti di vista differenti con cui misurarsi e che sfidano le conoscenze presenti nella propria struttura cognitiva, contenuti che attivano il pensiero per conseguire rappresentazioni più evolute di quella conoscenza.
Un ambiente d’apprendimento è un luogo o uno spazio dove l’apprendimento ha luogo… ed è
composto dal soggetto che apprende e da un “luogo” dove chi apprende agisce, usa strumenti,
raccoglie ed interpreta informazioni, interagisce con altre persone (Wilson, 1996).

Ecco, DIDASFERA è tutto questo ed è per questo che sono ben felice di contribuire con questo post a far conoscere questa iniziativa dell’amica Noa Carpignano di BBN e di Futre, Maria Grazia, Maurizio e tanti altri. Finalmente la rivoluzione dei libri di testo è arrivata! Tutto migliorabile, come sempre, ma già questa prima release  è una cosa che ha del portentoso. Mi dispiace solo non aver avuto alcun ruolo in questo evento epocale (dico questo per precisare che non ho alcun interesse in questa impresa).

Per saperne di più:

Una presentazione:
http://noa.bibienne.net/2011/10/23/didasfera-primo-post-la-piattaforma-bbn/

Sulla navigazione semantica:
http://noa.bibienne.net/2011/10/24/didasfera-secondo-post-la-navigazione-dei-contenuti/

Il lato “social”:
http://noa.bibienne.net/2011/10/27/didasfera-terzo-post-strumenti-e-social-learnig/

Qualche altro mio pensiero sulla cosa

SchoolBookCamp, riflessioni

http://www.giannimarconato.it/2010/08/libri-di-testo-tra-rassegnazione-e-speranze/

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2 pensiero su “Didasfera … eppur qualcosa si muove”
  1. Grazie Gianni, c’è da arrossire 🙂
    però devo fare una precisazione: se è pur vero che non hai interesse in questa impresa, non è corretto dire che non hai avuto alcun ruolo 🙂
    Le riflessioni che da almeno due anni sono state fatte su queste tue pagine sulla didattica, sui libri di testo e sugli ambienti per l’apprendimento sono state da noi ampiamente saccheggiate :P, così come sono stati seguiti (e sono stati altrettanto preziosi) i lavori su La scuola che funziona. Insomma, sono i frutti della rete, alla quale tutti dobbiamo qualcosa 🙂

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